sabato 27 giugno 2020

un deposito comune

Mt 8,5-17 


Ci deve essere sicuramente un deposito comune di fede nell'uomo, nella nostra natura umana. Sarà metafisica, sarà mistica, sarà istinto di autoconservazione della specie...non importa perché qualunque cosa sia, a livello fenomenologico, sicuramente è dono gratuito di Dio. Il fatto è che dall'impossibilità umana di dire: "sono perdonati i tuoi peccati" o "va’, avvenga per te come hai creduto", parte un filo sottile e robusto, che connette questa impossibilità alla necessità divina dell'amore che non può negare la sua natura e perciò salva. Sarà una specie di cordone ombelicale che ci collega tra noi e in cui fluisce la fede, in modo che chi è più paralizzato, ne riceva dai fratelli, e Dio fornisca la linfa della nuova vita.

venerdì 26 giugno 2020

come sotto esame!

Mt 8,1-4

Non dimenticherò mai uno dei miei primi esami universitari. Il professore, di cui tutti avevamo una paura bestiale, mi fece una prima domanda. Io, molto sicura di me stessa, sono partita a rispondere con l'intenzione di costruire un discorso con tanto di introduzione, sviluppo e conclusione. Dopo due frasi il professore, visibilmente spazientito, mi disse: per favore, rispondi alla mia domanda. Dunque, spiegandogli che ci stavo arrivando, ma un po' confusa dalla sua reazione, ripresi il mio discorso, e dopo altre due frasi, il professore, ormai scocciato, ha alzato un po' la voce e mi disse: per favore, dimmi la risposta! Questa volta davvero spaventata, tirai fuori l'unica parola che mi venne in mente. E lui: oh, finalmente! Questa è la risposta, ora vai, sparisci! E mi fece il cenno di andare via. Esattamente come fece Gesù oggi con il lebbroso guarito: "lo cacciò via" e gli disse di non dilungarsi nel raccontare a tutti ciò che gli era successo, ma di andare al sodo, di far quel che occorreva fare in quelle circostanze. Mi domando cosa pensasse Gesù, quando seppe che l'uomo graziato era andato a raccontare a tutti l'accaduto. Forse era spazientito come mio professore, soprattutto costatando di doversi allontanare dalle città? Il Signore ci insegna a rimanere sull'essenziale. Non perché sia stato male andare a proclamare il bene ricevuto, anzi. Ma l'essenziale si è manifestato: "se tu vuoi, puoi purificarmi!" Lui volle e lo fece, senza tanti discorsi o pubblicità. L'essenziale è il suo volere, è la sua Parola. All'ex-lebbroso è andata bene questa volta: si è messo a spargere la voce con tutto il relativo chiasso. Ma in questo, per fortuna, è riuscito a volgere tanti all'essenziale, cioè all'incontro con Lui. 

giovedì 25 giugno 2020

una nuova autorità

Mt 7,21-29
Oggi mi sono soffermata sull'ultima frase del Vangelo... mi ha colpito che l'evangelista riposti che Gesù insegnava come uno che ha l'autorità, non come gli scribi... Arduo e triste comunque il compito di chi, tutti i giorni, scruta la legge e cerca di applicarla alla vita di ogni giorno facendo la ginnastica interpretativa e non di rado... applicandola alla vita altrui, ovviamente. E soprattutto quando in tutto ciò non si arriva a quello che fa Gesù che non applica, né interpreta, ma insegna, e non solo a parole ma con l'esempio. E forse è proprio questo che fa effetto a chi ascolta. Non: prendiamo la legge e spieghiamo come bisogna vivere, ma: prendiamo la vita e vediamo e scopriamo che essa ha in sé una legge, che essa ci insegna con i fatti e che, anche nella sua assurdità, c'è un'autorità, ma quella fatta delle scelte dell'Amore che per noi qualcuno ha già compiuto in questa legge scritta con la A maiuscola, che genera lo stupore.  

sabato 20 giugno 2020

impigliati

Mt 10,26-33


E' curioso osservare quanto tempo ed energie dedichiamo alla cura della nostra esteriorità, per apparire "come si deve" (e come si deve???). 
E' curioso vedere come spesso non ci permettiamo di essere noi stessi, ci neghiamo certe espressioni della nostra personalità (ovviamente quelle che non nuocciono agli altri), perché magari non sono gradite a qualcuno oppure creano scompiglio nei nostri rapporti sociali. Come se in noi restasse una sorta di timore di non essere considerati, riconosciuti ecc ecc... Oggi nel Vangelo Gesù ci dice di non preoccuparci di chi ci "uccide" o fisicamente o comunque esteriormente... ma di preoccuparci quando qualcuno ci tiene legati dentro, capace di "ucciderci" interiormente. Questo succede quando siamo succubi delle persone, quando facciamo cose per piacere agli altri, rinunciano alla fedeltà a quello che siamo e pensiamo davvero. Questo succede quando siamo talmente dipendenti dalle opinioni, da seguire i pensieri degli altri, per incastrarci perfettamente in ciò che a loro piace. E, attenzione, spesso chiamandolo "carità". "Lo faccio per questa persona per farle un atto di carità"... e intanto in realtà continuo ad andarle dietro, indovinando i suoi desideri e i suoi pensieri e rinunciando alla mia vita. Quasi certamente ognuno di noi è impigliato in una cosa del genere: chi più e chi meno. Oggi la domanda che ci possiamo porre, riguarda proprio questi nodi presenti nella nostra vita: dove sono bloccato, in una relazione o in delle relazioni, in rapporto ad una cosa/a delle cose, tanto da non essere libero interiormente? A noi la risposta, per poterci slegare, e volare verso una libertà sempre maggiore. 

martedì 16 giugno 2020

"imperfezione divina"

Mt 5,38-48

Quando leggo questo e qualche altro angelo, mi pongo sempre la stessa domanda. Mi colpisce infatti leggere: "siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Com'è la perfezione di Dio? Ha tutto, è tutto, perché è Amore. Eppure gli manca la possibilità di intervenire a livello della libertà umana. Dunque la domanda è: è perfetto o non lo è? Una cosa è certa: a noi viene chiesto di essere come Lui. Anche in quello che "gli manca", di cui si è privato per amore, cioè in forza dell'essere quel che è. Alle volte noi facciamo l'esatto contrario. La prima cosa di cui non ci priviamo è voler avere potere sulle vite degli altri, darsi diritto di giudicarli, limitare la loro libertà... anche in nome di Dio. Perché appunto il nostro modo di dire spesso è questo: "chi sei tu per giudicare, Dio?" E invece non c'entra. Perché Lui vede i cuori e proprio per questo è misericordia. Non significa che non vede gli errori, ma è Padre e non padrone. Questa è la perfezione che ci viene chiesta. Una perfezione con una crepa d'oro, mi verrebbe da dire. Perfezione che è onnipotenza ferita dall'amore, che può anche soffrire dalle scelte errate delle persone, ma le rispetta per quel che sono e si sforza di amarle. Una bella "imperfezione divina". 

lunedì 15 giugno 2020

una vendetta senza sapore

Mt 5,38-42


Sicuramente almeno una volta ognuno di noi (anche il più santo/la più santa) ha sperimentato dentro di sé la voglia di vendetta per il torto ricevuto. C'è chi vive triste e sempre arrabbiato e proietta le proprie difficoltà sugli altri, attirandosi così le antipatie e anche i veri e propri torti che gli vengono fatti. Tutto per poter dare dopo la colpa agli altri e continuare a dar retta ai pensieri di vendetta. Queste persone sono abituate a vendicarsi, spesso anche in una maniera subdola, perché il lungo dimorare nei loro cuori di questi pensieri, raffina le modalità di agire, anche quando non se ne rendono conto. C'è infatti purtroppo un sapore di appagamento nella vendetta. Essa infatti colma quell'asimmetria che si crea quando uno fa del male all'altro, prevaricando su di lui (consciamente o meno). Sembra che la bilancia per un attimo sta in equilibrio. Ma presto scopriamo che questo è un falso equilibrio, quando si perpetua il meccanismo di ripicche oppure quando di fronte alla vendetta da noi operata, scopriamo che l'altro non si immaginava di averci fatto del male. Il sapore dunque è passeggero e dal dolce che era in bocca, diventa amaro nelle viscere... un veleno insomma. E ciò che il Signore ci insegna oggi è il modo di smascherare la presenza di questo veleno. Se al veleno infatti togli immediatamente il gusto dolce, esso non sarà più attraente e non farà il suo effetto. Ed è qui la sapienza del porgere l'altra guancia. Perché se uno ti schiaffeggia, nella sua mente o nel suo cuore avrà elaborato un motivo per farlo, che responsabilizza te. Ma tu puoi fermare il veleno, indipendentemente dalla tua reale responsabilità. Puoi cioè trasformare questa responsabilizzazione in una reale presa di responsabilità rispetto al veleno che viene messo in circolazione. Se tu porgi l'altra guancia, la cattiveria che ti viene fatta attraverso lo schiaffo, non ha più sapore... Chiaramente escludiamo qui i casi patologici e incontrollabili, parliamo della nostra vita quotidiana. Dunque grande è la nostra responsabilità personale perché in primis veniamo interpellati sulla vigilanza sul nostro cuore, affinché non siamo quelli che schiaffeggiano, che tolgono la tunica... ma anche perché possiamo fermare il circolo vizioso della vendetta, togliendo ad essa il suo falso sapore. E ridare alla stessa maniera, al cuore che cerca la vendetta, la fame del gusto vero della vita, perché no, anche a partire da una relazione rappacificata e risanata. 





domenica 14 giugno 2020

tu sei quel che mangi




Gv 6,52-59


Una solennità del Corpus Domini che non dimenticheremo, per la mancanza della consueta processione. Forse un'occasione in più per confrontarci con il significato di questa giornata. Ci sarebbero ad esempio oggi alcune differenze da considerare. Tipo quella tra la fame e la voglia di mangiare qualcosa. Oppure quella tra l'abbuffarsi e il saziarsi e tra il riempirsi e il mangiare. No, non intendo fare ciò che compete ai nutrizionisti e nemmeno proporre una dieta più o meno salutare. Tuttavia è simpatico osservare le nostre abitudini alimentari, per capire come va la nostra vita. Anzi, forse potrebbe essere una nuova angolatura per guardarla. Sappiamo infatti, che il mangiare è collegato immediatamente con la nostra vita affettiva. Non a caso il primo modo per esprimere l'amore materno è nutrire il proprio figlio. Così nella vita prenatale e così dopo. Per esprimerci l'affetto reciprocamente, noi ci raduniamo attorno ad una tavola imbandita o "andiamo a prenderci qualcosa" e in questa circostanza, ci raccontiamo e ci ascoltiamo. Quando nella nostra vita ci sono degli squilibri affettivi, spesse volte li compensiamo con il mangiare o il non mangiare (dipende da altri fattori poi). Da qui poi la necessità di prendere o perdere il peso.  Addirittura, quando tutto ciò diventa molto grave, oscilliamo con il nostro peso corporeo. Notate pure, che quando uno si sacrifica per l'altro, si dice che si è consumato, cioè "ha mangiato se stesso", per darsi all'altro. Oppure, in qualche modo si può dire, che l'altro l'ha consumato, perché ha usufruito delle energie dell'altro per vivere/crescere/avere l'aiuto necessario. Questo tipo di dinamica ha una doppia faccia: può parlare della bellezza della donazione reciproca o del dono che una persona fa di se stessa, oppure dell'eccesso, quando uno si dona e si "dissangua", perché non ama se stesso (che sono poi quei casi che noi chiamiamo burnout). 
Di cosa parla oggi Gesù? Come può costui darci la sua carne da mangiare? chiedono giustamente i giudei. E chi gliel'ha chiesto, dal momento che è diventato chiaro che alcuni  lo seguono, perché lui procura loro il cibo, lo moltiplica ecc... Fa ribrezzo al primo pensiero: non siamo mica cannibali. Ma certo, siamo in grado di succhiare la vita dagli altri, approfittandocene in varie circostanze della vita. Qui invece c'è uno che dona gratuitamente se stesso e anzi, dice che se non mangiamo la sua carne, non avremo in noi la vita. La vita, quella vera, eterna. E lo sentiamo bene, nello sperimentare le differenze di cui parlavamo all'inizio. Come mi sento quando mi sono abbuffato, perché avevo una fame da lupi, e invece quando mi sazio per lo stesso motivo? Pesantezza, incapacità di reagire, abbiocco, intorpidimento generale, "non l'avessi fatto", "da domani la dieta". E dall'altro lato, quando siamo sazi: "che bello, ho mangiato bene ma non mi sento pesante". Malessere e benessere. E sì, si tratta pure del peso. Peso che aumenta, man mano che mangiamo la sua carne. Perché peso in ebraico è kabod, è gloria. E la gloria di Dio è l'uomo vivente, quello, appunto che si sazia quotidianamente della sua carne e vive, vive per sempre. Ed è questo il peso giusto, che permette a noi di avere quelle energie, che poi servono per essere speso per amare gli altri, per condividere e accrescere in loro il peso della gloria, cioé la bellezza di vivere già in questa vita rivolti verso l'eternità. Non più chiusi nella pesantezza da indigestione dei propri giorni, non più consumati dal non-amore verso noi stessi nascosto nell'apparenza del servizio, ma viventi, sazi della sua carne, per la vita nostra e quella del mondo. Perché tu sei quel che mangi. E se mangi Lui, riempi il mondo della presenza di Dio. 


sabato 13 giugno 2020

parole che danno vita

Mt 5,33-37

Esagerato Gesù... come si può vivere col solo parlare "sì sì, no no"? In una vita e in un mondo così frenetico in cui siamo continuamente sottoposti a mille stimoli che fanno sì che accumuliamo esperienze, le creiamo, e di conseguenza portiamo dentro tanti sentimenti e pensieri, è impossibile non sentire il bisogno di raccontarlo tutto (al di là del fatto che qualcuno di noi è abituato a trattenere tutto dentro e un altro è chiacchierone)? E' vero che la molteplicità delle esperienze e il mare delle parole che ne conseguono, creano in noi e tra noi un incredibile chiasso, e non di rado ci portano a non comprenderci a vicenda, perché più "accumuliamo", meno spazio abbiamo per ascoltarci a vicenda. Tuttavia quando il Signore nel brano del Vangelo di oggi, ci incoraggia ad essere donne e uomini di queste due parole "sì" e "no", non ci dice di non parlare, perché ci direbbe qualcosa di umanamente impossibile e fisiologicamente pericoloso, in quanto appunto abbiamo bisogno di esprimerci... Lui ci dice di verificare la "pulizia" delle nostre parole. Cioè se quel che diciamo, è una vera condivisione di vita che porta alla vita. Molte persone nei secoli hanno provato a formulare delle "regole" per il nostro parlare. Varie volte queste regole hanno creato angosce e paure perché facevano sentire le persone schiave e incapaci di relazionarsi, in quanto col linguaggio censurato. A noi cristiani basta ricordare le tante volte in cui Papa Francesco oggi ci parla dei pettegolezzi. E già da lì possiamo ricavare l'insegnamento semplice e pulito sul nostro parlare. Se una cosa non la so "di prima mano", se non so se è vera o se non edifica, meglio non trasmetterla. Ecco il nostro linguaggio del sì e del no. "Sì" a ciò che è vero, bello ed edificante, sì alla condivisione della nostra vita, nella gioia e nel dolore. "No" a ciò che ferisce e uccide, perché la parola è un'arma potente, sia nel bene che nel male. 



venerdì 12 giugno 2020

giocare al rialzo

Mt 5,27-32


Ti sei mai fermato/a a riflettere su come ti è stato insegnato a vivere? Fondamentalmente quel che ci viene sempre trasmesso è che dobbiamo essere delle "brave persone". Perché poi, se siamo "brave persone", non ci tocca più nessuno, nessuno ci può dire nulla. Oppure meglio, ci insegnano ad essere dei "bravi cristiani". Le conseguenze più o meno sono le stesse. Perché chi mai può toccare un "bravo cristiano"? Qualunque cosa esso significhi... e poi in scena entra quello senza cui non saremmo cristiani, Cristo stesso, appunto. E dice: "fu detto così e così... ma io vi dico di più". Che tradotto significa: vi è stato insegnato a rimanere sul sicuro, sull'osservanza, sul minimo indispensabile. E io vi dico che c'è bisogno di un passo in più. Come giochi la tua vita? Stai sul sicuro, quello che ti rende una "brava persona", intoccabile e amica di tutti, che non si espone, perché, non sia mai che qualcuno abbia qualcosa da ridire? Non ti sbilanci eccessivamente perché, una volta arrivato qui, già è un buon traguardo e non c'è bisogno di "esagerare"? Beh, Gesù dice un'altra cosa. Dice che non basta questo. Occorre invece "giocare al rialzo", rispetto alla media, o, per chiamarla per nome, rispetto alla mediocrità. Questo di certo farà sì che non saremo amici di tutti, ma non è quello che conta nella vita, al contrario. C'è la necessità del rischio, in mezzo. Quel rischio che ci distoglie dalla sicurezza posta in noi stessi, ci permette di decentrarci e di riconoscere che qualcun Altro è l'artefice della storia, non noi. E che non sarà la simpatia di tutti a salvarci, ma l'adesione alla salvezza, già operata per noi, da Uno che ha saputo "giocare al rialzo". 




giovedì 11 giugno 2020

gratuitamente

Mt 10,7-13

Sarebbe curioso sapere cosa nasce nella nostra mente e nel nostro cuore, quando sentiamo che qualcosa ci viene offerto gratuitamente. Scommetto che in più di uno di noi nasce il sospetto. La nostra esperienza della gratuità è in gran parte dominata e plasmata dalle modalità in cui funziona la nostra società. Se proprio proprio trovi qualche contenuto gratuito, prendiamo come esempio un'app dello smartphone, comunque per installarla, ci devi lasciare qualcosa dei tuoi dati o dare accesso alle tue immagini ecc ecc. Spesso dietro "gratuito" in un negozio, occorre lasciare i propri recapiti... che poi, sappiamo saranno usati comunque. Quindi una gratuità fasulla, che invece di permetterci di dare gusto alla nostra vita, ci schiavizza e desta dentro di noi il sospetto ogni volta che sentiamo questa parola. Prendiamo anche come esempio i social. A chi di noi non è successo almeno una volta, di guardare un post da noi fatto, nello spirito diciamo di condivisione e non andare a vedere quanti "like" ha guadagnato? Anche qui siamo vittime... Non proponiamo dei contenuti gratuitamente, ma vogliamo un ritorno, un like, un'attenzione. Invece forse ci converrebbe ricordare giorno dopo giorno, che il risveglio di ogni mattina, il respiro, la natura... tutto ci è dato gratuitamente. Forse richiamare alla mente e al cuore queste cose scontate, potrebbe aiutarci a tornare al senso della gratuità e ci permetterebbe di seguire le parole di Gesù del brano del Vangelo di oggi: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Perché se oggi non sappiamo più dare le cose di buon cuore, perché anche chi di noi è più generoso, spesso dona largamente per avere attenzione e considerazione degli altri, per non perdere nei loro occhi, per conservare un buon nome... allora è proprio perché siamo in una dinamica di do ut des, ormai troppo radicati. Possa anche il tempo difficile che stiamo vivendo, aiutarci a tornare alla gratuità, che è quella capacità di donare e dimenticare e di ricevere e ricordarselo per sempre. Allora la gratuità andrà a braccetto con gratitudine, sorelle anche dal punto di vista lessicale e le nostre vite saranno più semplici, perché con meno pretese e scontentezze. 

mercoledì 10 giugno 2020

verso l'essenziale

Mt 5,17-19

Si cammina comodamente, quando qualcuno ci dice esattamente dove mettere i piedi. Non sbagli, non sbordi, non ti rimprovera nessuno, non rischi insomma. Beh insomma comodamente però solo fino a un certo punto. Mettere i piedi esattamente laddove ti dicono, richiede molte energie e ci stanca. E all'improvviso potremmo trovarci non liberi, e cioè con un senso della schiavitù dentro. Il cammino della vita, lungi dall'essere tutto preordinato, dovrebbe essere un cammino nella libertà, la quale sceglie sempre il bene e la vita. E già da qui capiamo che la schiavitù non va dunque d'accordo con questo tipo di cammino. E parliamo evidentemente del cammino cristiano. L'antico popolo d'Israele camminava su due certezze: la legge e i Profeti. E guai a chi sbordava. E poi nacque Cristo. E quando uscì a fare la sua attività dopo trent'anni a Nazareth, fu subito scomodo perché man mano percepito come quello che trasgrediva la Legge. Il capitolo 5 di Matteo che leggiamo in questi giorni, se ci ricordiamo, inizia col il discorso della montagna. E' un modo nuovo di vedere la vita e le leggi. Noi diciamo che lui era trasgressore, bene, dopo il brano che leggiamo oggi Gesù sembra che non solo riprende la legge ma entra proprio dentro e regala il senso profondo di essa. Quindi non più la lettera, la forma, ma il contenuto, non norme osservate, ma motivazioni. Vuole sensibilizzare la nostra coscienza, il nostro cuore, vuole che lo mettiamo in moto insieme al cervello. Vuole sottolineare che camminare in una legge è scegliere la vita. Non discutere con le leggi e le prescrizioni, ma semplificarle, in modo da tornare pian piano all'essenziale, cioè quello da cui è tutto iniziato: amerai il Signore tuo Dio e il prossimo come te stesso. Ecco perché Gesù si affretta a dire oggi che vuole compiere la legge e i Profeti e non abolirli. Perché ogni compimento nella nostra vita sta nel tornare all'essenziale. Siamo stati costretti abbondantemente a questo, con la pandemia. E' proprio per questo che siamo chiamati a "dare compimento", cioè a scegliere insieme ciò che favorisce la nostra vita (personale, familiare, comunitaria). A fare una sorta di imbuto, appunto, scartando ciò che complica e restando su ciò che importa: l'amore verso Dio e verso gli altri. 

martedì 9 giugno 2020

sii ciò che sei

Mt 5,13-16

Qualcuno una volta ha detto, per ridere, che in qualche parte del mondo è stata inventata l'acqua in polvere, solo non si sa in cosa scioglierla... Sarà pure una battuta, farà forse ridere, tuttavia ci dice una grande verità. L'acqua in polvere non è acqua. E' una polvere che per diventare ciò che dovrebbe essere ha bisogno della sua autenticità. Può sembrare un discorso filosofico. Ma è esattamente ciò che dice Gesù oggi nel Vangelo. Noi siamo il sale della terra e la luce del mondo. Ma se il sale perde il sapore non è più sale: non dona sapore, non conserva, insomma non serve a nulla. Perché per renderlo ciò che dovrebbe essere, ci vorrebbe...il sale. La stessa cosa per la luce. Se non illumina, non è più luce, non dona energia, non porta vita, senza l'illuminazione infatti la vita non c'è. Io e te siamo chiamati a dare sapore al mondo e a renderlo vivo, questo è il vero senso della vita cristiana. Questo non significa fare chissà quali grandi cose oppure esibirsi con chissà quali parole. Questo significa essere semplicemente ciò che siamo e cercare giorno dopo giorno ciò che Dio vuole che siamo, nella semplicità di chi sa che pur non essendo salvatrice/salvatore del mondo, ne è elemento importante, perché come disse già qualcuno, quando siamo nati, è perché Dio ha deciso che il mondo non poteva andare avanti senza di noi. Essere dunque ciò che siamo, ecco cosa dona sapore e vita al mondo. Questo comporta molta libertà interiore, che si esprime anche nel fatto di non sentirci in dovere di essere simili a qualcuno, di imitare una persona, di sottostare alle aspettative degli altri, cosa che spesso ci rende stressati e infelici. Io e te abbiamo un colore, mettiamolo a fuoco perché senza di esso, il mondo è meno colorato. 

venerdì 5 giugno 2020

una risposta sempre pronta

Mc 12, 35-37 

Di solito le persone che hanno la risposta sempre pronta oppure vogliono avere sempre l'ultima parola, non ci piacciono. Alla loro presenza capita che ci sentiamo un po' sempliciotti, specie se già abbiamo un'autostima bassa. E poi in alcune persone scatta questo meccanismo: inventiamo una domanda difficile, per mettere alla prova questa persona che (secondo l'interpretazione comune) si crede più degli altri. Andiamo di solito avanti con una certa superficialità, senza domandarci realmente come mai queste persone agiscano così, perché le motivazioni possono essere varie. C'è chi si dà valore avendo sempre le risposte, c'è chi ha imparato che non può permettersi di non sapere qualcosa, per cui inventerà, pur di rispondere e non sentirsi impreparato... c'è poi chi sa rispondere, perché è abituato a riflettere molto e in profondità. Nella vita possiamo distinguere queste persone soprattutto dall'atteggiamento. E potremo farlo solo se abbandoneremo un attimo il nostro sentimento (spesso negativo) nei loro confronti e cercheremo di guardarle e considerarle per ciò che sono (cosa non facile). Ecco qui Gesù. Spesso intrappolato nelle questioni contorte, ma sempre con la risposta pronta. Ecco oggi spiega una cosa che sembra impossibile e complicata e sembra contraddire alcune cose che Egli stesso proclama. In un'altra occasione, chi lo ascolta, si domanda "da dove gli viene questa sapienza?". Gesù oggi ci dimostra chiaramente da dove essa gli venga. E' un assiduo frequentatore della Parola di Dio, conosce la Scrittura, da buon ebreo, ma ne conosce anche significato più profondo, proprio quello che si scopre man mano che uno ama e vive ciò che Dio dice... la sua conoscenza della Parola non è un recitare a memoria, ma un aver letto, meditato e vissuto. Ecco a cosa ci invita: ad essere anche noi coloro che hanno le risposte, perché le hanno trovate e continuano a trovarle nella Scrittura, la quale è viva e vivificante, attraverso lo Spirito che sempre è pronto ad animarci.