venerdì 27 gennaio 2017

Che cosa dipende da me?

Credo che anche tu, come me, qualche volta provi angoscia di fronte alle cose che non puoi controllare. Alle volte sono anche dei piccoli imprevisti, eppure ci mandano in tilt di fronte a tanti nostri progetti, compilati quotidianamente e con una certa accuratezza. Eppure ci troviamo in un tempo storico in cui sentiamo che le cose ci sfuggono di mano sempre di più. Siamo sempre più insicuri, forse tanto più quanto più siamo abituati a dominare la realtà anche con tanti mezzi che abbiamo a disposizione. Quante volte ci sembra che mettendo in moto tutte le nostre potenzialità, sapremo fare bene ogni cosa. E mentre ci affanniamo per questo, tanti dei nostri buoni progetti non si realizzano, oppure si trasformano in qualcosa di diverso, come se all'improvviso cominciassero a vivere di vita propria. Forse è proprio così, come dice il Vangelo di oggi: come germoglia e cresce il seme gettato, nessuno lo sa. Oggi è la Giornata della memoria. Il ricordo che essa porta con sé, è il grande ricordo di ciò che è sfuggito dalla mano dell'uomo. Un'assurda illusione di poter controllare e regolare tutto, ha portato alla grande tragedia dell'umanità. Qualcuno, che ha pensato di poter far da sé, ha trascinato dietro a se migliaia di persone, che, lungi dal fare la propria parte, hanno cavalcato un'onda, senza chiedersi il perché e senza porsi delle domande sulla responsabilità propria di ogni persona umana. Ne è venuta una grande distruzione. Cosa oggi dipende da me? Quale bene che posso compiere o quale male che posso evitare? Tocca a me vivere nell'atteggiamento di discernimento, secondo quanto diceva Reinhold Niehbur: Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza. Perché ciò che è un bene piccolo, si può trasformare in un grande beneficio e ciò che è un male imponente può essere redento, quando l'uomo sa fare la propria parte, lasciando il resto a Dio. Egli non ha voluto costruire la storia del mondo senza l'uomo. Il "per non dimenticare" che pronunciamo oggi, possa riferirsi anche al nostro ricordo di questa verità: mai protagonisti senza di Lui.



martedì 24 gennaio 2017

I parenti: fuori o dentro?

Pensavo in questi giorni a tutte queste persone disperse sotto la neve. Un tragico evento li ha resi incredibilmente vicini: probabilmente nei loro cuori c'erano e ci sono gli stessi sentimenti, la stessa attesa, la stessa gioia per chi si è salvato, la stessa disperazione per chi non ce l'ha fatta (e alla lista aggiungiamo oggi le vittime dell'elicottero caduto)... con diverse sfumature, come è diversa la storia di ognuno, ma spaventosamente simili. E mi venivano in mente le parole finali della canzone di Ramazzotti "Io sono te": Siamo più uguali di quanto sembriamo, ora, dammi la tua mano. Certamente è tempo in cui dare la propria mano significa affermare la fratellanza universale. Forse per questo Gesù oggi nel Vangelo non reagisce al richiamo dei suoi che stanno fuori e lo mandano a chiamare. Invece si gira attorno e vede immediatamente chi è imparentato con Lui davvero: quanti stanno seduti con lui, cioè quanti sono presenti e dentro, anche se considerati "fuori" da quelli che, appunto, si fermano fuori. In realtà, quanto alla fratellanza, che noi a tutti i costi predichiamo e vogliamo raggiungere, non ci sarebbe nulla da costruire. La fratellanza è già dentro di noi e ciò che ci tocca fare è andare a ritrovarla e a ravvivarla. Perché la volontà di Dio è la felicità dell'uomo e coloro che la vogliono e la cercano non escludono mai gli altri. Sanno infatti che non si può esserlo "stando fuori", non c'è la felicità senza stringere la mano dell'altro. 



lunedì 23 gennaio 2017

Contro la propria corrente?

E' tutta la giornata oggi che penso ai...salmoni. E non certamente perché sono buoni da mangiare
(sebbene, confesso, mi piacciano molto!). Come sappiamo, questi pesci, per deporre le uova e far nascere i piccoli, risalgono dal mare controcorrente lungo il fiume. Superano la corrente dell'acqua, per seguire la corrente vitale che "sentono" in sé. Sarebbe più comodo starsene nel mare, ma...un salmone non si permette di essere diviso in se stesso! Forse fa sorridere quest'affermazione... ma è profondamente vera anche per noi. Ci sono nella vita varie correnti che ci portano in diverse direzioni, talvolta anche opposte. Non credo sia un'operazione difficile quella di richiamare alla memoria quei momenti in cui ci troviamo confusi, svuotati, tristi, forse anche arrabbiati alle volte. E tutto ciò perché non seguiamo la nostra corrente. Quante volte al giorno, alla settimana, al mese...quante volte nella vita scegliamo di andare contro la nostra corrente? Quante volte scegliamo, per paura, per compiacere, per colmare il bisogno di affetto, ciò che vogliono gli altri o che ci impongono? Quante volte vince il ricatto o l'amore non del tutto libero? E soprattutto: come ci sentiamo in quei casi? Ecco, quel sentimento che possiamo rilevare è proprio frutto della mancanza di fedeltà a noi stessi. Suona un po' narcisistico? Si, secondo gli schemi con cui ragioniamo. Ma la sana autostima e consapevolezza di ciò che è la nostra corrente ci mette profondamente a contatto con lo Spirito. E vice versa! Nel Vangelo di oggi, Gesù parla del peccato contro lo Spirito: la più terribile delle infedeltà. E' vero che ciò che ci muove ad agire nella vita, va sempre verificato, perché la nostra corrente non equivale alle nostre passioni smodate. Qui parliamo di quello Spirito che soffia, dove vuole e che, attraverso la nostra umanità, svela dove dobbiamo andare, per ritrovare la vita. Esattamente come i salmoni che fanno tutta la loro fatica per prolungare la vita. Perché avere contro tutto il mondo, come sensazione, è nulla nei confronti dell'avere contro se stessi, essere un regno diviso. Lo Spirito non abita nella divisione: essere infedeli alla propria corrente significa non fare spazio a Lui. Ma dipende in gran parte da noi: nessuno può rapirci i nostri beni, se non ci lasciamo legare!

domenica 22 gennaio 2017

Passo, illumino e piglio

Sicuramente qualche volta hai provato a trovare delle cose in una stanza buia. E' estremamente difficile, per non dire impossibile, prendere la cosa giusta quando la luce non c'è. Alle volte ci riusciamo, facendo dei nostri calcoli, altre volte no... e non solo: combiniamo pure di altri guai facendo cadere delle cose, inciampando. Non c'è altro modo per puntare con precisione l'oggetto giusto, se non illuminandolo e anche l'area circostante.
E' il nostro compito. Se vuoi conquistare qualcosa o qualcuno, prima porta la luce. Nulla di buono viene compiuto nel buio. Gesù è stato colui che, passando, ha portato la Luce, una grande luce  e insieme, ha "pescato" delle persone. Si, Lui è così: passa, illumina e piglia delle anime. Penso ai soccorritori di questi giorni, in Abruzzo. Forse, facendo turni, alcuni di loro sono passati di là, hanno scavato per alcune ore...nessuno conosce i loro nomi. Eppure hanno contribuito per restituire la luce a quanti erano rimasti nel buio, nella minaccia della morte. Si, questo è il nostro compito quotidiano: dovunque passiamo, portare e lasciare la Luce, "pescare" e accompagnare alla felicità le persone che incontriamo, alle volte anche in forza delle misteriose "Dio-incidenze". 




venerdì 20 gennaio 2017

Stare scavando...

Oggi è una giornata interessante per chi, come me, non ama gridare al miracolo. Perché, non c'è dubbio, oggi il miracolo è avvenuto. Ed è stato il miracolo del "restare". Siamo stati tutti in attesa, col fiato sospeso, qualcuno più speranzoso, altri scettici e increduli. Tutti, credo, cercando di metterci nei panni dei familiari, amici, e tutti i cari delle persone sepolte sotto la neve all'hotel Rigopiano. In molti abbiamo pregato contro ogni speranza, affidando tutto a Dio... cosa doverosa, pregare anche per conto di chi, soffocato dal dolore, non riusciva a farlo. Abbiamo provato a portare così i pesi, gli uni degli altri, pur non potendo far nulla, con la sola possibilità di restare presso Dio, per chiedergli ciò che oggi è diventato realtà. Si, perché ci ribadisce il Signore nel Vangelo di oggi, siamo anzitutto chiamati a stare con Lui. Stare nella gioia e stare nel dolore. Stare per amore. Non soltanto per amore di Lui, ma anche per amore dei fratelli. Solo fermandoci, infatti possiamo scavare, come ha scavato chi ha potuto liberare oggi almeno una parte delle persone sopravvissute sotto la neve. Stare e scavare sono i due verbi di oggi. Stare in silenzio davanti a Dio e sperare in Lui significa essere disposti anche a condividere il dolore, a lasciarci solcare l'anima, a scavare dentro la nostra umanità. Ma alle volte solo così si può salvare e ritornare alla vita. Oggi è una di quelle volte. 

giovedì 19 gennaio 2017

Il piano B

Gli eventi di questi giorni stanno facendo soffrire tutti noi, che seguiamo con partecipazione e compassione le zone terremotate e sepolte dalla neve. Come sempre in questi casi, istintivamente si cerca di attenuare il dolore, rivendicando l'assunzione della responsabilità, spesso accusando. Attenuare incentivando dunque. Sarà mai possibile spegnere un fuoco accendendone un altro? Ci sarà sicuramente chi dice cose giuste e chi le dice distorte. La poca chiarezza, il travisamento delle parole, le emozioni forti, tutto ciò fa notizia in questi casi. E perché non funzionano mai le nostre soluzioni umane di fronte a questi tipi di eventi? Perché tante volte è inutile sbranarsi cercando una presunta giustizia? Perché non esiste un piano B che regga. L'uomo si incontra-scontra con il suo limite, ne nasce la rabbia, lo sdegno, anche quello giusto. Possiamo e dobbiamo provare ad essere preparati ad ogni evenienza...del resto lo fa lo stesso Gesù nel Vangelo di oggi: dice ai discepoli di tenergli pronta una barca, per poter mettere in atto il suo piano B, nel caso la gente lo dovesse schiacciare. Ecco, anche Dio in quanto uomo si sente schiacciato... Dunque, anche noi, schiacciati dal dolore, dopo i vari piani B non riusciti, gridiamo la nostra estrema fragilità, il nostro sentirci indifesi. Gridiamolo forte, ma non per condannare o far scoppiare liti e discordie, ma per dire di noi stessi e di tutti, la stessa unica verità: se anche dovessimo illuderci di poter essere forti da soli, rischiando così la prepotenza, siamo e saremo per sempre uniti dalla nostra debolezza. Confessarlo oggi, al di là di ogni condanna, significa piangere insieme, significa restare insieme con le domande senza risposte, che diventano vivibili, solo se affrontate nell'abbraccio di comunione. 




mercoledì 18 gennaio 2017

Una rabbia che sana


Sicuramente hai presente qualche momento della tua vita in cui eri arrabbiato/a e l'hai tenuto dentro. Forse per paura di essere giudicato o per non ferire l'altro...alla base di tutto sta il nostro bisogno di essere amati. Spesso in questo bisogno inciampiamo e ci confondiamo, non sapendo più chi e che cosa stiamo mettendo al centro e se realmente stiamo mettendo al centro qualcosa, o solo restiamo dentro un meccanismo simile al cane che si morde la coda. Infatti spesso una rabbia trattenuta dentro si trasforma in una tristezza quasi o propriamente depressiva... figuriamoci quando questo atteggiamento viene da noi assunto a vita! Si, ci manca un po' di libertà nell'esprimere i nostri sentimenti, forse nessuno ci ha insegnato a distinguere e discernere sia quelli buoni e quelli distruttivi... Perché si, anche la rabbia può sanare. Noi sappiamo quante volte ci indigniamo con le persone a cui vogliamo bene. Abbiamo diritto e dovere di esprimere questa rabbia... ma prima abbiamo dovere e diritto di assicurarci dentro di noi di che tipo di rabbia si tratta. Infatti esprimerla, sapendo che come motivazione abbiamo il bene della persona umana, che siamo noi stessi o gli altri, è doveroso. Sempre che facendolo, non distruggiamo l'altro. Qui in gioco c'è l'equilibrio tra la verità e la carità. Gesù oggi, ci si mostra triste. Non esprime infatti la sua ira. Ma la sua è la rabbia più salutare che esista: quella di indignazione per la povertà dell'uomo a cui viene negata la guarigione in nome delle leggi che vengono messe al centro a scapito della vita umana. E si, Egli guarisce...per ripicca. E' un eccellente esempio di come trasformare quell'energia che di per sé potrebbe essere distruttiva, in qualcosa di buono. Anche noi possiamo fare qualcosa di buono... alla faccia di ciò che ci fa venire i nervi. Ecco un'altra dimensione di quello che possiamo essere, ad imitazione di Cristo.







sabato 14 gennaio 2017

E vedrai questo sguardo!

Ci sono delle cose nella nostra vita, davanti alle quali, se non subito, dopo un po' di tempo, abbassiamo lo sguardo. Penso a quegli schemi, magari lavorativi, che magari ci mettono a contatto con le persone, ma in un meccanismo scorrevole di routine, ci impediscono di instaurare anche solo un attimo di relazione, magari appunto attraverso uno sguardo, un sorriso. Sto pensando a Levi del Vangelo di oggi. Stava al banco delle imposte: sguardi fuggitivi, forse nessuno sguardo, forse sempre gli occhi bassi. La logica dello scambio obbligatorio: tu mi devi e io ti devo; nulla di gratuito, solo un secco riscuotere le somme. E poi arriva qualcuno che non gli dona solo uno sguardo fuggitivo o spregevole che si dona alle persone come lui... arriva uno che LO VEDE e lo invita gratuitamente a rompere la sua routine, che lo uccide interiormente e che lo rende tanto odioso. E si rompe il velo della peccaminosità di questo uomo. E vi entra la salvezza. Dove sta il mio velo della routine, sotto il quale ormai ho abbassato lo sguardo e non lo alzo più? Forse c'è chi passa e MI VEDE, forse è proprio oggi. Anzi, è sicuramente proprio oggi! Alzati, guarda, Qualcuno ti vede! Vedi che ti vede! E smettila di abbassare il tuo sguardo. Smettila, per sempre.

venerdì 13 gennaio 2017

Che cosa pensa il tuo cuore?

Un po' di tempo fa ho letto in una rivista scientifica, che era stata fatta una scoperta riguardo al tessuto cardiaco. E' stato appurato che nel nostro cuore ci sono delle cellule, che hanno memoria, e non quella solita, riguardante la loro "storia biologica", ma una memoria emotiva. Così è stato comprovato a livello scientifico, che quando noi diciamo che portiamo una cosa nel cuore "da sempre" o "da tempo", è un'affermazione vera! Questa realtà è uno stimolo per noi, per considerare bene ciò che si muove nel nostro mondo interiore. Gesù chiede oggi: "perché pensate queste cose nel vostro cuore?" Eh si! Se il nostro cuore ha una memoria, significa che trattiene ciò che permettiamo che entri e si fermi in esso. Noi sappiamo pensare benissimo con il cuore, anche se alle volte non ce ne rendiamo conto. Sono quelle famose volte, quando da un'emozione (positiva o negativa che sia), parte dentro di noi "un film". Alle volte è un horror, quando costruiamo una catena di pensieri e immagini attorno a qualcosa che percepiamo come negativo e che ci ferisce. Di solito in queste occasioni succede ciò che accadde nel Vangelo di oggi: la nostra attenzione viene distolta dal vero miracolo della vita, per concentrarsi su qualcosa di futile. Ci sono poi i film drammatici, le commedie romantiche... tutto ciò viene dal nostro cuore pensante e capace di memorizzare. Certamente un cuore che deposita tante cose belle, batterà per una vita bella e grata, mentre quello che tende a dar retta al negativo, darà la linfa a un'esistenza grigia. Non sono favole. E ne è un grande maestro sant'Ignazio. Ma lo possiamo verificare quotidianamente, vigilando su ciò che sentiamo e ciò che il nostro cuore "pensa". 




martedì 10 gennaio 2017

La solitudine più vera

Non ti chiedo una solitudine semplice
una qualsiasi,
quando resto solo come un cane
quando non ho a chi aprire la bocca.
Perfino lo scricciolo zittisce anche se potrebbe cinguettare
almeno come un mezzo passero
Quando nessun treno veloce si affretta verso di me
l'orologio si ferma per non camminare alla mia presenza
dal tramonto del sole le ombre sono sempre più lunghe
Non ti chiedo una solitudine più difficile
quando mi trovo stretto nella calca di gente
e di nuovo divento singolo
in mezzo a tutti, i lontani ed i vicini
Ti chiedo la solitudine vera
quella quando tu parli attraverso di me
e io non ci sono.
(Jan Twardowski)

domenica 1 gennaio 2017

Le parole del 2017


Non so se avete fatto questo giochino che girava per facebook: conteggio delle parole più usate da te nel 2016 nei post di facebook. Io si. Non tanto perché mi interessa giocare, quanto perché mi interessa sapere cosa comunico. Oggi stavo riguardando il diagramma a nuvoletta composto dalle mie parole di facebook... Stanno molto bene in questa strana prima giornata del nuovo anno. Ho detto molte volte "perchè". Stavo domandando la ragione delle cose? Ne stavo provando di spiegare il motivo? "Cuore", un "organo" così importante...da cui scaturisce la "gratitudine", che si vede negli "occhi". "Così" è la "felicità", che ci riempie di "gioia". Tutto ciò viene dal "Signore" e si nutre di "silenzio", come fu nella vita della "madre" di "Gesù". Ecc ecc...
Poi arriva il 1 gennaio 2017. Ci auguriamo tutti "buon anno!", con tanta gioia e speranza. Ma c'è anche subito la violenza, altre vite interrotte... Allora si, mi rimbombano nel cuore tutte queste parole: Signore, così, silenzio, amore, cuore, misericordia, madre, sentire, occhi... Si, anche gioia e gratitudine, perché l'amore di Dio verso l'uomo continua, perché la vita ci viene ancora affidata e donata, anche se e quando noi la disprezziamo. Allora sento uno stimolo ancora più forte per vivere nella gratitudine e nella gioia, al di là di tutto. Se il 2016 è stato pieno di queste parole e le vedo attinenti anche al primo giorno del 2017, sarà una vita monotona, sempre quella? Non penso proprio. Sceglierò di essere felice, anche nell'insicurezza. Perché la "felicità" è una scelta di chi sa, che il "perché" c'è e appartiene alle mani più sicure che ci possano essere, quelle di Dio.