sabato 30 ottobre 2021

in una frase sola

Mc 12,28-34 

Sicuramente tutti abbiamo partecipato alle volte in quelle discussioni in cui delle persone scambiavano dei pensieri e dei ragionamenti contorti, senza venirne fuori, senza trovare la soluzione, senza trovare un accordo... per giungere al punto in cui, come disse qualche persona saggia, arriva quello che non sa che in quella data situazione non ci sono soluzioni, e semplicemente le trova. Solitamente queste discussioni finiscono per essere concluse da questo "disturbatore" dell'andamento della discussione, con una espressione o una frase sola, per dire: le cose sono semplici. Ma non a tutti sta a genio questa cosa. Ci sono persino quelli che, di fronte ad uno che tende a semplificare la vita con i suoi ragionamenti diretti e limpidi, si incavolano, come se la persona che hanno davanti, in fondo non capisse l'importanza delle questioni sollevate. Ma non è così: spesso queste persone comprendono fino in fondo e sanno andare all'essenziale e per questo che sono come dei fari che quando si accendono, improvvisamente illuminano le situazioni e fanno vedere le cose che prima restavano invisibili.
Fa ridere come gli scribi nel Vangelo vanno da Gesù, chiedendo che lui riordini tutta la molteplicità di leggi minuziose da osservare, secondo la loro importanza. Ma Gesù, da Luce che è , va direttamente al sodo. Quel che è importante è semplice e racchiudibile in un'unica frase. Purtroppo per quelli che si immaginano di ricevere ancora un'altra norma che dia loro sicurezza e senso di adempimento, il semplice comandamento dell'amore, non dà sicurezze. Quel che è semplice, come ad esempio un bambino, quando lo consideriamo fino in profondità, interpella radicalmente la nostra libertà. Non moltiplicazione delle regole, dunque, ma la crescita nella libertà, verso quel compimento della legge di cui Gesù parlava l'altro giorno. Ed è la libertà interiore da tutte le rigide convenzioni, che permette di dare la snellezza alla nostra vita e ad essere costruttori di un futuro più limpido e meno complicato. Il comandamento semplice dell'amore, si esplicita non in tanti regolamenti, ma nelle scelte quotidiane del nostro cammino. 

mercoledì 27 ottobre 2021

questione di distanza

Lc 13,22-30

Ti è mai capitato di parlare in pubblico e avere davanti a te tanta gente? Se sì, capisci bene che non puoi ricordare e tantomeno conoscere tutte le persone che ti hanno ascoltato. Finché una persona non ti si avvicina, non ti mostra il suo interesse per fare una domanda, per un confronto, ecc, c'è una reale possibilità che tu non ti ricorderai di lei, se la incontri l'indomani. E' normale. La stessa cosa nei grandi eventi, dove si sta "insieme", ad esempio grandi rinfreschi, tavolate... finché non ci si ritrova l'uno vicino all'altro, per caso o appositamente, non ci si conosce. E questo esattamente pare essere il problema degli uomini del Vangelo di oggi. Vogliono dire a tutti i costi al Signore che lo conoscono, perché l'hanno visto insegnare nelle piazze, e perché hanno mangiato in sua presenza. Il problema è che non l'hanno nemmeno sfiorato, pur avendone avuto non una, ma più occasioni. Come vuoi essere riconosciuto, se non ti sei mai avvicinato veramente a Colui che dovrebbe essere la tua salvezza? Non è che Egli non vuole esserlo. Sei tu che l'hai guardato a distanza, l'hai visto, ma non l'hai voluto toccare, accogliere, non ti sei "sporcato di Lui". Ovvio che non sa di dove sei tu... c'è così tanta gente che lo guarda da lontano! E visto che Lui stesso ha detto di sé di essere la porta delle pecore, (Gv 10,7), ecco che ti dice di entrare per la porta stretta. Cioé che devi essere disposto a sentire questo passaggio, questo movimento di entrata. Sentire addosso a te, che non necessariamente sei delle stesse dimensioni della porta. Così solo sei costretto non solo a "sfiorare" ma anche a provare a trovare le tue dimensioni, stringendo di qua, spingendo di là... La porta larga crea spazi vuoti, parla di distanza. Quella stretta ti mette in condizioni di vivere a con-tatto con la salvezza, che si opera nella disponibilità di mettersi in gioco anche a costo di fare brutta figura, sembrare troppo grossi per la porta, sporcarsi il corpo con ciò che è diverso... abbattere insomma le distanze. Ecco da dove tu sarai conosciuto non solo dal Signore ma anche dagli uomini: se sei in grado di toccare e lasciarti toccare, senza più tenere quelle false "distanze di sicurezza", che ti tengono "al sicuro", ma sterile e incapace di relazioni, quelle quotidiane ma anche quella fondamentale, con Lui, che ti salva.




lunedì 25 ottobre 2021

la posizione eretta

Lc 13,10-17

Gli anni passano e nella nostra vita continuano ad esserci cose, sulle quali non abbiamo coraggio di "alzare lo sguardo"... O meglio, non è che non abbiamo coraggio, è che piuttosto non ci poniamo più la questione. Magari poi abbiamo attorno a noi anche delle persone che ci confermano nella nostra posizione "curva", come quella della donna del Vangelo di oggi. Forse è capitato più volte nella nostra vita che nel giorno, momento, circostanze, luogo, in cui avremmo voluto rialzarci, ci è stato sempre detto che era "sabato" e in quel dato momento non era il caso di prendere le decisioni, di prendere insomma in mano la nostra vita e cambiarla. 
Così si giunge a vivere con lo sguardo rivolto verso il basso. E se dicessimo: "basta!" ? Forse è proprio oggi quel giorno, quel sabato, appunto, in cui il Signore viene a guarirci e attende che, invece di ascoltare tutte le voci (quelle interiori e quelle esteriori), che ci confermano nell'impossibilità più o meno assoluta di alzare lo sguardo, di "raddrizzarci", di risorgere. Vivere da risorti si può quando decidiamo davvero di non continuare più a piegarci davanti alle nostre debolezze o sensi di colpa di fronte alla vita o alle persone. Oggi è il giorno in cui posso cambiare davvero la mia vita, oggi di nuovo Gesù passa accanto a me per guarirmi e rendermi dritto. Non importa che tutti mi dicano che in questo momento, tempo e con queste persone non è possibile. Sono io che ho la responsabilità per la mia vita e io decido quando rispondere all'invito del Signore che mi vuole in posizione eretta, con lo sguardo rivolto verso di Lui, verso l'alto. Non c'è legge umana che regga, di fronte alla possibilità che abbiamo, di risorgere ogni giorno. E chi ci dice il contrario, è bugiardo e non lo si deve ascoltare. Chi non mette sopra ogni cosa la vita dell'uomo e la sua vita in pienezza, non ha capito per cosa è venuto Cristo sulla terra. Con questa certezza domandiamoci oggi: qual è la mia gobba? Da cosa Dio vuole rialzarmi, in cosa raddrizzarmi? Cosa mi impedisce di lasciarmi toccare da lui? Quale legge del sabato metto prima della mia dignità di persona? Perché permango nella convinzione che sono mento importante delle leggi che non hanno nulla a che fare con l'amore? Siamo chiamati a vivere nella posizione eretta, lasciamoci raddrizzare da Colui che si è alzato persino dalla tomba, per darci la vita piena. 

domenica 24 ottobre 2021

chiamare per nome


Mc 10, 46-52
Una magra illusione, quella di vivere convinti che possiamo sempre fare tutto da soli. Forse un'illusione che viene da lontano, che per alcuni di noi resta come residuo dell'essere dovuti sempre apparire come bambini super efficienti, capaci, pronti a cavarsela in ogni situazione, anche se essa dovesse comportare un livello di stress difficilmente sopportabile. 
Ed ecco che alle volte ci viene difficile dire: "non ce la faccio". Piuttosto siamo portati ad affermare: "è impossibile". C'è una piccola trappola in tutto ciò. Non volendo affermare di non essere capaci di affrontare una cosa, veniamo allo scoperto lo stesso, in quanto il dire "è impossibile", è già l'affermazione del nostro limite personale. Eh si, perché vedere che invece un altro a posto nostro se la cava, alle volte ci punge interiormente. 
È impossibile che un cieco guarisca. Specialmente nei tempi di Gesù. Non c'erano oculisti che potevano visitarlo... ma sappiamo anche che pure oggi la cecità fin dalla nascita spessissime volte è irreversibile. È impossibile... è affermazione del limite dell'uomo anche senza che l'uomo lo sappia. A cosa serve dunque che Bartimeo gridi: "voglio vedere", se sa che è impossibile? Molto semplice. Saper chiamare per nome il nostro limite, è quel movimento di discesa verso la verità profonda di noi stessi, in cui finalmente la grazia di Dio è "autorizzata" non solo ad operare ma anche a compiere i miracoli! L'autosufficienza viene vinta dall'onnipotenza di Dio. "È impossibile" viene soggettivato e passa ad essere "io da solo non posso, ho bisogno di te". L'uomo torna alla sua prima e originaria e unica ammessa dipendenza: da Dio. E SUBITO torna a vedere, cioè ad essere sano, così come era uscito dalla mano di Dio. È l'effetto della capacità di chiamare per nome la propria condizione, di non averne paura. Si torna un po' in paradiso, dove all'inizio l'uomo non aveva paura, si torna ad essere ciò che si è.


martedì 19 ottobre 2021

aspettare e aprire

Lc 12,35-38

Che stanchezza al solo pensiero che dobbiamo stare sempre vigilanti! Essere sempre svegli, stanca e stanca molto. Ma stanca solo coloro che vivono la necessità di vegliare come obbligo o per paura. Cioè quando non c'è di mezzo l'amore. 
Quando ami, tu sei abituato a vigilare. E non sto parlando di quell'innamoramento che ti occupa completamente la mente, per cui non sei capace di pensare ad altro che all'oggetto del tuo affetto. Questa, in ogni relazione, è una fase che termina, e relativamente presto. Amare, lo sappiamo, è scegliere ogni giorno la persona amata, nonostante e al di là di tutto. Per fare questo, chi ha fatto esperienza del vero amore, sa che c'è bisogno di essere sempre presenti. In primis a se stessi, poi all'altro. E diventa un'esigenza del cuore, una condizione di vita, perché, con tutti alti e bassi che possono esserci nella nostra vita, l'amore si esplicita e cresce proprio nella nostra consapevolezza di quel che succede dentro e attorno a noi. E allora l'amore diventa non soltanto servire ma anche essere serviti, perché con gli occhi aperti, come lampade accese, noi sappiamo scorgere tutti i regali che Dio o gli altri, ci fanno. Cioè diventa reciprocità percepita, sia di giorno, quando le cose si vedono con chiarezza, che di notte, quando facciamo fatica a prendere le misure e a vedere. E scopriamo che Dio sta sia nei "giorni" che nelle "notti" della nostra vita, perché lo stile di vita da "vigilanti" è proprio stile dei risorti, gente capace di vedere la vita vera ovunque e in qualsiasi pagina, anche la più buia, della nostra storia. 
Aspettare e aprire, due verbi importanti del Vangelo di oggi. Aspettare certi al 100% che Dio c'è e questo basta. Aprire sempre, perché è dalla nostra libertà che dipende la possibilità del suo passaggio non solo nel nostro cuore ma anche nel mondo a cui siamo inviati. 

giovedì 14 ottobre 2021

Dio che si fida di te


 

Lc 12,1-7

E' un Vangelo con tanti cuoricini, quello di oggi. Gesù, pur usando il tono di raccomandazione e di allerta per certi versi, sta mostrandosi tenero e premuroso. Anzitutto chiama i discepoli amici. Forse questa parola è oggi molto sottovalutata e usata a sproposito talvolta. Sembra che con chiunque non ci ritroviamo, siamo già amici. Su Facebook, abbiamo "le amicizie"... spesso si attivano alcune "amicizie", quando abbiamo dei bisogni particolari. Ma cos'è secondo te l'amicizia? Oppure, cosa desidereresti che fosse amicizia? Che tipo di relazione, legame? Alle volte penso che nella possibilità dell'amicizia è nascosto un tesoro unico e irripetibile: un'opportunità di stabilire un rapporto con l'altro/a talmente profondo, da appartenersi vicendevolmente ma non essere schiavi l'uno dell'altro. Per noi cristiani, l'amicizia potrebbe significare anche quel tipo di condivisione di vita in cui ci si sente come in un grembo, dove si può essere e dire tutto quel che si è e si sente, e tutto rimane lì per essere offerto al Padre come dono che viene e a Lui torna. Questo probabilmente è ciò che Gesù intende quando chiama i discepoli amici. Intende quelle persone a cui può raccontare nella verità sia il positivo che il negativo, sia le luci che le ombre, perché sa di avere a che fare con la gente che si fida di lui e... dimostra di fidarsi anche Lui di loro. Dunque, è un Dio che si fida dell'uomo. Del resto la stessa sua incarnazione dice già questa fiducia. Penso sempre che la capacità di Gesù di fare la "danza" di avvicinamenti e allontanamenti, parla di un'incredibile equilibrio relazionale che solo in Dio troviamo in pienezza, ma anche nell'amicizia fondata su di Lui, possiamo costruire e percepire. Infine, la tenerezza di Gesù si manifesta in questo brano, quando ci ricorda il nostro valore. Noi valiamo molto, se Dio si fida di noi, veramente tanto. E' che alle volte non sappiamo ricordarcelo, non cerchiamo questo Dio che ce lo ripete tutti i giorni, che siamo preziosi. Evidentemente Gesù ci dice oggi di non temere, proprio per confermare queste verità su Dio: è nostro amico, si fida di noi, siamo preziosi ai suoi occhi. E non importa quanto piccoli o quanto insignificanti come passeri, ci sentiamo. 

 

sabato 9 ottobre 2021

un parto soprannaturale

 


Lc 11,27-28

Leggendo il Vangelo di oggi, occorrerebbe domandare alle donne che sono madri, qual è il compito secondo loro più importante e quale quello più arduo per una madre. La donna che grida dalla folla verso Gesù, mette in risalto la benedizione che è scesa sulla sua madre, col solo fatto di esserlo biologicamente: grembo che l'ha portato e seno che l'ha allattato. E noi, che conosciamo chi è la mamma di Gesù, Maria, sappiamo quanto lei sia stata cosciente di questa benedizione. Ma sappiamo anche quanto Ella sia rimasta attonita e stupita davanti alla vocazione ad essere la Madre di Dio, sappiamo quanto non se ne sentiva all'altezza. Probabilmente Maria aveva in parte coscienza e in parte intuizione, che appunto il suo compito verso il Figlio di Dio, quel Compito supremo, non era affatto darlo alla luce e farlo crescere, ma qualcos'altro. 
Maria, quando suo figlio è cresciuto, ha sofferto tantissimo per lui. Specie all'inizio per la sua mancanza, per la mancanza delle notizie su di Lui. Ma probabilmente il parto più grande e più doloroso, era quello interiore, dell'accettazione del compimento della Parola di Dio su di Lui. Ecco cosa risponde il Signore alla donna: beati coloro che ascoltano la Parola e la osservano. Beati coloro che si concentrano su ciò che Dio opera nella loro vita attraverso la sua Parola, che non si soffermano solo sul livello materiale, ovviamente necessario e "primario", ma sanno elevare anche la relazione così stretta, come quella materna, ad un livello diverso. Ognuno di noi infatti è madre di Dio, nella misura in cui è in grado di cercare e di trovare la Presenza di Dio nella propria vita quotidiana. A cosa pensa una mamma, infatti, se non al proprio figlio, tutti i giorni? Ecco la nostra chiamata. Essere madri di quel dio che abita il nostro mondo e la nostra storia, alle volte di nascosto, altre volte manifestamente, ma che dispiega la sua presenza nella Parola che trasforma verso il bene la nostra esistenza. Perché la Parola di Dio è sempre quella che ci spinge al bene e alla costruzione del mondo. Ecco, questa va osservata, per la beatitudine "materna" che Gesù oggi ci presenta.