lunedì 21 agosto 2017

quando ti manca la mancanza...

Che dire? Di fronte ad un Vangelo come quello di oggi, mancano pure le parole... :-) Un ragazzo a quanto pare perfetto, quel "bravo ragazzo" che probabilmente ogni ragazza vorrebbe sposare... si comporta correttamente, osserva tutte le regole, è abbiente, insomma, da cercare con la candela! Ma lui... vuole la vita eterna. Insomma, non gli basta quel che già ha? Pure la vita eterna vuole? Mah... In effetti Gesù non è proprio molto diretto con lui, non gli dà nessuna ricetta. Chissà cosa realmente voleva... forse la conferma che era già a posto così? Forse voleva "una cosa in più" che potesse coronare l'opera? Abituato a riempirsi, di cose e di regole, sentiva qualche vuoto. Senza rendersi conto, che quel che gli mancava era esattamente la mancanza. Non a caso se n'è andato triste. Sembra uno a cui Gesù ha precluso la possibilità di felicità. Ma no! Non è per nulla così! Anzi, occorre notare e sottolineare che il ragazzo se ne andò triste! Bella cosa no? Vedere che si gira e se ne va rattristato... Direi proprio di sì... può sembrare assurdo e crudele, ma basta che capiamo meglio i sentimenti. Perché la tristezza, oltre ad essere sintomo ovvio di una mancanza, cos'è? E' condizione indispensabile per la felicità. Se tu non sei mai triste e se non senti nessuna mancanza, non sarai mai felice. Perché tra la gioia e la felicità c'è questo passettino, che segna la trasformazione, ed esso si chiama proprio TRISTEZZA. Quindi, ora è chiaro: una mancanza che provoca la tristezza, nella vita ci deve stare. E' quando ti manca qualche mancanza, che entri in una vita astratta ed invivibile. Vorremmo infatti tutti essere felici nella concretezza della nostra vita, vero? Vorremmo vivere il nostro quotidiano, potendo dire: sono una persona felice. Ecco, dipende da noi. Dipende dalla nostra accettazione delle mancanze nella vita. Dipende, alle volte, da quante cose siamo disposti a "toglierci di mezzo", quando la mancanza non è sufficiente. Si, così come Gesù ha detto al ragazzo: ti manca solo una cosa, una maggiore mancanza: vendi tutto e dallo ai poveri, vieni e seguimi.  Se il giovane se ne fosse andato arrabbiato, sarebbe più pericoloso, non sarebbe infatti predisposto al cambiamento. Invece lui, triste, ha ancora una grande possibilità di ritorno. Ed è proprio la tristezza che gioca a suo vantaggio. Permettere a se stessi di provare la tristezza significa entrare con tutto se stesso nella realtà della vita e poterla accettare così come è. Sfuggire la tristezza significa voler vivere ubriachi di gioia, quella falsa, voler restare "instupiditi" e quindi non vivere coi piedi per terra. Non illudiamoci: la persona matura emotivamente sperimenta la tristezza e la sente con tutta se stessa (così come, del resto, tutte le altre emozioni). Chi se ne vuole andare da ogni situazione accontentato, resterà con il suo contentino, che presto finirà... e che non durerà quanto la vita eterna, preceduta dall'esperienza della mancanza.

lunedì 14 agosto 2017

figlio, non schiavo

Oggi, come molti sanno, si celebra san Massimiliano. Lui, che ci insegna a partire dalla propria esperienza, che la felicità e la libertà vengono dal di dentro di noi stessi, oggi mi parla particolarmente di questo. Specialmente quando leggo il Vangelo di questo lunedì.
Ripenso alla vita di padre Kolbe e a quante opere ha realizzato attraverso il suo entusiasmo apostolico, passione per Dio, spinto dall'amore per l'Immacolata, la sua Mamusia (mammina), come spesso la chiamava. Ripenso a come 76 anni fa, in quel terribile luogo che era campo di concentramento, ha compiuto il sommo atto di libertà, ha donato la vita fino in fondo, regalandola ad un fratello che, seppur sconosciuto, ha considerato più importante di sé.
Gesù nel Vangelo di oggi chiede a Simone se i figli dei potenti debbano pagare le tasse o no. E la risposta è ovvia. Così come ovvio era che Massimiliano ad Auschwitz non era costretto a pagare con la propria vita. Ma Gesù la tassa, ha deciso di pagarla, per sé e per Pietro. E Kolbe la vita, ha deciso di donarla, a Francesco di cui posto ha preso al momento della condanna a morte e per tutti coloro che a seguito del suo atto sommo di testimonianza, avrebbero creduto al fatto che l'amore vince sempre e che anche ogni luogo più orribile, può trasformarsi in luogo in cui vince la vita.
Mi sembra tutto molto significativo. Certamente Gesù non ha pagato perché aveva paura dei potenti, da schiavo... come sicuramente Massimiliano non ha donato la vita rassegnato alla morte certa (come molti che al campo di concentramento credevano che prima o poi sarebbero stati uccisi). No, abbiamo davanti agli occhi due atti di massima libertà. Gesù che liberamente, da Dio che è, si sottomette alle leggi umane, per il bene di molti (come dice: affinché nessuno si scandalizzi), Massimiliano offre la vita per una testimonianza che oltrepasserà i suoi tempi e i luoghi fisici. Così funziona: avere davanti una questione importante, prendere in mano la propria vita, fare una scelta di amore, consapevolmente scegliere ciò che è contrario ad una scelta che in quel caso sarebbe stata "automatica". Si, perché la felicità non sta nell'allontanarsi dalla propria interiorità, fuggendo il vero appello del cuore per cercarla al di fuori di sé. La felicità e la libertà, sono scelte precise, compiute e rinnovate ogni giorno, per una persona, cui bene più grande è Dio e a partire dalla sua dimora in noi. Anche quando questa comporta, totalmente o parzialmente, l'offerta di sé stessi. Scelta da figli, non da schiavi.