lunedì 30 agosto 2021

partendo dal ciglio

 

Lc 4,16-30
Grosso modo, tutti conosciamo questa dinamica. Non tutti vogliono sentirsi dire alcune delle cose che gli altri pensano. Anche ciascuno di noi che oggi riflettiamo su questo Vangelo, certe cose non vorrebbe sentirsele dire. E probabilmente, specie a chi ha il ruolo di vegliare sugli altri, di guida di qualsiasi tipo, molte volte non vorremmo dirgli determinate cose, che sappiamo possano toccare in profondità l'altro e suscitare reazioni non prevedibili. Così Gesù. Parla di sé, suscita ammirazione. Dopo svela alcune dinamiche finora intoccabili, in più appartenenti ad un passato che era sacro per il popolo d'Israele. Il passato, a noi noto dalle pagine dell'Antico Testamento, che parlano ad esempio della storia di Elia (cf. 1 Re 17), che lasciava già presagire quelle che sarebbero state le logiche realizzatesi poi con l'incarnazione di Gesù. Nel caso specifico riguardanti la fede dei piccoli, dei poveri, dei pagani,  a cui viene mandato il profeta, perché sono gli unici che sanno accogliere la parola di Dio, che viene attraverso quel profeta. Queste parole sono dure per chi basa la sua fede sull'osservanza e rimane nella certezza che così si salva. Gesù puntualizza proprio questo e suscita scandalo. Tanto che lo portano sul ciglio del monte e vogliono spingerlo giù. Ma la forza del vero profeta, quello che agisce in vera fede e per amore, sta proprio lì. Egli parte dal ciglio del monte, da quell'istante in cui gli può sembrare che la sua profezia e il suo proclamare la Parola, è stato vano e non è stato accolto e anzi, lo porta verso la morte. Egli sa che capitano tanti di quei cigli del monte, quando si sta per cedere, per essere spinti giù, solo perché si cerca l'autenticità. Sa e non si lascia scomporre, la sua fede in Dio gli dà la forza per passare ancora in mezzo alla folla furiosa e andarsene. Sa che Dio è con lui e che la sua vita finisce spesso al ciglio, ma questo diventa come un punto di ripartenza, secondo quanto fece Gesù: passando in mezzo a loro, si mise IN CAMMINO. 
Dunque il cammino riparte da lì. Così è il cammino di chiunque cerchi sinceramente l'autenticità.  

martedì 24 agosto 2021

il tuo albero di fichi

 

Gv 1,45-51

Il brano del Vangelo di oggi ci può servire a ricordarci spesso una cosa essenziale. E cioè che per primo e in ultimo è sempre il Signore che ci guarda, il suo sguardo d'amore, collocato proprio laddove siamo collocati noi, sotto qualsiasi nostro albero di fichi, è già con noi. Tante volte sono gli altri che ci chiamano, che ci vogliono dare un nome, un'identità, cose talvolta molto belle, ma che non possono nella vita essere un riferimento ultimo. Anche a me e a te il Signore dice oggi: ricordati, che in mezzo a tutte le chiamate, prima che chiunque ti abbia conosciuto e amato, io ti avevo già visto. Il mio sguardo ti ha dato vita e identità. Ti vedo anche oggi in qualsiasi tuo luogo, anche quello più indesiderato o insignificante. E lì, al di là di tutto e di tutti, TI AMO! 

domenica 22 agosto 2021

non devi nulla



Gv 6,60-69

Ancora una volta sperimentiamo quanto sia importante per Dio sottolineare il dono più grande che Egli ci ha fatto, creandoci. I discepoli nel brano che ci viene proposto, sono molto diretti e sinceri. Davvero da ammirare che non stanno lì a fingere, a fare i bravi bambini. La parola che sentono è dura e incomprensibile per loro. E lo dicono. Ma invece di porre le domande e mettersi in ascolto, mormorano tra di loro. Questo spesso è segno di chiusura. Cioè io non capisco e quindi ciao, chiudo la porta e basta così, non mi rompere le scatole. Eventualmente brontolo che così non va bene. Sentimenti che ciascuno di noi ha sperimentato più volte, chiusure che anche noi stessi abbiamo operato più volte nella nostra vita. E Gesù puntualmente va a smascherare con altrettanta schiettezza, quello che succede nei loro cuori. Tra di loro ci sono alcuni che non credono e comunque vari sono scandalizzati dalle sue parole. La possibilità di confronto c'è. L'apertura che può seguire alla sincerità, crea spazio per domande, riflessioni e approfondimenti. Gesù con la sua risposta che non migliora le cose, gli fa capire che il mistero è sempre mistero, ed è possibile che sia oltre la nostra portata, ma che è proprio la fiducia in Lui che cambia le cose, l'apertura alla sua presenza disponibile al rapporto alla pari. 

Chi si mette alla sua sequela deve sapere come stanno le cose, deve sapere che alla risurrezione non si arriva diversamente che tramite una croce, a volte piccola, altre volte grande. Gesù ripete ancora una volta che siamo liberi e non dobbiamo nulla, non siamo costretti, Lui non è un ricattatore, lascia fare quel che noi desideriamo fare. Ci sono domande che per tanto tempo possono essere inespresse, ma che Dio prima o poi ci farà, in qualche maniera. Ciò che dovevano chiarirsi dentro i Dodici, gliel'ha sintetizzato in una domanda il Signore. Volete andarvene anche voi? La risposta non sta nemmeno necessariamente nelle riflessioni di Pietro, che seguono. Essa sta nelle scelte concrete per Lui e con Lui o lontane da Lui, consapevoli che se stiamo con Lui, ci aspetta sicuramente un po' di salita. Una salita che vale la pena affrontare. Dio non conosce compromessi. Lui conosce solo le esigenze dell'amore, perché è Amore. Ma precisamente questo amore che ha voluto condividere con l'uomo, fa sì che Egli ci lasci senza debiti verso di Lui, qualsiasi sia la nostra scelta. 


martedì 17 agosto 2021

sforzarsi di mollare


 Mt 19,23-30

Quanto occorre sforzarsi per ottenere la salvezza? Quanti meriti bisogna accumulare? Come calcolare tutto questo? Che misure prendere per piacere a Dio?
Queste precisamente sono le preoccupazioni dei discepoli del Vangelo di oggi. Pare che si siano fatti già degli schemini, dei loro calcoli, per essere sicuri di poter fare determinate cose e così entrare nel Regno dei cieli. Eppure... Gesù gli smonta tutto questo ragionamento, chiarendo subito che un ricco difficilmente entra nel Regno. E di certo non parla principalmente di un ricco nel senso materiale. Accumulare meriti, come si insegnava una volta, significa anche questo una ricchezza, che fa sì che "ingrassiamo" e siamo come quel cammello che non passa per la cruna di un ago. Accumulare può significare tante cose. Ma significa di certo una cosa di fondo: un'ipertrofia dell'avere, cioè un prevalere dell'avere sull'essere. Ed è spesso questo che ci impedisce la felicità, cioè ci disturba nel poter pregustare quel Regno che è presente tra noi da quando Dio si è incarnato. Se teniamo presente che la sua incarnazione è in funzione della salvezza, sappiamo che non servono i nostri sforzi per essere salvati, ma solo la risposta, la corrispondenza della nostra vita al dono della salvezza che ci è stato già fatto. E la risposta migliore è rivestita di gratitudine. Gesù spiega con chiarezza che da soli non possiamo nulla, ma per Dio niente è impossibile. Lasciare, non accumulare, è la risposta al dono della salvezza. Lasciare che Dio ci ami, lasciarci amare. Lasciare da parte i nostri calcoli, i nostri giudizi, su noi stessi e sugli altri. Lasciare tutto quel che ci viene da accumulare, pensieri che occupano la nostra mente, sentimenti negativi che avvelenano la nostra vita, per avere un cuore libero e disponibile ad essere riempito di tutti i doni che Dio ci fa ogni giorno. A Dio noi siamo cari esattamente così come siamo, gli piacciamo proprio così, altrimenti non ci avrebbe salvati morendo per noi sulla croce. Tocca a noi saperci amare come ci ama Lui, riconoscendo che senza di Lui non possiamo nulla, ma con e in Lui, ogni nostra piccola quotidiana risposta alla sua salvezza, l'accettazione della nostra vita così com'è con ogni gioia e ogni dolore, diventa salvezza compiuta, per noi e per il mondo. Alcuni santi lo chiamavano "abbandono", quell'atteggiamento di mollare le difese, atteggiamento di riconoscimento che, grato per la salvezza ricevuta, risponde con la consapevolezza della propria piccolezza, infinitamente amata.





lunedì 9 agosto 2021

accesi o spenti?


Mt 25,1-13 

Non leggi anche tu qualcosa di strano in questa parabola? A me fa l'effetto quasi di imbarazzo o comunque mi ci soffermo e dico: mah, strano tutto ciò. Lo sposo prima tarda, poi non aspetta le ritardatarie e gli chiude la porta. Le vergini cosiddette sapienti, si fanno esclusivamente i fatti loro senza pensare ad aiutare le altre. Quelle che stanno lì aspettando senza olio... stendiamo un velo pietoso. 
Una serie di situazioni paradossali per noi che ragioniamo per logica e in maniera lineare. Certo, per capire meglio quello che l'Evangelista Matteo ci propone, bisognerebbe comprendere meglio le usanze del tempo e della sua cultura e magari allora si spiegherebbero molte cose. Tuttavia il nostro sguardo va più in profondità, nella profondità della nostra vita. Lo Sposo che tarda possono essere tutti i nostri piani che non si realizzano secondo il calcolo matematico da noi predisposto, che fanno i conti con gli imprevisti. Quando chiude le porte a chi non ha l'olio, è perché la vita non obbedisce a noi e ci vuole trovare pronti, perché il Signore passa laddove e quando meno ce l'aspettiamo. Le vergini sapienti possono essere tutti quegli aiuti che ci aspettiamo ma che non riceviamo, possono generare la delusione, ma ci ricordano le nostre responsabilità e ci restituiscono il fatto che siamo noi ad essere i primi responsabili per la nostra felicità. Infine attendere senza olio... fa pensare a un certo "tipo di fede", vissuta in attesa della salvezza che ci cade addosso, cioè quel "Dio ci penserà" detto senza impegno e con la pretesa di essere graziati in automatico. Ecco dunque la scelta: vivere spenti, cioè sempre in attesa di qualcosa che non arriva, senza attivarci, senza vigilare, senza gustare la dinamica della vita, e quindi esporci al non-senso. Oppure vivere accesi: vigilanti, flessibili, pronti a cogliere il bello in ogni cosa, pronti a raccogliere l'opportunità anche in mezzo alle difficoltà, con i piedi sempre in cammino, per andare verso le nozze, già qui in terra e poi quelle eterne. E il pensiero va inevitabilmente verso Edith Stein che la Chiesa festeggia oggi, patrona d'Europa. La sua esistenza sempre contrastata e martirizzata, eppure splendente, infiammata d'amore per Dio e per i fratelli. Vita infiammata che finisce trasformando il suo corpo in cenere, per amore.