sabato 25 gennaio 2020

convertiti dal nemico

At 9,1-22
Hai presente quella medicina disgustosa che però sei costretto a prendere se vuoi guarire? Magari ancora non hai realizzato bene di essere malato, di aver bisogno delle cure...e già ti rifilano un farmaco schifoso da prendere, peggio ancora se per via orale, così gusti bene il sapore insopportabile... Dopo però guarisci e dici che ne è valsa la pena di averlo preso. Si, c'è qualcosa di nemico in questa guarigione. Tu non guarisci nel momento in cui ti sei accorto dalla malattia, sebbene questo sia il momento cruciale per il processo di ripresa. Invece ti riprendi quando cominci a ricevere la sostanza che sconfigge i batteri, i virus, distrugge le cellule malate. Paolo si era prodotto tutto un tessuto canceroso, che come spesso nei tumori, si attacca a qualcosa di sano, mascherandosi per tanto tempo. Finalmente il momento della diagnosi, si cade dal cavallo, ma non è ancora lì la conversione. Anzi, sembra uscirne ancora più confuso, come di solito capita anche nella vita. Ma c'è sempre un Anania, della squadra nemica, che tu hai stavi combattendo, quel medicinale ripugnante...Pronuncia le parole dell'accoglienza e tu torni sano. Cosa c'è nella mia vita, che istintivamente respingo, mentre forse nel profondo del cuore so, che, anche se indesiderato, potrebbe aiutarmi a fare un passo in avanti? Qual è la mia conversione di oggi e attraverso quale nemico può avvenire?

venerdì 10 gennaio 2020

il compiuto

Lc 4,14-22

Corriamo. Sempre corriamo. In qualunque direzione. Ripetiamo spesso: chissà dove corriamo? E continuiamo a correre. Come se fossimo dominati continuamente dal senso dell'incompiuto e quando raggiungiamo una, anche la più piccola meta, non ci possiamo fermare, ma dobbiamo aver già individuato dapprima un nuovo obiettivo e correre ed affannarci... Beh, in parte è normale. Ma in parte introiettiamo semplicemente il messaggio di tipo: devi rendere meglio e di più. Non ti fermare sull'obiettivo raggiunto, ma prosegui. Magari va anche bene... ma ti ricordi il Creatore cosa fece alla fine dell'opera della creazione? Si fermò e guardò, e vide che ciò che aveva fatto era cosa molto buona (es: Gen 1,31). Per quale motivo si fermò Dio? Non poteva andare avanti, proprio Lui che non ha i nostri problemi di potenziale possibilità di un esaurimento, che non fa errori ecc.? Si fermò, perché sapeva che riconoscere un obiettivo raggiunto e una cosa compiuta, va bene, che è un bene e che bisogna farlo. Ci ha insegnato così a farlo. Gesù nel Vangelo di oggi fa in parte proprio questa cosa. Legge delle parole che lo riguardano, non si sbilancia nei commenti. Legge e costata che sono parole che oggi si sono adempiute. E se si sono adempiute, bisogna dirlo e riconoscerlo. Un minuto di silenzio. E' vero che la gente si meravigliava delle parole che Lui diceva, ma è anche vero che subito dopo si domandavano tra loro, da dove venisse tutto ciò, dato che era "solo" figlio di Giuseppe... I veri guai sono iniziati dopo. 
Ma torniamo a noi. TI ricordi l'ultima volta in cui, dopo aver compiuto una cosa, ti sei fermato per dire: ecco, anche questa è fatta, ma senza affanno e senza la sensazione di esserti tolto un grande peso, ma con la felicità di chi si permette di guardare la propria opera (anche la più piccola, perché di queste è fatta la nostra vita) e di ringraziare per averla compiuta? Forse ci conviene farlo. Anche a costo di essere guardati con sospetto o essere considerati quelli che "si danno le arie". Certamente non stiamo parlando dell'orgoglio. Parliamo invece del superamento di quel timore di poterci dire di essere capaci di fare cose buone e belle, che spesso si cela nel cuore di chi è abituato a correre per soddisfare le mille richieste che gli vengono da fuori. Può essere bello accettare anche il ringraziamento. Cioè sentirsi dire GRAZIE e sorridere alla vita e dire: "è stato un piacere", invece del "no, figurati, niente proprio", che spesso ripetiamo. E' bello infatti avere il senso del compiuto, perché questo ci dà consapevolezza di essere aiutanti del Creatore che fa il bene e che si ferma a contemplarlo.