sabato 25 marzo 2017

un colpo chiaro e forte

Non ti aspettavi un colpo
così chiaro e così forte

Conoscevi già la sua mano, il suo tocco
ma non conoscevi te stessa
Hai scoperto un’altra corda
ancor più nel profondo della tua anima
in attesa
ancor più sensibile,
ancor più toccata

Ora non sapevi cosa accadeva
nella tua solitudine
Era tenero come tocco
di un’ala angelica
Era forte
come l’onnipotenza
 Hai scoperto di essere
alla Sua Presenza,
ti sei rallegrata

E non sapevi più se l’Ave risuonava
dentro di te o fuori
Nella tua solitudine hai scoperto
la pienezza di grazia.
Ciò che desideravi con tanto ardore,
ma non conoscevi,
ora era in te

Hai conosciuto
la dolcezza dell’essere in pieno
e non sapevi più se era la vita
o già l’eternità

Come il tuo saluto d’addio all’angelo
FIAT
ed è partito, ti ha lasciato
ma non più nella solitudine

Il tuo grembo 
gravido dell’Eternità,
che da ora per sempre
rimarrà con te.

giovedì 23 marzo 2017

la solitudine necessaria

Inevitabilmente associamo la parola solitudine a qualcosa di negativo... come se non riuscissimo ad accettare che le relazioni autentiche si costruiscono anche a partire dalla capacità di stare soli, e stare "felicemente soli". Che l'amore si nutre anche della solitudine. 
E qui do la parola a qualcuno che ne ha parlato con molta maestria...
Senza la solitudine, l’Amore non può rimanere a lungo nella vita di una persona.
Poiché l’Amore necessita anche di distacco e di riposo, in modo da poter vagare nei cieli e manifestarsi in altre forme. Senza la solitudine, non esiste una pianta o un animale che possa sopravvivere, né un terreno che sia produttivo per molti anni, né un bimbo che sappia apprendere le regole della vita, né un artista che riesca a dar forma alle sue creazioni, né un lavoro che sia in grado di appagare, di crescere e di trasformarsi.
La solitudine non è l’assenza dell’Amore, bensì il suo complemento. La solitudine non è l’assenza di un compagno o di una compagna, ma il momento in cui la nostra anima può parlarci liberamente e aiutarci a prendere delle decisioni riguardo alle nostre vite. Ecco perché sono benedetti coloro che non temono la solitudine. Che non rifuggono la sua presenza, che non si affannano alla ricerca di un impegno, di uno svago, di qualcosa sul quale esprimere un giudizio. Chi non è mai solo, non può veramente conoscere se stesso. E chi non conosce se stesso, spesso si ritrova nella condizione di aver timore dell’assenza, del vuoto.
Per coloro che non temono la solitudine disvelatrice di misteri, ogni frammento dell’esistenza avrà un sapore diverso. Nella solitudine, essi scopriranno l’Amore – che potrebbe arrivare in silenzio e quasi di soppiatto. Nella solitudine, comprenderanno e rispetteranno l’Amore che li ha abbandonati. Soli con se stessi, sapranno decidere se è opportuno chiedergli di tornare, o se è preferibile che entrambi seguano un nuovo cammino. Nella solitudine, impareranno che dire ‘No’ non è sempre una mancanza di generosità, così come rispondere ‘Sì’ non rappresenta inequivocabilmente una virtù. (Paulo Coelho)

mercoledì 22 marzo 2017

l'Amore che scombina

Hai presente quel momento in cui nella tua vita appare quella persona (o anche più di una) che con tutta la disinvoltura del suo essere, e senza rendersene conto, ti scombina tutti i piani e mette sottosopra ciò che ti eri già programmato/a? 
Beh, a quanto pare Gesù era un po' così... dovunque non si presentava, invertiva le logiche, gli schemi, persino  ciò che si pensasse fosse una legge. Ma c'è di più: Egli conosce il fastidio e il disturbo che noi proviamo in questi momenti, conosce la nostra insicurezza. Per questo specifica nel Vangelo di oggi: non sono venuto ad abolire ma a dare il pieno compimento. Se noi crediamo che il compimento è costituito dall'amore libero, allora capiremo che anche in quelle situazioni della vita in cui qualcuno ci dà particolarmente fastidio con la sua capacità puntuale di mettere i bastoni tra le ruote (perché forse così lo percepiamo), può avere il ruolo del Signore, che vuole colmare ciò che noi compiamo quotidianamente, con un tocco di libertà, di flessibilità. Si, alle volte occorre pensare che non si tratta di sconvolgere per sconvolgere, ma per poter aggiungere, sostituire oppure liberarci dall'osservanza rigida. Si, c'entra comunque l'osservare come ob-servare, serbare verso. Serbare gli eventi della vita, il loro combinarsi e scombinarsi, intuendo il passaggio di Dio nella nostra storia. Significa sostanzialmente accogliere la salvezza: completare ciò che manca ai patimenti di Cristo, direbbe san Paolo, cioè camminare nella legge con libertà di risposta, giorno dopo giorno, certi che nulla avviene senza che Dio lo voglia o lo permetta, per amore, per il nostro bene maggiore.

domenica 19 marzo 2017

era mezzogiorno

Dietro di te.
Ho creduto
alle orme dei tuoi piedi
E quando terra è diventata sabbia
instabile, insicura,
m’hai fatto fare corsa
perché le orme scompaiono presto
nel deserto.
M’hai fatto strada
e poi hai parlato al mio cuore.

Era mezzogiorno,
al pozzo dell’oasi,
dove non c’era se non l’acqua viva.
Ho attinto, mi hai detto tutto.
E poi mi hai lasciato
Signore, nel deserto
perché cercassi le tue orme,
perché avessi sete.

Forse non volevo più una terra arida,
ma tu scrivevi con il dito sulla sabbia
i miei quaranta giorni
nel deserto,
le mie quaranta notti
nel deserto.

La pelle screpolata,
le membra deboli,
una sola certezza:
“non di solo pane vive l’uomo”
“chi berrà di quest’acqua
non avrà più sete in eterno”
Non m’hai lasciato sola nel deserto,
eri la mia vita.
Nel deserto
voglio vivere di te.

giovedì 16 marzo 2017

Dis-illusione


Chissà, come dice una famosa vignetta che gira per il web, se i bambini nel grembo della madre, credono nella vita dopo il parto... Tutto il loro mondo (e l'abbiamo vissuto tutti), si racchiude lì, in questo spazio ristretto, al sicuro, dove le giornate dei primi nove mesi scorrono quasi alla stessa maniera, se non fosse la crescita e la progressiva crescente capacità percettiva e di relazionarsi con ciò che li circonda. Ma ancora l'illusione permane, fino al giorno in cui veniamo alla luce. Il primo grande giorno della disillusione: il giorno della nostra nascita. Fare un passo in avanti e avere coraggio di andare avanti, significa lasciare dietro a sé qualcosa e aprirsi al cambiamento. Il mondo all'improvviso è molto più vasto, rispetto al grembo materno. Appare invivibile, sconosciuto e pericoloso. L'illusione dell'eterno vivere uniti alla madre tuttavia, non riguarda solo la vita prenatale. Quotidianamente ci troviamo a vivere o a sentir parlare delle grandi disillusioni che viviamo. Chiaramente, a livello emotivo tutto ciò sottintende scoraggiamento, delusione (quanto assomiglia alla parola disillusione!), smarrimento, sfiducia. Certamente nulla di positivo. Ebbene, per quanto viviamo questi momenti con una nota di amarezza, dovremmo considerarli delle grandi opportunità. Sono infatti delle nuove nascite, in cui crollano le nostre illusioni. Si, perché veniamo alla luce, dopo un periodo (forse alle volte una vita?) in cui non abbiamo visto la verità. Vivere nell'illusione sulle persone, sulle cose, sulle realtà è da bambini. Ma attenzione, non necessariamente nel senso negativo! Nella vita, per non soccombere prendendosi troppo sul serio, occorre restare bambini, considerandolo una dimensione costruttiva della nostra vita. L'illusione, se poi ci pensiamo, significa appunto che c'è qualcosa oltre, che c'è una nascita, un'opportunità da sfruttare, un passo da fare. Rimane vero che se il passo noi non lo facciamo (e a volte non ne abbiamo capacità oggettivamente), è la vita che si affretta a disilluderci. Cosa faremo con questa nuova nascita che ci viene proposta? Ci lamenteremo che respirare con i propri polmoni provoca dolore? Metteremo in risalto i sentimenti negativi? Scaricheremo la responsabilità su qualcosa o qualcun altro? C'è un'altra possibilità ancora: lasciar passare del tempo, lasciar sfumare i sentimenti, non fare nulla di particolare e... tornare alle nostre illusioni. Capita anche questo. Soprattutto nei confronti delle persone. Ogni disillusione rispetto agli atteggiamenti che riscontriamo negli altri, dovrebbe iniettarci una buona dose di realismo quanto all'idealizzazione che talvolta portiamo avanti dentro di noi. La delusione in questo senso ci aiuta a capire che abbiamo davanti delle persone umane e che non possiamo esigere da nessuno ciò che non può darci. Dunque, aiuta a ridimensionare le nostre illusioni e a trovare il beneficio nella conoscenza sempre più oggettiva, sempre più adulta del mondo e delle persone. E di conseguenza anche una presa di responsabilità sempre più adulta per tutto ciò di cui è fatta la nostra vita. Occorre che ci permettiamo di essere bambini bisognosi di nascite e rinascite, anche attraverso il crollo delle illusioni. Altrettanto poi siamo chiamati a prendere le nostre disillusioni e trasformarle nella capacità di guardare il mondo con sano realismo. Perché se siamo solo bambini, saremo infelici nelle nostre delusioni e se siamo solo adulti, non sapremo approfittare mai della capacità meravigliosa di sognare. Un'altra volta vediamo come la felicità dipende da noi e da come reagiamo alla vita. Ripetiamoci ogni tanto con Giovanni Paolo II "Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro".




martedì 14 marzo 2017

sottosopra?

Sulle posizioni che occupiamo nella vita c'è sempre da domandarsi. Oggi ho assistito a una situazione da una parte molto comune, che però dall'altra parte mi faceva sorridere, accostandola al Vangelo di oggi. Stavo seduta in una piazza, in un momento di pausa. Vicino a me quattro giovani donne (età tra i 30 e i 40 anni circa). Credo che sono stata lì a sentire involontariamente ciò che stavano dicendo (o a momenti urlando), per circa un'ora. Non stavo ascoltando, ma le parole che mi giungevano mi facevano capire chiaramente di cosa o meglio di chi si trattava. L'oggetto del dibattito era un'altra donna (amica, nemica, collega, parente, conoscente?) e le sue qualità, comportamenti, soprattutto quelli che venivano giudicati negativamente. E nella discussione ogni tanto soprattutto una delle donne (quella che alzava di più il volume), ripeteva a gran voce, che quell'altra "non avrebbe avuto controllo sulla sua vita". Dopo un'ora in cui ho sentito ripetutamente questa espressione, non potevo farne a meno di sorridere. Ecco colei che non doveva avere controllo sulla sua vita, ha consumato tutta la sua pausa pranzo, suscitando in più tanta agitazione e inquietudine.
E tornavo col pensiero al Vangelo. Ci lasciamo imporre dei fardelli emotivi, ci lasciamo spadroneggiare gratuitamente il nostro cuore e la nostra mente...senza nemmeno accorgercene. Sono tempi strani, siamo gente strana. Faremmo di tutto per liberarci dalle regole che, a dir nostro, ci soggiogano e ci pesano. Ci vorremmo liberare a tutti i costi dal peso delle leggi assurde... dopo però non ci accorgiamo che qualcuno controlla i parametri del nostro ragionare, delle nostre emozioni, persino riempie il nostro tempo. Evidentemente anche queste sono forme di dipendenza dalle persone. In più: scappiamo tanto da dei regolamenti e simili e invece con così tanta facilità ci lasciamo schiavizzare da falsi maestri, da personalità forti, che mettono in moto i plagi, le manipolazioni... Non si sa più che posizione occupiamo: siamo liberi e liberamente scegliamo oppure "liberamente" entriamo nei meccanismi di dipendenza? Vorremmo mettere sottosopra il mondo, per rivendicare la libertà, e intanto mettiamo sottosopra il concetto stesso della libertà. Si, sottosopra mi piace... ma solo nella versione di Gesù: chi è più grande, non ha bisogno di gridare la sua grandezza, perché il servizio lo libera da ogni schiavitù e tentazione di potere. 




domenica 5 marzo 2017

Nessuno si salva da solo

Vorrei contare (ma mi perdo!), tutte quelle volte che di fronte ad un qualcosa che mi dà particolarmente fastidio, anche solo nel pensiero mi scappa la fatidica frase "sicuramente non è colpa mia". Si, purtroppo funzioniamo molto così: invece di guardare la realtà dei fatti che accadono quotidianamente, anche qualora non si trattasse di un male vero e proprio, facciamo di tutto per far scomparire quello spillo che ci punge e ci parla di una nostra responsabilità, probabilmente on adempiuta.  Se ognuno di noi guarda alla fine della giornata, per riassumerla in un ringraziamento e in uno sguardo di verità su se stesso, come dovrebbe accadere nell'esame di coscienza, si accorge, quante tentazioni, piccole o grandi ci sono nelle pieghe della nostra vita. Quante volte, soprattutto nelle nostre relazioni, siamo portati a trascurare il fatto che le scelte che facciamo, non sono solo scelte per noi, ma si ripercuotono necessariamente su chi ci sta intorno. Credo che questo sostanzialmente sia il messaggio che scaturisce dalla Parola di Dio che ci viene donata oggi. Il digiuno, la fame, e probabilmente qualche altro disagio che Gesù prova e di cui non ci parla il testo biblico, non diventano per Lui scuse per nascondersi dalla propria responsabilità. Anzi, si mostra capace di considerare profondamente le proposte che gli vengono fatte. Non evita il confronto con ciò che gli si presenta davanti, non rifugge dalla prova. Perché per assurdo è proprio dove ci lasciamo sfidare, creiamo spazio per considerare in profondità la risposta che la nostra debole umanità può dare. Delle volte, se riusciamo a fare questa operazione, che richiede molta attenzione alle dimensioni della nostra interiorità, ci accorgiamo che da soli non ce la facciamo di fronte alla tentazione. E allora dovremmo cercare aiuto. La sapienza, non solo quella che viene dalla fede, ma anche dalla vita umana, ci dice, che delle volte aprire il cuore a qualcuno basta per allontanare immediatamente la tentazione. Si, perché siamo fatti per la relazione. E dove il rischio di staccarsi da Dio comincia ad essere reale, ci vuole qualcuno attraverso cui Dio ci ama (quindi non uno a caso). Nel suo atteggiamento di accoglienza, ci riporta alla luce, perché, come diceva don Pino Puglisi, concretamente Dio ci ama sempre attraverso qualcuno. 
Dunque, la tentazione di scaricare la colpa sull'altro, come fa Adamo con Eva e come d'altronde fa Eva con il tentatore, si frantuma quando consideriamo la nostra insufficienza. Solo la considerazione della nostra incompletezza ci riporta alla responsabilità personale. Io sono responsabile per ciò che accade, io devo dare la mia risposta, nella misura in cui posso e so farlo. Quando mi sento troppo debole, ho sempre qualcuno a cui chiedere aiuto, o meglio, ho sempre Dio a cui chiedo aiuto, che può essere anche una presenza amica. Nessuno infatti nel mondo e nella storia è il solo responsabile per il bene o per il male che accade. E nessuno si salva da solo.


mercoledì 1 marzo 2017

una Quaresima di facciata

Hai presente quando un edificio ha una bella facciata? Sei attratto ad entrare. Tipo la cattedrale di Palermo. Stupenda, dall'esterno meravigliosa, pure con una bella facciata. Ma poi entri e dici: oh mamma mia... e dove sta tutta questa bellezza che ho visto fuori? Si tratta praticamente della coerenza. Una cosa è entrare in una struttura. E un'altra è entrare in una dimensione. Si, perché la quaresima è decisamente una dimensione, che però si costruisce. Tu entri nella quaresima e cominci ad edificare, ad arredare... La facciata della quaresima sei tu. Tu entrerai dentro e man mano si vedrà che facciata ci sarà. La vera vicinanza con Dio, (sostanza dei quaranta giorni che stiamo iniziando), che necessariamente è purificazione, la si vede dal volto della persona. Chi nella vita si è lasciato portare nel deserto, purificare, se vogliamo parlare con un linguaggio più attinente alle scienze umane, chi ha saputo mettere in moto i meccanismi della resilienza, consapevole di vivere alla presenza di Dio, ha un volto trasfigurato. E questo perché la sua "facciata" si è costruita in seguito all'arredamento dell'interno. Difatti, c'è una camera interna, quella stanza segreta, dove il Padre vede, dove abita, illumina, rinnova, ama. Lì ritorna a noi la consapevolezza di un Volto che è sempre rivolto verso di noi, di quegli occhi che sempre sono su di noi, facendoci sentire desiderabili e unici. Da lì si attinge la luce, lì si attende il terzo giorno, quello della risurrezione, anche in mezzo alla morte, che comunque sempre si rivela solo apparente o momentanea. La facciata dunque riflette tutto ciò: il tempo, la sua stratificazione, la bellezza dell'incontro nella stanza più interna. E può essere una stanza deserta, una che frequentiamo poco, che forse ci mette un po' di paura, quando vi entriamo. Ma solo entrando lì e possibilmente tornandoci spesso, se non rimanendo proprio, la facciata si costruirà coerente con l'interno. E la vita diventerà tutta una quaresima: anelito costante di stare al cospetto di Dio e di non staccarsi mai da Lui. Mai per se stessa, però. Alla fine e in mezzo ad ogni quaresima, c'è una missione: trasformare tutte le facciate che incontriamo. E quando queste saranno illuminate dall'unica Luce necessaria, lo sapremo: il cuore è pronto, sta risorgendo.