mercoledì 12 febbraio 2020

quando ho cominciato ad amare...

Oggi lascio immediatamente la parola a un grande, Charlie Chaplin:
Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono reso conto che il dolore e la sofferenza emotiva
servivano a ricordarmi che stavo vivendo in contrasto con i miei valori.
Oggi so che questa si chiama autenticità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho capito quanto fosse offensivo voler imporre a qualcun altro i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama rispetto.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho smesso di desiderare una vita diversa
e ho compreso che le sfide che stavo affrontando erano un invito a migliorarmi.
Oggi so che questa si chiama maturità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho capito che in ogni circostanza ero al posto giusto e al momento giusto
e che tutto ciò che mi accadeva aveva un preciso significato.
Da allora ho imparato ad essere sereno.
Oggi so che questa si chiama fiducia in sé stessi.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
non ho più rinunciato al mio tempo libero
e ho smesso di fantasticare troppo su grandiosi progetti futuri.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e felicità,
ciò che mi appassiona e mi rende allegro, e lo faccio a modo mio, rispettando i miei tempi.
Oggi so che questa si chiama semplicità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono liberato di tutto ciò che metteva a rischio la mia salute: cibi, persone, oggetti, situazioni
e qualsiasi cosa che mi trascinasse verso il basso allontanandomi da me stesso.
All’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma
oggi so che questo si chiam chiama amor proprio.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi facendo ho commesso meno errori.
Oggi so che questa si chiama umiltà.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono rifiutato di continuare a vivere nel passato
o di preoccuparmi del futuro.
Oggi ho imparato a vivere nel momento presente, l’unico istante che davvero conta.
Oggi so che questo si chiama benessere.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono reso conto che il mio Pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho imparato a farlo dialogare con il mio cuore,
l’intelletto è diventato il mio migliore alleato.
Oggi so che questa si chiama saggezza.

Non dobbiamo temere i contrasti, i conflitti e
i problemi che abbiamo con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che questa si chiama vita.

lunedì 10 febbraio 2020

sempre, per tutti

Mc 6,53-56


Hai presente Gesù nel Vangelo di oggi? Fa la traversata, scende finalmente dall'altro lato, forse con la speranza di riuscire a "respirare un attimo"... 
Niente. Lo riconoscono e vanno tutti ad assalirlo, ognuno con i propri bisogni. Lo toccavano e venivano salvati. 


Ecco, questo è Gesù e la sua missione. Dio sempre disponibile, per tutti. 
Adesso, rilassati. Quando ti viene la tentazione di essere sempre disponibile per tutti, ovunque ti rechi, ricordati che non sei chiamato/a a questo. Che un cristiano è chiamato a servire e prendersi cura dei fratelli, ma anche di se stesso e del proprio limite (che Dio non ha, eppure in Gesù ci ha fatto vedere, che l'ha voluto sperimentare. Trova la tua misura, non rendere dipendente tutto il mondo dalla tua presenza/assenza. 
Ancora, rilassati. Dio c'è, ma non sei tu 😊

martedì 4 febbraio 2020

affetto collaterale

Mc 5,21-43

Hai mai provato a fare un miracolo? Penso di sì. Spesso cerchiamo di far qualcosa che sembra impossibile, per le persone a cui vogliamo bene. Alle volte ci sentiamo in dovere di fare dei miracoli per chi ce ne chiede... l'obiettivo viene centrato e si va avanti dritti, mossi dall'amore, dalla voglia di stare vicino a chi ha bisogno di noi. Alle volte però si ottiene "l'effetto carro armato". Quando si va verso l'altro, c'è sempre della strada da fare, per far quel bene di cui egli veramente ha bisogno (e che alle volte non corrisponde a ciò che noi pensiamo o sentiamo). Ma per strada, cosa facciamo noi? Facciamo come il carro armato, che distrugge tutto, passando, perché non vede ciò che ha davanti e ai lati, pur di avanzare? Il punto è che tanti miracoli possono succedere a mo' di effetti collaterali che diventano addirittura "affetti collaterali". Così ci fa vedere oggi Gesù. E' diretto verso la figlioletta di Giairo, per strada invece: c'è qualcuno che gli ruba della forza, per essere guarito. Chi mi ha toccato? - chiede Gesù. Mah insomma, può sembrare che si sia sentito disturbato dal fatto che una povera donna aveva bisogno del suo aiuto. Dunque? Lui si ferma, vuole guardare colei che ha avuto coraggio di prendersi un po' di questo "affetto collaterale". Attenzione: intanto perde tempo, mentre la bambina pare già morta. Ma la morte non può averla vinta, laddove qualcuno ha mostrato l'audacia nell'implorare la sovrabbondanza di vita, che sgorga da Lui. La vita infatti si moltiplica man mano che la si condivide. Gesù si lascia derubare, si ferma, permette di dare rilievo a questo "miracolo per strada". E noi? Forse per strada verso i nostri sacrosanti obiettivi, ci perdiamo tanti miracoli. O meglio, ci perdiamo le opportunità di essere protagonisti, testimoni e portatori di miracoli, che possono succedere nelle maniere e per le strade più inaspettate, su quelle strade che in teoria dovrebbero solo veicolarci verso i nostri obiettivi veri. Sì, Dio ci chiede di avere gli occhi aperti e di lasciarci rubare un po' di tempo e di energie, se "per strada" si presentano occasioni per il miracolo dell'"affetto collaterale", che, essendo portatore di vita, moltiplica la carità e, nel nostro piccolo, trasforma il mondo.