Mi domando quante volte nella vita abbiamo detto finora la famosa espressione: dopo questa non mi meraviglierà più nulla; oppure quante volte abbiamo chiesto a qualcuno: ma ti meravigli ancora? Il punto è che sia nel primo che nel secondo caso, sappiamo che poi verrà quel momento in cui si, ci meraviglieremo ancora, sperimentando quello stupore misto alla delusione, o a tante domande...
Ma vediamo prima quell'altro stupore, quello che sa di incredulità, quello cui oggetto è Gesù nel Vangelo di oggi. Anche a noi succede: cosa vuoi... lo conosco tanto bene, non può essere vero. E sappiamo svalutare e negare pure i fatti, pur di restare nelle nostre sicurezze, che riguardano i pregiudizi che abbiamo sulle persone. Sappiamo subito trovare delle spiegazioni e se per un attimo si impossessa di noi questo stupore, subito parte qualche razionalizzazione capace di scacciare la novità. Purtroppo con questo chiudiamo la porta al vero stupore e la apriamo a quella meraviglia di cui parlavamo prima. Sarebbe tanto rassicurante non ricevere più delusioni. Tante volte facciamo finta che una cosa non ci tocca in profondità eppure nascondiamo i nostri sentimenti veri. Un grande insegnamento appare oggi davanti ai nostri occhi: anche Dio incarnato, è rimasto deluso, e ha saputo meravigliarsi dell'incredulità delle persone nei suoi confronti. Non ha fatto l'eroe, come facciamo spesso noi, dicendo che non ci importa dell'accoglienza o della valutazione dell'altro. Ci importa eccome! E importava anche a Gesù! Si trattava di portare il bene, attraverso la sua presenza che è Vangelo. Ma loro rifiutavano di credere in ciò che Egli stava compiendo. Umanamente parlando, il sentimento può essere quello di sentirsi svalutati e, appunto non accolti. E Gesù ci dice che è un sentimento lecito, da non reprimere! Ma egli non si tira indietro: compie quel bene che le condizioni gli consentono. Ecco la duplice dinamica che ci vuole insegnare: non c'è da nascondere la propria delusione, essa infatti è segno che l'uomo è fatto di speranza e che anche se in passato è stato ferito anche più volte, continua a sperare nell'altro essere umano, a sperare nel suo amore e nella sua accoglienza. Ma se questa non c'è, esiste la forza del bene che deve comunque vincere. Da qui la sapienza della maturità umana che ci porta a sperare nell'uomo ma anche e soprattutto in Dio. Questo fa sì che, anche quando delusi, non smettiamo di compiere il bene, perché lo facciamo non in dipendenza dagli esseri umani, ma da Dio. Allora sì, è lecito meravigliarci, ricordandoci che se questo accade, è perché crediamo ancora nel bene e il nostro cuore resta vivo e in cammino.