domenica 17 dicembre 2023

Amare quello che non siamo

Gv 1,6-8.19-28

Viene sempre un dubbio quando ci attribuiscono cose che in fondo sappiamo che non ci appartengono. Ci sentiamo confusi. All'istante incomincia la lotta tra quello che siamo e quello che non siamo. Spesso quando sentiamo delle cose buone sul nostro conto, anche se non vere, c'è quell'attimo in cui dobbiamo fare un respiro profondo per dire: no, io non sono questo (senza cadere poi nella falsa umiltà, ovviamente). Esattamente così fa Giovanni Battista, quando dice chiaramente che non è il Cristo. Nel profondo del nostro essere vorremmo che il bene che alle volte si dice di noi, ci appartenesse. Qualcuno può chiamarlo superbia e forse alle volte lo è. Ma forse è anche il "sintomo" del nostro tendere sempre verso l'alto, verso Dio. Credo che se il nostro desiderio è essere più virtuosi, ammirati ecc., è solo perché ancora non conosciamo il bene che in noi è stato deposto e di conseguenza non amiamo ciò che siamo e... ciò che non siamo. Saper essere "voce" che annuncia la Parola e sapere che questa voce ha dei limiti. E che se la voce è fragile, è invece infinitamente forte la Parola, che l'amico dello sposo è presente, ascolta, ma esulta quando risuona la voce dello Sposo. Ed ecco la responsabilità per la nostra felicità. Non corriamo dietro a delle false identità, proposte da chi ci vuole diversi, "migliori", anche da chi, per gratificarci, ci dice delle dolci parole. Perdiamo invece un po' più di tempo per conoscerci ed amarci. Forse in questo nuovo anno, per amarci un po' di più.

mercoledì 22 novembre 2023

ho molto e avrò di più

 


Lc 19,11-28

Non sembra giusta questa storia. Noi gridiamo che ai poveri bisogna donare quello che a loro appartiene, quello che a loro manca, quello che non hanno. Cioè a chi non  ha bisogna dare, e così finalmente avrà, non, come dice il brano di oggi a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quindi, come la mettiamo? Si ripresenta sempre la questione della gestione. C'è chi ha poco ed è felice, e chi ha molto e non lo è. C'è chi è in grado di moltiplicare il suo poco e moltiplicare il benessere, attraverso una vita semplice e onesta, invece c'è chi riduce il suo tanto, sperperandolo. Chi è allora realmente colui che ha molto? E' colui che per questo molto ha molto lavorato. E non è questione di quantificazione. Il mio molto non è lo stesso tuo, eppure nessuno può mettere in discussione che sia molto. Siamo una piccolezza e un poco che è chiamato ad essere molto, secondo la propria misura, quella molto personale. Questa è precisamente la ragione per cui a chi ha, sarà dato di più. Attenzione non dice: a chi ha molto, ma semplicemente a chi ha. Per non cadere nella contabilità. Ma se tu "hai", ne sei consapevole e te ne prendi cura, di quel che hai, avrai in abbondanza, perché lo vivrai in profondità, godendone appieno, e non devono essere per forza i beni materiali, ma anche i tuoi doni naturali. Se invece non hai , cioè non prendi consapevolezza di ciò che è tuo e di ciò che fa sì che tu sei tu, sarai sempre più povero, ti sentirai sempre più vuoto. Tutto sta nel guardarci dentro e vedere cosa abbiamo, per avere di più. 






sabato 22 luglio 2023

vedere e correre

Gv 20,1-18



Cara Maria Maddalena, grazie. La tua compagnia oggi mi ha ricordato quanto segue: ogni volta che io dico "ho visto il Signore" dovrei sentire quel calcio nel sedere che mi catapulta nel mondo per due motivi. Uno: per testimoniare, perché averlo visto davvero non ti permette di stare fermo, ma ti spinge verso gli altri. Avere gli occhi pieni di Lui, fa sì che uno è spinto interiormente a condividere questa luce, che emana dagli occhi, quando tu l'hai visto. Due: per imparare finalmente che il vedere il Signore non è un'esperienza singola, ma è quel momento a partire dal quale noi possiamo essere ogni giorno più capaci di vederlo all'opera nel mondo, di trovarlo dovunque andiamo, se solo lo vogliamo. Sì, l'incontro ci apre gli occhi, perché nell'incontro c'è lo Spirito, che Agostino chiama amore tra il Padre e il Figlio, lo stesso amore che fluisce nel vero incontro dell'uomo con Dio.

domenica 9 luglio 2023

abbandonarsi


Mt 11,25-30 

Infanzia e anzianità. Due fasi della vita in cui siamo o diventiamo dipendenti da qualcuno. Due fasi particolari della vita, importantissime. Qualcuno dirà: bella l'infanzia, brutta la vecchiaia. E qui ci sarebbe da riflettere tanto. Ci sono i pro e i contro in ogni fase della vita, dipende da come guardiamo la vita stessa. Di certo c'è una cosa felice che accomuna le due fasi e cioé la capacità di prendere l'esistenza con semplicità, proprio esattamente come quando ci si deve abbandonare a qualcuno, perché si è coscienti (più o meno) che da soli non ce la si fa. Ecco che risuonano intanto le parole di Gesù: senza di me non potete far nulla. Ma ecco che salta fuori anche il Vangelo di oggi, da comprendere bene. Gesù non sta esaltando il Padre perché egli effettivamente e attivamente ha rivelato qualcosa ad alcuni e ha nascosto queste cose ad altri. Lui sta lodando il Padre, perché vede che ci sono persone che hanno deciso di vivere una vita semplice, trasparente e per questo hanno spazio dentro di sé per accogliere Dio e le sue logiche, molto di più di chi si vuole scervellare per "capire Dio". La benevolenza di Dio decide per noi la possibilità di vivere fino in fondo le sue logiche, così poco logiche per noi, se noi ci lasciamo guidare, nella semplicità e togliendoci man mano le sovrastrutture che negli anni della vita ci costruiamo. E allora, semplici come bambini o come anziani, ci lasciamo guidare, fino a conoscere sempre meglio Dio stesso. 

domenica 4 giugno 2023

il segreto della felicità

Gv 3,16-18


Mi fa tanto bene al cuore, immaginare questa scena di Gesù e Nicodemo in un colloquio notturno e pensare come risuonano le parole che dice. E' come se stesse affidando a Nicodemo il segreto della felicità, in questo momento di intimità. E' come se stesse svelando appunto a lui, il segreto della Trinità che festeggiamo oggi. E, a quanto pare tutto questo, è molto più semplice di quanto ce lo potessimo immaginare. Perché, suggerisce Gesù, la felicità non dipende da ciò che facciamo nella vita... ma prima delle opere viene una relazione o forse più relazioni. Il Figlio infatti è stato donato a noi, non perché noi ci sentissimo inferiori davanti a lui e quindi frustrati, perché imperfetti, ma per scorgere la luce che viene da Lui e... accoglierla, sceglierla ogni giorno di nuovo (non una volta per tutte, eh!). Una relazione con Lui, con loro Tre... una relazione luminosa, che poi rende tutte le relazioni più luminose, dopo influisce anche sul nostro fare: appunto, perché chi è nella luce, le sue opere sono luminose. Non hanno bisogno di essere perfette, come la persona non ha bisogno di essere "all'altezza", perché sperimenta la felicità nell'essere il massimo di quello che è, con semplicità e schiettezza. E qui si realizza la salvezza operata dal Figlio: nel nostro essere felici, perché la gloria di Dio è l'uomo vivente. Non so se Nicodemo ha capito... non so se ho capito nemmeno io! Del resto la felicità è un cammino che mai finisce in questa vita. Buon cammino a noi, allora, verso la felicità eterna!

sabato 8 aprile 2023

la trepidazione nuziale del Sabato

Oggi è il giorno femminile, giorno di Maria...e provo ad immedesimarmi con i suoi sentimenti, a darle voce:
Ieri camminando dietro a Lui e soffrendo mi ricordavo che doveva essere una sola la spada ad attraversare la mia anima. Lì sembrava invece che ogni passo verso quella Croce che lo attendeva fosse già una spada. L’ho seguito in questi anni di nascosto, ma senza perderlo dalla vista e ieri... finalmente tra la folla sono riuscita ad avvicinarlo. E volevo dire tutto e non riuscivo a dire nulla. Non riuscivo nemmeno a sostenere il suo sguardo ma non potevo distogliere il mio dai suoi occhi. L’avevo perso diverse volte nella vita, ieri l'ho perso un’altra volta, sentivo che con la sua sofferenza il mio cuore stava per scoppiare. E forse avrei preferito che scoppiasse il mio piuttosto che il suo. 
Mio Dio, oggi come ieri, non so come gridare di modo che nessun altro senta, se non Lui. Ora che la vita di questo Figlio, frutto della mia vita in ricerca costante delle tue vie, ha compiuto ciò che io oggi non comprendo ma accolgo, sicura di te, concedimi di essere presente a Lui, a me stessa e al mondo... Lui è Dio, sì. Non comprendo come possa morire Dio e in che maniera potranno compiersi le promesse date ai Padri che l’Angelo mi ha ribadito quel giorno. O Dio che solo conosci le vie per le quali guidi le nostre vite, la vita del mondo e dei tuoi figli, non permettere che la sofferenza chiuda ora la porta del mio cuore. Rendilo invece ancora più aperto e disponibile a camminare sulle tue vie, ad essere “abbandonata” per amore. 
Non so come ho avuto la forza, quando l'hanno deposto dalla croce, di tenerlo tra le braccia. Volevo tanto farlo rientrare nel mio grembo, dove potesse stare al sicuro come in quei nove mesi di tanti anni fa. Si, anche ieri, nel mio grembo, questo frutto maturato e consumato. Figlio mio, cosa devo fare ora io, quando tu, che sei tutta la mia vita, sei venuto meno? In che cosa sperare? Questa mia vita ora sospesa, perché desiderosa di allontanarsi dal mondo insieme con te, ma tuttavia ancora presente, non sa se non il presente. Mi ricordo la mangiatoia di quella grotta a Betlemme... e il mio cuore si riempie di gratitudine verso Giuseppe, che ha messo a disposizione questo sepolcro, in modo che almeno la sepoltura non fosse umiliante. Mi sembrava ieri di tornare a casa senza il cuore, rimasto lì, con lui. Oggi tutto tace. Ma in questo silenzio, stranamente, il sole splende. “Ecco tuo figlio”, mi ha detto... quasi come mi volesse dire che non lo perdo, che è ancora lui ad orientare la mia vita. Non so spiegare a parole ciò che sento. La sofferenza fusa con la speranza in qualche maniera genera ancora vita...
C'è una trepidazione nel mio cuore... se ci penso, è la stessa del giorno prima delle mie nozze con Giuseppe. Strano. Il mio volto è gonfio da tanto pianto, i muscoli del mio corpo contratti dalla sopportazione dell'angoscia. C'è una tensione che inizialmente ho interpretato come risultato della sofferenza. Ma il mio corpo e qualche strana intuizione dentro mi dice che non è così. Devo credere quel che la memoria del cuore mi restituisce? Devo credere che è trepidazione nuziale? Le lacrime hanno purificato il mio essere... mi hanno resa pronta un'altra volta a riaprire la mia vita, il mio cuore, il mio grembo. Sposami, o Dio dei miei padri, se è vero ciò che sento, sposami e legami per sempre al tuo progetto d'amore. Scende già la sera...Fa' che il talamo nuziale sia pronto e ne sgorghi la luce di una nuova VITA.

venerdì 7 aprile 2023

Venerdì Santo puoi...

Questa settimana è santa. Così la chiamiamo, perché crediamo che ogni suo giorno è carico di messaggi spirituali che ci guidano verso la verità sulla nostra vita, tanto da noi temuta, quanto desiderata: la verità che siamo fatti per la vita, per la vita eterna. Questa settimana, come vediamo nella Parola che ci accompagna, Gesù vive un ventaglio direi completo dei sentimenti umani. E' dunque santa, perché mette a fuoco tutto ciò che è umano e assunto da Dio, fino al punto in cui ci sembra di vedere una separazione provvisoria, appunto dell'umano dal divino, in Gesù, per rendere possibile il ritorno grande e definitivo dell'umanità a se stessa, cioè a Dio. Mentre Gesù sulla croce spira, restituisce l'alito di vita, donato all'inizio dei tempi al primo uomo, al Padre, per significare che dopo questo resta solo la risurrezione, che completerà l'opera di Dio in noi. Mi viene da gridare allora GRAZIE al Signore, che mi chiama verso la sua croce, per rivivere con lui tutti i sentimenti umani, fino al ritorno fecondo di ogni cosa al suo posto! Si, tutti i sentimenti, anche quelli che contrassegnano la fragilità della creatura umana. Perché dov'è il suo posto, se non proprio qui: tra la morte e la risurrezione, nel già e non ancora? La fragilità mi rimanda alla possibilità o forse alla necessità della morte e così mi apre alla Pasqua! Senza la fragilità che sperimento e che posso accogliere, io non ho bisogno della Pasqua. Se non l'accolgo come mia condizione normale, non potrò resistere alla tentazione del fai-da-te, quella stessa che raggiunge Gesù quando lì sulla croce gli viene detto di scendere, se ne ha il potere. Si, Egli accoglie il raggio della fragilità, illuminazione grigia del momento in cui non c'è nulla da fingere e quindi anche Dio grida il suo sentirsi abbandonato... Si, perché in quel buio di mezzogiorno Dio si rivela, nello squarciarsi del velo del Santo dei Santi, luogo riempito della sua presenza. E forse luogo da cui liberare finalmente i sentimenti di finta riverenza e distanza e lasciare che Dio entri ancora nel mondo, nel nostro grido di aiuto. Alcuni studiosi dicono appunto che il grido di Gesù è espressione del momento in cui le sue due nature hanno sperimentato più divisione. Non sappiamo... ma una cosa è certa: Venerdì Santo puoi... puoi permetterti di sperimentare la divisione tra quei contrasti che ti abitano: tra la forza e la debolezza; tra la decadenza e l'ascesa; tra la bellezza e la bruttezza. E puoi sentire la misericordia che ti invade e riunisce in te tutto ciò che sei. Venerdì Santo puoi finalmente domandare: perché mi hai abbandonato?, nella consapevolezza di essere amato, finalmente senza paura di rivelare con la domanda la tua debolezza, il tuo non essere arrivato. Venerdì Santo puoi ammettere che sei anche tu un discepolo impaurito che fugge; che sei anche tu Pietro che pur sentendosi guardato e visto, rinnega; che sei anche tu Giuda che tradisce, Pilato a cui non importa altro che mantenere calmi gli animi, e non vuole prendere posizioni; Erode che sa ridurre al nulla la persona umana; Barabba che se ne approfitta della morte dell'innocente; folla che sragiona. Si, puoi dirlo: anche io e te siamo tutto ciò. Puoi ammetterlo e prenderne coscienza, perché quel sangue che sgorga dalla croce ti dice: ti amo proprio così, e ancora, e ancora... E, presa coscienza di quello che sei, puoi essere anche tu un raggio della luce. Passa ora al secondo giorno, quello in cui le donne in silenzio preparano gli unguenti e i profumi, sostanze che accompagnano lo sposalizio della risurrezione. Prepara nel silenzio la tua vita alla risurrezione da ciò che ti impedisce l'unione con lo sposo. E apri, apri, non rinchiuderti più nel sepolcro, appesantito di ciò che sei. Solo credi che sei amato così come sei.  "Fagli spazio nel tuo disordine"...Da oggi, per sempre, tu puoi...




giovedì 6 aprile 2023

il sapore del pane

Giovedì Santo

La fame. Una condizione del nostro corpo che noi, da questa parte del mondo conosciamo oggi poco, ma forse in questa quarantena segnata dal calo economico, qualcuno un po' di più... Per la maggior parte conosciamo il languorino che si fa sentire quando il livello di zuccheri nel nostro sangue si abbassa a tal punto da segnalare al nostro sistema nervoso che bisognerebbe mangiare qualcosa. Ma in fondo è più questo: vedi di mettere qualcosa nello stomaco. Non: cerca qualcosa da mangiare altrimenti muori. E penso a tutti quelli che al Sud del mondo non sanno cosa sia il languore, perché non conoscono la sensazione della sazietà. Si sa, le due cose vanno in coppia, come molte altre nella vita, e senza conoscere una non puoi conoscere o accorgertene dell'altra (tipo il cieco nato non sa cosa significa vederci). Mangiare significa alla base una cosa: vivrai ancora (fisicamente). Mangiare in compagnia significa: vivrai ancora da persona umana, in relazione. Dar da mangiare è l'espressione più basilare dell'affetto, come fa la madre col suo figlio appena nato. Dar da mangiare se stessi significa: io ti amo e farò di tutto affinché tu non muoia, a costo di sacrificare me stesso. Questo è esattamente quello che fa Dio per noi. E lo fa proprio perché delle volte non sappiamo nemmeno di avere fame. Oggi è giovedì santo. Cristo si spezza per noi, per ricordarci la nostra fame. Si presenta sul piatto della mensa, sperando di risvegliare la nostra fame di Lui, della pace, della fratellanza. Per ricordarci quel sapore del pane fresco, genuino, che riveste la nostra vita di sentimenti di serenità, di reciproca accoglienza. Oggi è la giornata per tenere in bocca, e nella nostra memoria affettiva il sapore del Pane spezzato per noi. Possiamo guardarlo, possiamo sentire il profumo, possiamo infine sentire il suo sapore, assaggiandolo o divorandolo, secondo la misura del nostro "digiuno". Buon giovedì santo, allora, dal sapore del pane che sa di un'infinita nostalgia della vita. 

domenica 2 aprile 2023

innamorarsi o amare?

E' Domenica delle Palme...
Ci viene data un'abbondanza e una pregnanza straordinaria della Parola di Dio. 
E' vero, questi stessi Vangeli li sentiamo ogni anno, ma la nostra vita è sempre nuova per cui ci parlano sempre in una maniera nuova, se ascoltiamo col cuore. 
Mi soffermo solo brevemente sull'ingresso di Gesù a Gerusalemme e sulla domanda che forse tante volte abbiamo sentito porre. Come fa questa gente a cambiare di 180 gradi, in giro di pochi giorni? Osannare Gesù questa domenica per poi urlare "crocifiggilo" nemmeno una settimana dopo...  
E mi torna nel cuore la differenza tra gli innamorati e gli amanti. Chi è innamorato, idolatra l'altro, lo idealizza, lo esalta, gli corre dietro, cerca di osannarlo, appunto, dà sfogo alle sue emozioni.
Ma l'innamoramento passa presto. Improvvisamente tira un altro vento, qualcuno urla più forte, arriva la paura delle conseguenze che potrebbe portare con sé l'abbracciare l'oggetto del proprio interesse. Si comincia a prendere la consapevolezza che amare una persona comporta sacrificio e responsabilità. E quindi, siccome appare qualcun altro dietro cui andare, seguendo la folla, scegliendo una corrente facile, allora si va, e dopo 5 giorni si urla il contrario di quello che si gridava prima. 
Sì perché l'amore arriva dopo l'innamoramento. E arriva come scelta e decisione, quella presa ogni giorni. Arriva come desiderio del bene dell'altro e degli altri, perché nessun amore è esclusivo, ma è sempre generativo. L'amore arriva con l'accettazione della ferita, della sofferenza. L'innamoramento svanisce con l'emozione che ti prende e che passa. L'amore resta come sentimento del bene. 
La settimana santa è tutta improntata su questo. Gesù si consegna, perché ama, perché il voler bene delle sue creature, è duraturo e prevale su ogni altra cosa. Ciò che noi chiamiamo allora passione di Cristo, cioè racconto della sua morte, è una vera passione, che porta alla follia più grande, a dare la vita. Passiamo anche noi dall'innamoramento all'amore. In fondo, solo questo passaggio produce poi la risurrezione. 

domenica 29 gennaio 2023

ritorna a te

Mt 5,1-12


Guardiamoci. Siamo poveri da tanti punti di vista, piangiamo, siamo ingenui, rincorriamo la giustizia, siamo indulgenti, cerchiamo di perdonare, ci sforziamo di vivere onestamente, stringiamo i denti, cerchiamo di passare oltre tante cose... e c'è sempre qualcosa che non va.  Con tutto ciò, ci sembra di essere sempre in minoranza. Rileggiamo allora le beatitudini. Non siamo un po' tutti lì dentro? Davvero non possiamo rientrare in qualcuna delle categorie che Gesù presenta e di cui dice che la gente così è beata? E allora se ci vediamo invece nominati lì dentro, come è che noi non ci sentiamo per niente beati? Alle volte occorre scendere dentro al nostro cuore, ritornare dentro noi stessi e, invece di concentrarci sulla condizione di disgrazia che stiamo vivendo, verificare come la stiamo vivendo. Beati in questo Vangelo significa felici. Si può essere felici mentre si è in pianto, mentre si è miti, mentre si è perseguitati? 
Evidentemente sì. E noi delle volte commettiamo l'errore fondamentale, quello di fuggire non solo dalla nostra condizione di vita, ma anche da noi stessi. Sei mite? Questo ti ha creato un sacco di guai nella vita? OK, accetti il fatto di essere mite oppure preferiresti essere prepotente, arrogante, violento, per farla pagare a tutti quelli che si sono approfittati nel tempo della tua mitezza? Sei nel pianto? Accetti di dover piangere ora oppure cerchi a tutti i costi di mostrare la faccia dura e far finta che quel che dovrebbe far scendere le tue lacrime, non ti fa per nulla male? Dov'è la tua autenticità? La verità dell'uomo è che ognuno di noi ha qualche debolezza, difficoltà, lato ombroso. E mentre esso ci causa spesso vergogna, noi cerchiamo di fuggire, non far capire, non far vedere e... fuggiamo per tutta la vita dalla verità su noi stessi. E... non siamo mai felici. Invece, beati noi oggi se riusciamo ad essere  noi stessi, perché questa è la vera santità! E oggi penso quanto il cammino della santità stia proprio in questo: diventare sempre più, semplicemente noi stessi... per tornare alla vita vera, semplice, incondizionata e totalizzante nella sua semplicità: la vita eterna. Buon cammino di ritorno a noi stessi e all'eternità a tutti! 

sabato 28 gennaio 2023

Lasciarsi portare

Mc 4,35-41 
Quel momento in cui vuoi con tutte le tue forze fare qualcosa, proprio compiendo l'ultimo sforzo...ma le energie ti hanno abbandonato e sai che non ce la farai. Non si parla necessariamente di una cosa che riguardi la tua dimensione fisica. Alle volte non ce la fa più la nostra mente, il nostro spirito... è qualcosa di normale, essere fragili. E qui, proprio nella scoperta di non essere per nulla forti, che si cela la grande possibilità. Il tuo limite, la tua finitezza scoperchiano uno spazio in cui l'altro può prendersi cura di te e dei tuoi desideri. Non c'è nulla di più liberante del lasciarsi portare, sfornando dal profondo del nostro essere la fiducia. Per assurdo questo non significa per nulla la passività. Delle volte infatti, questo tipo di docilità, si trasforma in salvezza, per tutti. Per te che ti mostri debole e per gli altri, che, senza rendersene conto, hanno bisogno della tua gracilità. Da una parte sperimentano infatti l'universale necessità dell'essere umano di prendersi cura dell'altro. D'altra parte possono accorgersi, che nel momento in cui meno se lo aspettano, la tua fragilità calma le tempeste della loro vita. Così Gesù oggi. Vuole passare all'altra riva, ma non c'è altro modo che lasciarsi prendere così come era nella barca. E nel bel mezzo della traversata...ecco la tempesta. Il bisogno di Lui. Il bisogno di questo uomo spossato, che dorme così fortemente che non si sveglia nemmeno con tuoni, lampi e vento. La paura che non gli importi nulla del fatto che stanno morendo. Si, senza l'altro, anche vulnerabile e apparentemente incapace di dare nessun contributo, la paura della morte ci opprime. Abbiamo bisogno dell'altro e dell'alterità. Proprio di quell'Altro che dorme, che ci sembra lontano, passivo, sconosciuto. Quell'Altro che ha appena avuto bisogno di essere portato in braccio. Quell'alterità che sconfigge anche le nostre più potenti paure, nell'abbraccio delle due umanità che con Dio acquistano un'inaspettata forza. 




martedì 17 gennaio 2023

loro sì e io no?


Mc 2,23-28
Scommetto che ognuno di noi almeno una volta, da piccolo o/e pure da grande, ha detto oppure pensato queste parole: "ma perché io no e lui/lei sì?" Proprio quando noi avremmo desiderato una cosa, ma una "legge" più o meno esplicita ce lo nega, improvvisamente vediamo che a qualcun altro è permesso avere/fare questa stessa cosa. Mettiamo un po' a fuoco i sentimenti che portano a questo tipo di espressioni. Rabbia, senso di inferiorità, senso di ingiustizia, tristezza, sentirsi offeso, sminuito, voglia di vendetta, chiusura... e poi chi più ne ha, più ne metta. Facce come quelle dello struzzo in foto...! Spesso i sentimenti che si sviluppano tendenzialmente in queste situazioni, sono personalizzati, per questo ognuno di noi può guardarsi dentro per mettere a fuoco "i suoi". A cosa serve tutto questo? Ecco nel Vangelo di oggi quei maleducati di discepoli, visto che hanno fame, fanno una cosa che non è lecita: mangiano il grano che trovano nei campi. Non solo maleducati, anche impulsivi! Insomma, non potevano trattenersi un attimo, non sarebbero mica morti di fame se avessero aspettato un po' no? Sembra che tutto sommato lo sdegno dei farisei sia più che motivato... Ma noi stiamo parlando di una prescrizione della legge, cioè qualcosa che dovrebbe avvicinare l'uomo a Dio, elevarlo verso di Lui... siamo proprio sicuri che la gente affamata, ha tutto questo slancio spirituale? Siamo proprio sicuri che i discepoli sarebbero in grado di continuare a seguire il Signore, se non avessero rafforzato il loro corpo? Il riposo del sabato non è indulgenza dalla sequela di Cristo! Immaginiamo una bella domenica di relax... senza mangiare. Saremmo in grado di dire che è stata davvero una giornata di vero riposo, se ci privassimo del mangiare? Per noi il mangiare significa anche il cibo spirituale, l'inseguire la presenza del Signore. Così anche per i discepoli, avevano già intuito che qui c'era qualcosa di più delle leggi. O che qui c'era qualcosa che ridava alla legge la sua vera dimensione. Ma i farisei avrebbero rispettato la prescrizione della legge a tutti i costi... e vedendo i discepoli sono rimasti male, forse con tutto quel ventaglio di sentimenti che abbiamo elencato all'inizio. Forse con quella amarezza di chi in fondo sa benissimo che le leggi sono fatte per l'uomo e non al contrario, ma intanto preferisce la vuota osservanza, però non appena si presenta qualcuno che con il suo operato rende concreto e visibile il principio del primato da dare all'uomo, trova l'occasione per linciarlo, per cercare "i colpevoli" dei sentimenti negativi che abitano il suo cuore. E' la differenza tra il figlio e lo schiavo. Quando uno fa di se stesso schiavo della legge, non sopporta la presenza del figlio, che sa di essere amato e importante, più della legge. E questa differenza sta nella libertà: chi pensa sempre "perché loro sì e io no", forse ancora non è libero, forse non si dà la libertà di essere figlio, di dirsi che è più importante delle spighe di grano... Il pericolo è che chi resta schiavo, imponga poi la stessa schiavitù agli altri. Ecco perché in mezzo deve esserci il Signore. Perché solo Lui libera e ci permette di essere figli.