martedì 26 luglio 2022

per tutti, per uno solo

Mt 13,36-43

Arriviamo oggi a quel momento del capitolo 13 del Vangelo di Matteo, in cui Gesù ha finito di parlare alla folla e si ritira in una casa. A questa casa hanno l'accesso solo i suoi discepoli e lì viene spiegato a loro, su richiesta il significato di una parabola. Mi colpisce questo fatto. Varie parabole per le folle, racconti delle similitudini per far capire come funziona il Regno dei cieli. Poi il momento di riposo e di intimità, di una profonda comprensione. Indubbiamente, Dio parla a tutti, parla anche alla folla, spiega, concretamente anche negli eventi della storia, le sue "logiche". Poi però viene il momento in cui soffermarsi su ciò che da Lui viene detto. E questo richiede tempo con Lui, intimità, ricerca personale e disponibilità del cuore a lasciarci lavorare e, alle volte, anche ferire, dalla Parola. Nella folla tutto viene ascoltato con più facilità, c'è confusione, molte cose si perdono, la Parola riesce a penetrare solo fino a un certo punto. In più, le parole che sentiamo, se per caso scomode, possono essere allontanate senza sforzo. Il vero lavorio di crescita è in solitudine della "casa", dove chiedere al Signore, allo Spirito di spiegarci la Parola ascoltata. E allora Egli, avendo la nostra attenzione o anche solo la buona volontà di comprendere, di stare con Lui, di trascorrere del tempo con Lui, può illuminare la nostra vita. Perché le parole sono per le folle, per tutti. ma la Parola è per uno solo: per te.

domenica 17 luglio 2022

sia fatta la...mia volontà

Lc 10,38-42

Ed eccoci in una nuova puntata in cui ci si mettere a dare addosso alla povera Marta, casalinga disperata...
No, non esattamente. Certo avremo letto e meditato questo Vangelo tantissime volte. E probabilmente ogni volta ci viene il latte alle ginocchia a sentirla ripetere che insomma è sempre lei a dover fare tutto e nessuno le dà una mano per adempiere ai doveri della casa. 
Mi sembra che ci siano due cose interessanti da vedere in questo brano.
Il primo è una dinamica che ricorre spessissimo nella nostra vita. Ci sono quelle persone, molto attive, con un certo spirito del darsi da fare, che inizialmente sono sempre entusiaste e credono tanto in quel che fanno. Ma che, col passar del tempo, per qualche motivo più o meno misterioso, si ritrovano ad affrontare da sole tutte le faccende. 
Queste persone le si riconosce proprio dall'atteggiamento di Marta: se non lo faccio io, non lo fa nessuno. Non si fermano a riflettere sul perché di una tale situazione. Anzi, danno la colpa agli altri, dicendo che sono gli altri che non sanno lavorare insieme, ma scaricano su di loro tutti i compiti. Mentre senza accorgersene, piano piano, attraverso l'attivismo e l'accentramento su di sé di ogni cosa, si ritrovano a lavorare da sole. E' un problema ricorrente nelle persone che esigono che si stia al loro ritmo. Della serie: o me lo fai ora o guarda, me lo posso fare pure benissimo da solo. Magari un messaggio così, non necessariamente verbalizzato così. E la risposta arriva prestissimo, anche questa non verbale. Uno si ritrova a fare tutto da solo, è stanco, scoraggiato, offeso, la colpa è di tutto il mondo e il bene non viene costruite.
Ecco, appunto, il bene... perché in questo brano si parla proprio di un bene o di "due beni" da compiere. Capita spessissimo che noi siamo convinti nel fare certe cose. Decidiamo noi un bene da farsi, ci mettiamo in moto...eventualmente informiamo Dio, anche nella preghiera, delle belle cose che abbiamo deciso di fare. Non ci viene il dubbio che forse le belle cose, dovremmo prima consultarle con il Signore, per capire con più chiarezza quale è il bene da compiere, quello vero, quello che corrisponde al momento presente, quello che, impregnato di carità, detta ciò che è da farsi non secondo le nostre belle fantasie, ma secondo le vere esigenze che ci si presentano in base a ciò che vediamo attorno a noi. Mi raccomando, attorno, non solo dentro di noi. Perché dentro di noi ci sono tanti desideri di bene, ma un bene può purtroppo essere anche egoistico. Voler fare una cosa a tutti i costi, perché si è deciso così, è come rovesciare quella parte del Padre Nostro che parla della volontà da compiere e dire: sia fatta la mia volontà...insomma, è un bene quello che desidero! Si, cara Marta, è un bene, ma è un bene attinente alla situazione in cui ti trovi, oppure è un bene minore, proprio perché non proporzionato al momento? Vedi di fare quel bene maggiore, che consiste necessariamente nel mettersi per primo ai piedi del Maestro, per sentire la sua parola, ciò che vuole Lui. Allora la forza centripeta di un bene compiuto "perché io ritengo che vada bene così", si trasforma in quella centrifuga, quella che sa, che da sola non può far nulla e che, mettendo Dio al centro, guarda a Lui e distribuisce gli incarichi, per una comunione sempre più profonda e fondata.

martedì 5 luglio 2022

mi basta quel che hai

Mt 9,32-38

Ricordati come ti senti, quando per la prima volta entri in una casa nuova, finora sconosciuta. Finché conosci chi la abita, è ancora relativamente facile fare un passo a destra piuttosto che a sinistra. Quando invece non conosci bene i padroni di casa, c'è sempre quell'elemento di imbarazzo, che, sebbene sia "correttezza", perché ci è stato insegnato di non invadere un luogo che non conosciamo, certamente ci crea un po' di insicurezza nel momento in cui entriamo in una casa che attende conforto e una presenza pacifica. Di solito ci aspettiamo l'accoglienza da parte di chi apre la porta...ma ci sono anche quelle volte in cui l'accoglienza entra in un ambiente con chi entra da fuori. Perché lì c'è una messe ma non ci sono gli operai. E non si tratta certamente di andare carichi di belle parole o con la pretesa di aggiustare chissà che cosa. Andare incontro all'uomo invece, in un atteggiamento di fratellanza, significa precisamente ciò che il Signore dice due volte nello stesso brano di oggi, ma raccontato dall'evangelista Luca: mangiando e bevendo ciò che egli ha (Lc 10,1-9).  C'è un significato profondo in queste espressioni. Essa infatti significa avvicinarci gli uni agli altri con quella semplicità, che Alda Merini chiama "raffinatezza della profondità". Accolgo ciò che tu sei, non pretendo di più o altro; anzi, vado disarmato, non portando nessun bagaglio eccessivo, facendomi recipiente per quello che tu vuoi donarmi anche o forse soprattutto quando ciò che tu sei non mi è familiare e non mi mette a mio agio, perché ancora non lo conosco. Quando qualcuno ci fa entrare nella sua casa, cioè di sostare presso di lui, è una delle grazie più grandi che possiamo ricevere. Camminare gratuitamente sul pavimento e toccare le pareti della casa del cuore di un fratello, sentire e accogliere il mondo che è in lui...quale privilegio e quale compito!