sabato 24 aprile 2021

sembra il cinese

Gv 6,60-69

E' vero che a ciascuno di noi è capitato nella vita di leggere o ascoltare qualcosa che sembrava completamente incomprensibile, per dirla come siamo soliti dire "sembrava il cinese"? Possono essere state lezioni di matematica, discorsi scientifici, la Divina Commedia, scritta in un italiano difficilmente comprensibile oggi, può essere stato qualcuno che ci assegnava un compito difficile... può essere stata la Parola di Dio. Di fronte a certe cose incomprensibili, facciamo molto presto a convincerci, che "tanto non le capiremo mai". Questa convinzione, specie negli adulti, diventa presto un'accomodante scusa per non affrontare un discorso, oppure per non crescere, per non realizzare i propri sogni... "Eh, troppo difficile, c'ho provato ma niente". 
Alle volte manca la pazienza, altre volte manca l'autostima, altre ancora manca l'umiltà per chiedere l'aiuto... Ciascuno di noi ha le proprie scuse. Ovviamente senza generalizzare, tenendo presente che tutti abbiamo dei limiti oggettivi, perché siamo umani. Ma ci sono delle cose nelle nostre vite, che hanno questa sfumatura di una sorta di nostalgia. Il sapore di quella resa che abbiamo deciso troppo presto. Il sapore di qualche cosa che ci siamo preclusi e che, mentre da un lato lo giustifichiamo, ci crea dentro quel sentimento di malinconia per qualche cosa che ci manca. Se sbirciamo nel nostro cuore, probabilmente lo troviamo con facilità. 
I discepoli nel Vangelo di oggi fanno proprio così. Ascoltano la Parola di Gesù e costatano che essa è "troppo dura" e che non si può ascoltare. La sorpresa sta invece proprio nel superamento di questo dubbio. Il sentimento dell'impotenza di fronte a qualche cosa che non capiamo, è spazio di fiducia, se lo accogliamo. Così anche la stessa parola di Gesù: sembra pesante, lontana, sembra cinese. Eppure, se ci fidiamo e se semplicemente rimaniamo con essa, potremmo scoprire un giorno che essa, più spesso è frequentata, più comincia ad parlare alla nostra vita e a penetrarla in profondità. E' così perché la Parola è per noi la presenza stessa del nostro Dio, la Parola è viva ed è efficace anche laddove il nostro intelletto non riesce a seguirla. La parola d'ordine resta: fiducia! Dio può rendere fruttuoso anche ciò che noi non vediamo efficace. 

lunedì 19 aprile 2021

quali relazioni?

Gv 6,22-29 

Il Vangelo di oggi sembra darci l'occasione per una verifica semplice e chiara, delle nostre relazioni. Gesù non la manda a dire. Mentre è chiamato a "fare i discepoli", per cui avere seguaci dovrebbe per lui essere un segno della riuscita della sua missione, sa distinguere una sequela vera da quella "interessata". Voi mi cercate perché avete mangiato... E noi? Perché cerchiamo veramente Dio? Per caso lo cerchiamo solo e perché è in grado di fare dei miracoli per la nostra vita? Lo cerchiamo perché abbiamo bisogno che qualcuno sazi una nostra fame (che in diversi periodi della vita può essere diversa)? E poi, scendiamo ad un livello più "basso". Che relazioni abbiamo? Quante delle nostre amicizie sono dei veri scambi, gratuiti, disinteressati, pronti al sacrificio senza ritorno? Quanti rapporti invece, anche molto sottilmente, si basano sul reciproco appagamento dei bisogni, tante volte inespressi e sottili? Sono riflessioni da fare con cognizione di causa. E' chiaro che qualsiasi nostra relazione è basata sul bisogno che tutti abbiamo, di essere amati. Ma forse la domanda è: amati come? Gesù dona gratuitamente la sua vita per noi. Puntualizza perciò, che non ha bisogno di seguaci che vengano dietro a lui solo perché lui "dà loro da mangiare". E noi? Sappiamo scegliere quelle relazioni che hanno il sapore della gratuità e non quelle che convengono? 




giovedì 15 aprile 2021

l'alto o il basso?

Gv 3,31-36

Molto curiose le parole di Gesù nel Vangelo di oggi. Sembra che stia facendo delle distinzioni tra quel che appartiene "all'alto" e "al basso". Per cui chi viene dall'alto è al di sopra e chi viene dalla terra, appartiene alla terra. Due possibilità, o dall'alto o dal basso. Tuttavia poi guardiamo Colui che ci dice queste cose... Dio, quindi proveniente figurativamente dall'alto ma anche uomo, per cui appartenente alla terra. Questa è la grandezza del nostro Dio, che non troveremo da nessun'altra parte, è un Dio incarnato. Egli appartiene al cielo, difatti parla del suo legame indissolubile col Padre, ma appartiene anche così tanto alla terra, che si lascia seppellire nel grembo di essa, dopo la morte del suo corpo umano. Come dunque è con noi, che siamo i figli adottivi, fratelli del Figlio? Certamente non nello stesso grado, ma anche noi apparteniamo al cielo e alla terra. La nostra vita, a discapito di tutto ciò che qualcuno vuole dire, non è determinismo. Il nostro "essere della terra" è bello proprio perché illuminato dalla nostra appartenenza alla patria celeste. E il nostro "essere del cielo" santifica la nostra dimensione terrena. Come la santifica? Attraverso le scelte che facciamo tutti i giorni e che possono appunto appartenere alla cosiddetta bassezza oppure ad una prospettiva alta, quella di donne e uomini della risurrezione. E non si tratta di chissà quali decisioni, si tratta delle piccole cose di ogni giorno. Attraverso le mie azioni, i miei atteggiamenti io comunico un'appartenenza, comunico il cielo o la terra. Torniamo a dire: tutto ciò non è predeterminato, ma ogni mio moto interiore, che sia pensiero o emozione, è soggetto a ciò che la mia volontà farà con esso. Decido tutti i giorni cosa fare con la mia gioia (se esprimerla, condividere, o tenere per me), cosa fare con la mia rabbia (se trasformarla in un'energia buona oppure ferire gli altri), con i miei pensieri creativi (se reprimerli oppure sfruttarli per il bene mio e degli altri) e potremmo moltiplicare gli esempi. Questa è la distinzione tra l'alto e il basso, nella nostra vita, nei fatti. 

mercoledì 7 aprile 2021

fingere per comprendere

Lc 24,13-35

Un Vangelo molto conosciuto e anche molto letto, quello di oggi. Se vogliamo accostarci alla Parola di Dio, lasciando affiorare i nostri stati d'animo, permettendo così alla Parola di toccarci nel vivo, allora vi racconto oggi un mio stato d'animo. Un po' mi scoccia vedere Gesù che si accosta ai due discepoli, fingendo di non conoscerli e di non sapere nulla di quello che egli in prima persona ha vissuto nei giorni precedenti. Insomma, a cosa serve fingere? Perché prenderli in giro? E' chiaro che Gesù sa molto più di loro di quello che è successo. Conosce i fatti, ne è protagonista, ma ne conosce anche il senso profondo, quello sconosciuto ancora per i più. Ed è proprio la sensazione di insicurezza e di sconosciuto, che fa allontanare i due da Gerusalemme. Forse Gesù voleva sapere cosa pensavano? Mah, magari lo sapeva già... Sì, Gesù fa finta. E' una finta che servirebbe ogni tanto anche a noi... Gesù si rivela capace di andare oltre persino alla piena comprensione dei fatti, quella che ha proprio lui, per... ascoltare chi ha davanti. Cosa di cui spesse volte noi non siamo capaci. Molto, molto più di frequente, noi ci portiamo dentro una nostra "verità" e non soltanto non sappiamo lasciarla un attimo da parte, ma persino la vogliamo imporre ad altri. Il Signore fa un'operazione meravigliosa: costringe i due fuggitivi a parlare e raccontare l'accaduto, a tirare fuori ciò che hanno dentro, a contestualizzarlo e infine a dargli una luce nuova, luce talmente forte, che infine si aprono i loro occhi per riconoscere che lui è quel Maestro. Sì, davvero è un'operazione da maestro, questa. Saper fingere di non sapere, per poter comprendere il punto di vista e ciò che a proposito dell'accaduto, vivono coloro che egli interroga. Grazie a Dio anche a noi capita di darci il lusso di ascoltare il racconto di qualcuno. La domanda è: per quale motivo ascoltiamo? Per dare, come detto sopra, la nostra risposta e interpretazione oppure per comprendere l'altro? Il pericolo è molto chiaro: dando la risposta noi ci sostituiamo alla persona che vive e interpreta i fatti. Cercando di comprendere, possiamo dare una sfumatura, una nuova luce. E diventare così aiuto in un vero e proprio discernimento, come quello che devono fare i due, per scendere fin nelle profondità del loro cuore e sapere che direzione prendere: fuggire da Gerusalemme oppure... tornarvi, fidandosi di Dio. 





martedì 6 aprile 2021

toccati senza trattenere

Gv 20,11-18

Povera Maria... va a trovare il suo Signore, e non lo trova. E non può essere diversamente. In realtà Maria va ad incontrare un personaggio che non è realmente il suo Signore, ma lei non lo sa ancora. Infatti, fino alla Pasqua è difficile che si capisca chi davvero sia Gesù. Lo si intuisce, ma che sia davvero Dio, non si sa, anche perché finché la risurrezione non rivela il Dio della vita, chi cammina anche affianco a Gesù, non comprende ancora chi sia Dio. Ebbene, su questa scia, Maria cerca un cadavere. Vuole vedere questo corpo ormai senza vita. La sicurezza che le darebbe, vedere il corpo di Colui che è il suo Signore, è direttamente proporzionale all'attaccamento che noi abbiamo al materiale, attaccamento giusto, perché non viviamo solo dei moti dell'anima ma anche della nostra corporeità, per cui, specie dopo la morte, è normale che noi andiamo al cimitero, cerchiamo il luogo fisico, dove abbiamo deposto il corpo della persona scomparsa. La fisicità ci dà sicurezza, ci parla di una presenza. E fin qui tutto OK. Se non che questo Signore, non è un cadavere, ma è il Vivente. Maria cerca il morto e ritrova nel corpo glorioso di Gesù, Colui che vive per sempre. E solo lì riesce finalmente a riconoscere chi Egli è davvero. Ma ancora, per la stessa esperienza del bisogno della fisicità, vuole che Egli si fermi con lei. E Gesù ribadisce chiaramente: non mi trattenere. La traduzione latina direbbe: non mi toccare. E' lui che tocca. Sì, l'esperienza di Dio e del Dio risorto, è sfuggente, sfuggente per i nostri sensi, per la nostra razionalità, per le nostre categorie. Non possiamo trattenerla, in due sensi. Non possiamo racchiuderla nel nostro intelletto, ma non possiamo nemmeno tenerla per noi. Ecco perché, dopo essere stata sfiorata dalla Nuova Vita, Maria deve correre ad annunciarlo. Va' dai miei fratelli e dì loro! (...) Hai fatto esperienza dell'incontro, del tocco di questa Esplosione di Vita? Vai, annuncia, parla, comunica! Spesso dopo le feste si dice: "e vabbé, finite anche queste feste". Cadaveri sepolti. Qualcosa inizia e qualcosa finisce. Invece Pasqua non è questo. Pasqua è: ora inizia la festa, ora inizia la vita! Probabilmente, nella chiusura delle nostre case, forse fatichiamo a viverla così. Ecco dunque la vera sfida: ciò che comunichiamo a chi ci sta accanto. Comunichiamo un'altra festa che è finita o comunichiamo il Festeggiato che ci promette la vita senza fine? Ecco l'invio missionario, pur restando in casa: non trattenere l'esperienza di essere stati toccati da Lui. Comunicarla, anche nelle dimensioni spicciole della nostra vita quotidiana.