mercoledì 31 marzo 2021

un incontro mancato


Mt 26, 14-25

Oggi viene un po' di paura al sentire le parole di Gesù, che per l'uomo che l'ha tradito, venduto, sarebbe stato meglio non essere mai nato... Ma che cosa è realmente successo a Giuda? Oppure forse potremmo riflettere sul che cosa non è successo nella sua vita...? Ogni persona umana nasce da una relazione e vive a partire dalle relazioni che intesse. C'è un sacco di gente oggi in giro che si finge autosufficiente, confondendo l'autosufficienza propria di ogni essere umano maturo, con l'individualismo che porta alla morte, perché interrompe la relazionalità che è fondamento della vita umana. La stessa cosa vale non solo a livello interpersonale ma anche quando parliamo della relazione fondamentale per la nostra vita, quella con Dio. Ed è qui che sta l'insufficienza di Giuda. Ma come? - potrebbe domandarsi qualcuno - ma Giuda non era stato scelto tra i 12, quelli più vicini a Gesù, i suoi discepoli? Certamente. Ed è per questo che la sua situazione è ancora più pesante e tragica. Ci fa vedere come anche noi, scelti per essere amici di Dio, possiamo scivolare se... non lo incontriamo veramente nella nostra vita. In che senso incontrarlo? Ma non lo incontriamo noi credenti nella Parola, nell'Eucarestia ecc? Sì. Tuttavia spesso questo incontro si riduce a un Dio che si dona a noi mentre noi vaghiamo da qualche parte, assenti. Forse oggi, durante le varie restrizioni, (quando non si sa se andare o meno in chiesa, oppure se semplicemente ci stiamo tutti durante queste feste già vicine) in qualcuno di noi si sveglia ancora questa coscienza del dono che sono i sacramenti, che è la Parola di Dio... forse ci rendiamo conto che non apprezziamo abbastanza questa Presenza nella nostra vita, fino a quando non comincia a mancare. Ma colui/colei che ha davvero incontrato il Signore nella propria vita, oggi, quando per caso non può ricevere l'Eucarestia, vive del ricordo, che, attenzione, non è un andare con la mente per dire "ah che bello era quando...". Ri-cor-dare, significa ridare al cuore, o più precisamente significa "ripassare dalle parti del cuore", ritornare al primo amore, quello forte, totalizzante, che è incontro autentico con Lui. Per questo la prima domanda per tutti noi oggi è: dove e quando ho incontrato il Signore, tanto da aver sentito il mio cuore invaso dalla sua Presenza...? Spesso questo momento coincide con il nostro cuore spezzato e ferito. Infatti il cuore ferito si apre... si dispone alla Presenza del Signore, diventa indifeso, non si oppone più, molla le resistenze e allora... l'Incontro può avvenire, perché Dio finalmente trova la porta aperta. 
Non so se c'abbiamo mai fatto caso che nei Vangeli appaiono di qua e di là i nomi dei Dodici, ma praticamente mai, fino al momento della passione di Gesù, quello di Giuda. Come se appunto non l'avesse mai seguito fino in fondo, come se non si fosse mai lasciato scomodare da questa presenza del Signore, che scomoda davvero! E quindi appare ora, pronto a tradire, mostrando la superficialità del suo rapporto con Gesù, facendoci vedere cos'è mancare all'appuntamento con Lui. Il frutto di questo incontro mancato è... la morte. E' una meccanicità della sequela di Gesù che porta a cercare qualsiasi distrazione dalla routine, e porta purtroppo anche ai gesti della portata di quello di Giuda. Egli stesso ci conferma la distanza che lo separa da Gesù, quando a differenza degli altri, mentre domanda ironicamente a Gesù "sono forse io", non lo chiama come altri discepoli "Signore", ma solo "Rabbì", maestro. E intuiamo immediatamente la differenza di relazione tra una persona e il suo Signore e una persona e il suo maestro. E' vero che Gesù è maestro, ma per un discepolo è anche molto di più. E' appunto Colui che, quando lo si incontra, cambia la nostra vita e la riporta alla Vita vera, alla prospettiva di vita eterna. Possa essere questa Pasqua, una festa del RICORDO, come ci propone la Chiesa, un riportare alla realtà il Mistero e col cuore che si immerge di nuovo in questo Incontro che ridona il senso e la vitalità alla nostra esistenza. 

sabato 27 marzo 2021

lineare o circolare?



Gv 11,45-46

Mi piace osservare oggi come funziona il ragionamento, non solo quello dei protagonisti del brano del Vangelo di oggi, ma anche molto spesso il nostro. Spunta qualcosa/qualcuno che ci inquieta, prima facciamo finta di nulla, ma quando le cose cominciano a sfuggire di mano, quando gli eventi precipitano, comincia il pensiero lineare. Se lasciamo le cose così, succederà questo e questo. Semplice logica consequenziale. Spesso vera, perché tutti, come già detto, funzioniamo più o meno così. Poca strategia, molta prevedibilità nei capi dei sacerdoti e farisei: verranno i Romani e ci faranno fuori. La paura, l'ansia: emozioni e sentimenti mossi dall'esperienza passata e dalle previsioni future. Siccome sempre funziona così, anche questa volta andrà così. Ergo, bisogna agire in modo che questo non succeda, perché sarà un male. Sarà una morte. 
La linearità umana, che è spesso anche espressione di istinto di sopravvivenza, viene invece abbondantemente sconfitta in questo tempo pasquale. Dio ci fa vedere che quello che è posto tra le sue mani, prescinde dalle logiche lineari con cui giudichiamo gli eventi. Semplicemente perché, se la nostra esperienza umana ci parla di una vita che porta alla morte, l'eternità per la quale siamo creati ci parla di una breve vita che passa per la morte e rientra nella sua essenza, questa volta per sempre. Vita - morte - vita. Se vogliamo proprio provarlo, anche nella natura succede così, anche se agli occhi del nostro essere, bramoso di sperimentare, non è facile vedere e accettare la logica circolare che sta dietro all'agire di Dio. Dunque sì, non è bene che uno come Gesù faccia casini, altrimenti il popolo ebraico finisce (cioé muore!). Meglio dunque che muoia uno perché così vengono annientate le sue opere e (linearmente parlando), tutto passa, ci dimentichiamo e andiamo avanti. Eppure no: metteranno Gesù alla morte, ma ritornerà alla vita. E questi sono veri casini ora! Non finisce ma ritorna a vivere! E si trascina dietro la gente, che comincia a credere in questa logica. Logica nella quale ci tocca anche vivere il tempo della quarantena, se siamo davvero cristiani, uomini e donne della risurrezione. Ecco davanti a noi la Settimana Santa, tempo per rinfrescarci questa fede nella poca logicità e linearità, per la quale siamo stati creati. 

venerdì 26 marzo 2021

il ministero più richiesto

Gv 10,31-42 

Hai presente quando ti metti a dialogare con qualcuno a lungo, apri il cuore, e riveli qualcosa di te stesso, perché magari ti piace instaurare una relazione di fiducia e di amicizia con qualcuno ma... vieni frainteso e senti che in fondo ciò che dici non viene compreso?
E' esattamente ciò che capita alla fine a Gesù nel Vangelo di oggi. Ha cercato, in questi giorni, di dialogare, di rivelare la sua identità, di spiegare, di aprirsi, ma ha trovato davanti a sé un po' l'incapacità oggettiva di comprendere chi egli sia veramente, ma molto anche la chiusura del cuore dei suoi interlocutori. Quella chiusura appunto che fa sì che noi, dopo aver aperto il nostro cuore e la nostra vita, ci sentiamo nudi e delusi. Cosa fa infine Gesù? Si allontana e rientra nel silenzio. Non dice più nulla. Non si presenta, non cerca più di convincere nessuno di nulla sul proprio conto. E... improvvisamente, da coloro che dalla sua bocca non hanno sentito nulla, ma avevano sentito testimonianza sulle sue opere... viene capito. Mi viene in mente ciò di cui si parla ultimamente molto: il ministero della consolazione. E' come se Gesù lontano da coloro su cui comprensione contava, trovasse proprio i ministri della consolazione. Coloro che credettero in Lui, senza aver sentito da Lui nemmeno una parola. Ecco ciò che ci viene chiesto: essere senza pregiudizi, ministri della consolazione. Senza troppe parole, saper accogliere le persone per quel che sono. Più sono duri i tempi, più abbiamo bisogno di questo, di farlo e di sentirci anche noi accolti, cioé questo ministero, parte della vocazione cristiana, funziona in due direzioni. Perché un'altra trappola potrebbe essere semplicemente pensare di dover dare e non ricevere. Nessuno di noi è immune dall'aver bisogno di sentirsi amato, non saremmo umani né veri. Anche il Figlio di Dio sembra abbia avuto bisogno di questo. Facciamoci questo regalo, ora, che siamo nei tempi difficili!











giovedì 25 marzo 2021

le conseguenze del SI



Ogni SI porta con sé delle conseguenze. Quelle del SI di Maria, le conosciamo bene, si sono fatte carne. Hanno cambiato e salvato il mondo. Sono  le conseguenze dell'Amore. 

LO SAI CHE ANCHE OGNI TUO "SI" CAMBIA IL MONDO?

mercoledì 24 marzo 2021

abbassarsi fino al... cuore

Gv 8, 31-42

Ecco che nel Vangelo di oggi assistiamo a un enorme malinteso tra i due interlocutori. Gesù e i giudei. Gesù vuole spiegarli delle verità sul suo ruolo nella storia della salvezza, loro continuano a ragionare con le loro categorie. Ad ogni affermazione, la risposta. Sembra che non si capisca quando finisce questo botta e risposta, appunto. Ed è chiaro che si sta viaggiando su due binari paralleli, che non si stanno incontrando. Gesù sta spiegando qualcosa di più profondo, qualcosa che richiede il cuore aperto e ricettivo allo Spirito, per essere compreso. Loro restano sui dati della realtà che elaborano con le loro menti, convinti di poter inquadrare quello che Gesù spiega loro, in una logica intellettuale. Niente di più errato. Verrebbe da dire: scusate, ma se Gesù capisce che stanno viaggiando su due frequenze diverse, perché continua ad insistere, pure lui? Ricordate quando eravamo piccoli e i genitori ci dicevano determinate cose che non capivamo? Magari anche a voi sarà successo come a me, di aver sentito "un giorno ti ricorderai queste parole e capirai". Quel giorno fatidico è giorno in cui fai l'esperienza di vita che ti porta a rileggere le parole ascoltate alla luce dei fatti e dire: "avevano ragione". Ma quel giorno per gli interlocutori di Gesù, non è ancora arrivato. E va bene così, perché ad ogni cosa il suo tempo. Infatti Gesù sta indicando che non è più il tempo di ragionamenti sofisticati, ma di scendere e abbassarsi fino al proprio cuore, per depositare lì le cose, e lasciarle vivere lì, soprattutto facendo spazio e creando una culla anche ai nostri sentimenti. In futuro saranno esperienze preziose. E' esattamente ciò che faceva Maria, quando, invece di controbattere mille volte quando ad esempio ha sentito il piccolo Gesù dire "dovevo occuparmi delle cose del Padre mio", tace e deposita nel cuore, per comprendere dopo. 
Anche noi stiamo vivendo tempi non facili in cui non è scontato comprendere cosa ci sta dicendo la storia, la vita, l'universo... cosa sta permettendo Dio e cosa anche con questo vuole dirci. Ha veramente tanta utilità dare tutte le spiegazioni cervellotiche di quello che sta accadendo? Oppure varrebbe la pena fare un po' come Maria... lasciare che le cose, pur col dolore, vivano dentro di noi e ci permettano di essere interiormente presenti a noi stessi? Perché ai nostri sensi esteriori, quelli corporei, corrispondono i sensi interiori, che si nutrono di ciò che decidiamo di trattenere dentro di noi. E' così che si impara a fiutare la presenza di Dio nella storia. Anche nei suoi momenti più tragici. Esattamente come si riconosce un sapore, un profumo ecc già conosciuto, così anche, allenandoci interiormente a dare più spazio al cuore che al cervello, ci alleniamo a scorgere la presenza di Dio, che c'è sempre. 









domenica 21 marzo 2021

di che morte morire?

 



Gv 12, 20-33

In questi giorni ho letto un testo in cui qualcuno faceva notare, come per far venire fuori qualcosa di bello, di prezioso, di importante, precede sempre un po' di sofferenza, di travaglio, come ad esempio nel parto. E fin qui ci siamo. Questo significa morire un po', per rinascere, per donare la vita. E questo morire, ci fa paura ecco perché spesso scappiamo dalle scelte significative, dalle decisioni che comportano appunto di saper selezionare una cosa e scartarne un'altra. Non vorremmo mai sentire questo piccolo pungiglione al cuore, che ci parla di una perdita. Che ci parla di un sacrificio di noi stessi. Eppure, se cambiassimo la prospettiva, vedremmo questa piccola perdita come una rinuncia PER, per qualcosa di più grande e bello. Infatti, spesse volte il non scegliere, non decidere, porta invece a qualcosa di molto più doloroso: allo sfiorire interiore, a una sorta di morte spirituale, che non ci permette di risplendere. Questo è il senso del chicco di grano che cade in terra. Rimane solo e va verso la disintegrazione, se la sua sostanza non comincia a "morire" per trasformarsi e dare frutto, il bene più grande, quello che rimane. Dunque, la domanda conclusiva oggi è proprio quella proverbiale: "di che morte vuoi morire?"







giovedì 18 marzo 2021

in discussione=in cammino

Gv 5,31-47 



Delle volte, di fronte ad una Parola come quella di oggi, mi domando intanto che immagine di Dio ho
dentro di me. Oppure che immagini, perché magari mi aggiusto un dio per ogni circostanza. Qual è quel Dio che in generale ci sarebbe più "comodo" alla nostra vita? Delle volte le persone si nascondono dietro un insieme di regole religiose e pensano di essere a posto, ma soprattutto vivono in un'illusione di falsa sicurezza. Ma Dio mai è esattamente quello che noi pensiamo Egli sia. Se noi pensassimo ad un Dio che persiste nella sua incolumità, potremmo rimanere sorpresi, leggendo questo brano di Giovanni. Di per sé Dio non ha bisogno delle conferme dell'uomo né delle sue lodi. Eppure Gesù oggi si riferisce a una testimonianza che un altro sta dando di lui. Questo non di certo perché Egli si senta in dovere di confermarci qualcosa... piuttosto svela la bellezza di un Dio che non vuole essere un mago e che vuole insegnarci un gran bell'atteggiamento: quello di sapersi mettere in discussione. E dire: ciò che dico è verità perché non sono solo io a dirlo e a testimoniarlo, ma c'è chi, con la grazia di Dio lo vede. E poi le opere... noi viviamo in un'epoca in cui la generazione giovane rivendica le opere che vadano a conferma delle chiacchiere degli adulti. Ma anche in un'epoca in cui la fragilità umana è molto rimarcata e moltissimi vanno dietro a dei gurù che parlano molto, parlano forte, anzi, urlano, e trascinano le folle... Gesù parla con le opere del Padre. Non è presuntuoso e non pretende di trascinare le persone solo a forza di parole. Forse sarebbe questo il giusto modo di relazionarsi. Forse questi sarebbero i leader per oggi, quelli che, pur sapendo di essere capaci di trascinare, non vogliono fare da calamite, ma vogliono semplicemente stare affianco alle persone, mostrarsi uguali a loro e aiutare accompagnando, facendo vedere che per essere guide, non hanno bisogno di gridare, ma di mettersi umilmente al servizio. 

lunedì 15 marzo 2021

la distanza di... sicurezza

Gv 4,43-54

Ecco il Vangelo di oggi è un'ennesima conferma che Dio non ha bisogno delle nostre sicurezze ordinarie, per compiere segni grandi e per far vincere la vita. Il funzionario gli chiede di venire a casa sua per operare la guarigione del figlio. E Gesù non ci va. Ma, gli chiede di avere fiducia che Egli può donargli questa grazia anche a distanza. Potrebbe suonare familiare per noi, quando effettivamente viviamo i tempi delle eccessive distanze e "facciamo" tante cose a distanza. A chi se ne lamenta, questo Vangelo può essere una risposta. Dio davvero va oltre le distanze, le nostra abitudini e sa sorprenderci. Sa dirci che anche una distanza può essere sicurezza, se in noi vince la fede e la voglia di incontrarlo ed essere guariti. Per noi cristiani, la misura di questo sarà la fiducia che avremo saputo dare a Dio che agisce nella storia anche nelle pandemie. A noi la decisione di fidarci! 

lunedì 8 marzo 2021

i profeti in fuga

Lc 4,24-30

Nessun profeta è ben accetto nella sua patria... Ogni tanto ci penso e mi domando la ragione di questa cosa tanto vera. Credo che in fondo noi siamo ancora come l'antico popolo d'Israele e in fondo pensiamo e ci aspettiamo che Dio debba agire con potenza, tanto di spettacolo e dentro una presunta perfezione. Nella propria casa noi conosciamo la "difettosità" della vita e delle persone. E non crediamo che attraverso questa debolezza Dio può parlarci, può compiere opere che Egli vuole, che si può rivelare a noi. Non crediamo che nell'ordinaria "noia" degli eventi, delle interazioni con gli altri, lui parla. E andiamo a cercare altrove, fuori dalla nostra patria, inconsapevoli che la novità sta esattamente laddove Dio ci pone e che dobbiamo solo trovarla. I profeti non possono stare nella propria patria perché noi, che siamo della loro stessa patria, pensiamo di conoscere già sufficientemente le persone, anche con le loro debolezze e non ci immaginiamo che Dio possa parlare attraverso di esse e soprattutto come possa farlo. 
Ma ci scandalizziamo e ci meravigliamo poi, quando quelli che noi non riconosciamo profeti, e che vivono accanto a noi, sono strumenti di Dio, nel compiere le opere che per gli altri risultano importanti, altrove, quando diventano profeti in fuga. E diciamo, sentendone parlare bene: ma non è quella persona che io conosco..., quella ha tutti i difetti di questo mondo: sarà schizofrenica? Sarà disonesta? E lasciamo che la diffidenza abiti le nostre case proprio laddove potrebbe abitare la salvezza se fossimo capaci di scorgere in chi ci sta accanto il raggio di luce di verità e di sapienza, attraverso le quali Dio ci salva.