giovedì 24 novembre 2022

l'esatto contrario

 


Lc 21,20-28

Ancora una volta, all'avvicinarsi dell'Avvento, ci troviamo davanti ad una parola che ci descrive la cosiddetta "fine del mondo". Un brano quello di oggi, composto di 8 corposi versetti che più avanti andiamo nella lettura, più può crearci ancora condizionamento e anche spavento. Come se il tempo che si apre davanti a noi dovesse essere qualcosa di terrificante. E poi... arriviamo all'ultima frase: risollevate il capo perché la vostra liberazione è vicina. E si comincia subito a respirare non solo il vero significato della fine del mondo, ma anche il vero significato del tempo dell'attesa della venuta del Signore. E' tempo di sconvolgimenti, di sensazione che il tempo cronologico si sta stringendo. Siamo verso la fine dell'anno, sta iniziando l'inverno, in molti siamo stanchi, l'Avvento porta una nota di nostalgia. Ma tutto questo acquista un significato nuovo, quando guardiamo proprio verso la fine. Nascerà ancora il Salvatore, la Vita ancora si rinnoverà, la nostra liberazione si incarna in un bambino. Non è così terribile allora la fine del mondo né la fine dell'anno, quando nel cuore vogliamo coltivare il calore di questa vita rinnovata e di questa indelebile promessa: promessa della salvezza e della felicità. Collocare il cuore nell'ottica dell'Avvento significa sfidare il colore viola che sovrasta anche le nostre liturgie. Il viola non più tristezza, ma inizio del rinnovamento, un viola che si confonde a un certo punto con il rosa e che arriva al bianco. Un colore che in molti leghiamo alla tristezza e malinconia, si rovescia nel suo opposto, nel bianco, non solo purezza, ma nel bianco che significa quel "nulla" che dona spazio al Tutto. Il Tutto che viene con Cristo, che quando viene, viene sempre per ridonarci la vita e la libertà! 



lunedì 21 novembre 2022

la Presentabile


Presentazione di Maria

Ed eccoti qua, in mezzo al tuo popolo, piccola cercatrice di Dio, anelante alla venuta del Messia. Ti presenti, disponibile alla ricerca, consacrata all'anelito. Fai il tuo passo in avanti per presentarti, tendi l'orecchio. Eccoti qua, discepola e futura madre, l'ascolto che genera. Ancora non lo sai, che la disponibilità all'anelito, che la tua ricerca, diventerà carne. Fanciulla, incosciente della grandezza dell'amore, che Lui nutre per te. Ti presenti, a mani vuote, pulite, genuine. Ti presenti e io sento: ecco tua Madre. Eccoti qua, grande cercatrice di Dio, strada del Messia. Madre senza confini.

venerdì 18 novembre 2022

...e tu cosa vendi?

Lc 19, 45-48 

E' naturale e normale l'esperienza del limite nella nostra vita. Siamo limitati ed ogni cosa che viviamo e compiamo, ha un suo limite. Questo non significa che le cose non vadano compiute fino in fondo. Forse però occorrerebbe chiarire cosa significhi questo fino in fondo. Non è il mio obiettivo certamente, fare delle considerazioni filosofiche su cosa intanto sia per noi il "fondo" delle cose, dei vissuti. Tuttavia la nostra tendenza ad andare sempre oltre (che in fondo è l'essenza del nostro tendere verso Dio), alle volte ci fa dei brutti scherzi e, appunto, dimentichiamo che non siamo "onni-" (potenti, presenti, scienti ecc.ecc.). Come quelle magliette con la scritta: Dio c'è, ma non sei tu, rilassati. Ecco, difatti possono esserci due esiti quando ci accorgiamo che siamo molto più limitati forse anche di quanto pensavamo... il primo è la capacità dell'abbandono, appunto, un rilassarsi, fiduciosi in Dio. Però potrebbe esserci anche una specie di depressione: quella grandezza che pensavo di essere, all'improvviso crolla. Perché si è oltrepassato un qualcosa di invalicabile e ora sono cavoli amari. 
Così i venditori al Tempio. Non è vero che erano lì illegittimamente. Loro dovevano stare lì, anzi, dovevano anche vendere lì e guadagnarsi la vita lì. Ma sono andati oltre quello che era loro permesso. Hanno approfittato dello spazio donato loro, per farne un mercato, probabilmente fatto anche della concorrenza, della "pubblicità" dei propri "prodotti". Dallo spazio sacro che fa convivere le dimensioni normali e importanti della vita umana, è diventato spazio di chi si approfitta dei poveri, di chi semplicemente chiede ciò che non gli è lecito chiedere. Insomma all'improvviso si sono messi al posto di Dio. E, chi arrivava al Tempio, doveva dipendere in qualche maniera dai loro capricci... del resto sono meccanismi che conosciamo molto bene, inutile spendere altre parole su questo. 
La domanda che mi resta nel cuore, riguarda invece ciò che a questi comportamenti esterni, corrisponde nell'uomo interiormente. Il Tempio di Dio, con tutti i suoi atri e cortili, siamo noi, è la persona , è la complessità dell'essere umano. Quale privilegio e fortuna, pensare che queste parole, che i discepoli si sono ricordati, vedendo Gesù furioso, vanno attribuite ad ognuno di noi! "Lo zelo per la tua casa mi divora"! E' Dio stesso che è divorato dallo zelo per ognuno di noi, per la dimora che ha dentro di noi! E' quel famoso Dio geloso della sua creatura! Venga ancora Gesù a rovesciare qualche bancarella alla quale sfruttiamo noi stessi e gli altri, a partire dai nostri atteggiamenti o dalle nostre abitudini interiori. Ma sarebbe anche bello, sapersi fare spesso un giro per il nostro "mercato interiore" e vedere cosa realmente noi "vendiamo": sono cose necessarie per il culto di Dio, cose che gli danno il primo posto nella nostra vita? Oppure abbiamo spesso da offrire qualche cosa di esageratamente "chiassoso" e pesante, che mette in primo piano noi e non Lui? Dunque, domandiamoci: e tu, cosa vendi? Sapendo, che più spazio c'è per Dio, più ce ne sarà per i fratelli.

domenica 13 novembre 2022

im-previsto

Lc 21,5-19

Hai presente quando ti prepari scrupolosamente ad affrontare una questione difficile, un colloquio importante, quando devi affrontare un dialogo faticoso... diventiamo tutti matematici allora. Mappe concettuali nella nostra mente, per avere soluzione ad ogni possibile mossa dell'"avversario", ore trascorse a studiare tutti i possibili risvolti e soprattutto: ansia... ansia e ancora ansia! Voglia di controllo e consapevolezza che non sarà mai possibile fino in fondo. In ogni angolo una possibile minaccia. Infine: stanchezza, tensione, nervosismo, ecc ecc. E tutto questo, fino alla data già stabilita! Figuriamoci come dovrebbe allora essere la nostra vita, in mezzo a tutto ciò che "ci minaccia" potenzialmente tutti i giorni e che è imprevisto! 
Occorre scegliere: prepararsi e stare in pace, sapendo che non siamo padroni degli avvenimenti, oppure angosciarci, spesse volte fin troppo, per cose che poi potrebbero anche risultare molto meno tragiche di quanto pensiamo. Andiamo a vedere cosa ne dice Gesù. Preavvisa i suoi discepoli dei pericoli cui vanno incontro. Ma dice pure di non farsi dei film mentali, preparandosi la difesa prima, ma piuttosto perseverare nel fidarci di Lui. Cosa c'entra allora la testimonianza in tutto ciò? Lo spazio per la testimonianza si trova laddove noi non siamo preparati, perché finalmente si rivela la potenza di Dio, secondo la logica paolina tutto posso in Colui che mi dà la forza (Fil 4,13). Finalmente sappiamo bene che siamo disarmati di fronte a certe situazioni e "pericoli" e che se non ci fidiamo e non ci affidiamo, non ne caveremo i piedi. E finalmente possiamo accettare pure la possibilità di fallimento, quella che non viene ammessa né accettata quando si studia con tanto dispendio energetico il "piano di battaglia". Questo ovviamente non significa che non dobbiamo attrezzarci per la vita, ma significa che riconosciamo che il nostro attrezzo più prezioso e indispensabile è la grazia di Dio. Non è facile in mezzo ai continui messaggi sull'autonomia e autosufficienza, oppure di fronte alla sempre più diffusa bassa autostima, che ci porta a pensare che non valiamo e non sappiamo nulla, per cui dobbiamo vivere nell'apprensione, cosa che ci porta necessariamente alla debolezza e alla fragilità. Il Signore ci pone davanti la nostra vulnerabilità, non per deprimerci o per farci vivere nel terrore, ma per dirci chiaro e forte, che nonostante questa, possiamo vincere nella vita, perché ciò che manca a noi, umanamente parlando, è spazio della sua azione, della testimonianza, è fiducia e affidamento. A noi la scelta del debole e limitato "previsto" umano o del divino "im-previsto". 




domenica 6 novembre 2022

punti di riferimento

Lc 20,27-38

Funziona così e non può essere diversamente. Finché siamo su questa terra, cerchiamo e cercheremo sempre dei punti di riferimento umani, secondo i quali definire noi stessi. E' un processo normale. Ogni persona, che lo voglia o meno, fa riferimento con se stessa ai propri genitori, siamo sempre figli, genitori, sposi, zii, amici, conoscenti, nemici, collaboratori ecc, di qualcuno. Da qui parte l'interrogativo dei sadducei, che, sebbene furbo e fortemente risonante della loro opposizione verso le novità proposte da Gesù, fa comunque parte del patrimonio antropologico di ogni essere umano. In questo preciso caso possiamo intuire qualche nota di convenzioni e di abitudini che fanno di persone, cose. Ad esempio il fatto che una moglie passi quasi come una macchina da un fratello all'altro, in funzione dell'eredità che deve essere data al primo dei fratelli. E ancora, sempre come se fosse una cosa: a chi apparterrà nell'eternità?
Ed ecco che la risposta di Gesù non è solo il voler distogliere chi lo interroga, dalla logica di legami terreni. E' anche il far vedere che nell'eternità decadono tutti i rischi provenienti dalla reciproca appartenenza degli esseri umani. Rischi, appunto, quali: reificazione, uso, dipendenza, strumentalizzazione tra le persone, quelle cose che producono comunque totalmente o parzialmente, la morte dell'essere umano a quello che è davvero. Perché se io, se tu, siamo usati dai nostri simili, non siamo più uguali a loro, non siamo più davvero uomini e donne, ma veniamo trattati come oggetti. E spesso rispondiamo diventando oggetti, appunto. Il Signore ci dice invece che l'eternità è fatta di un solo punto di riferimento, a fronte dei tanti, terreni. Il Riferimento per eccellenza: l'amore totalizzante e liberante per sempre di Dio, che fa sì che non abbiamo di fatto più bisogno gli uni degli altri, perché Dio finalmente è tutto in tutti e così tutti ci ritroviamo a vivere dello stesso eterno Amore. 

giovedì 3 novembre 2022

l'inversione della storia

 


Lc 15,1-10

Sempre più spesso (e il tempo della pandemia ne ha un suo merito), quando si torna alla parabola del Vangelo di oggi, si dice che non è assolutamente più così come la racconta Gesù, nella nostra Chiesa. Che abbiamo a che fare con una sorta di inversione di racconti. Il Signore chiede ad ognuno di noi, di metterci nei panni del pastore e di dire se avrebbe il coraggio di lasciare 99 pecore e di andare a cercare quell'unica perduta. Ma noi ci guardiamo e diciamo: oggi dove sono le 99 pecore che sono "dentro il recinto"? Scherzando possiamo dire che Papa Francesco ha tirato fuori le pecore dal recinto, da quando ha detto che la Chiesa è in uscita. Ma in realtà la domanda è seria e lo è anche la risposta. Effettivamente oggi le pecore perdute, sono 99, mentre dentro ne resta 1 sola, in proporzione. Dunque cosa occorre fare? Rimanere in un intimo cuore a cuore con l'unica pecora, per salvare almeno lei? No invece! Tanto più il pastore deve odorare di pecore, per prestare sempre l'espressione da Papa Francesco, cioè deve immischiarsi nella folla, per stare con le 99 in tutto ciò che la loro quotidianità "lontana dal recinto", comporta. E allora che facciamo? Lasciamo l'unica poveretta sola e abbandonata, lei che è stata fedele (e qui il tutto comincia ad assomigliare alla parabola del figliol prodigo, che segue)? Ma assolutamente no! Proprio quest'unica pecora, curata dentro il recinto, ora è chiamata ad essere missionaria, ora più che mai! Ora finalmente il suo essere stata dentro al recinto, ha un senso pieno: ella si mette alla sequela del Pastore che va a incontrare le 99 e lo fa con lui. Ecco dunque la nostra "parabola invertita", perché uscire dal recinto e andare a portare la Buona Notizia ci dà gioia!!!