martedì 19 novembre 2019

la nostra folla quotidiana



Ieri ero in un aeroporto e vi ho trascorso una buona parte della giornata... in questi contesti, osservando i volti, vedendo i transiti, ascoltando le varie lingue, mi domando sempre, se sono favorevoli per incontrare il Signore, che c'è anche lì, oltre ogni vero o presunto ostacolo. O meglio, la domanda è se siamo disponibili ad incontrarlo. Poi facevo questa riflessione, ricordandomi di Zaccheo...
Ci sembra tante volte di non riuscire a vedere il Signore a causa della "folla" costante nella nostra vita...persone, cose, impegni, avvenimenti, frastuoni, doveri: tutto ciò affolla la nostra esistenza in modo tale che l'unica soluzione che ci sembra utile è quella di fuggire salendo su un albero e sperando di vedere da lì Dio. E Dio lo sa. Non appena si presenta vivo e vero, immediatamente ci riporta giù, in mezzo alla nostra folla, affinché noi impariamo che vivere e creare le condizioni di accoglienza di Lui, significa guardare in faccia la nostra folla, darle delle dimensioni, saperla gestire...sapere dove bisogna dare la propria metà e dove restituire. Affinché la vita sia più leggera, non occorre innalzarsi al di sopra di ciò che ce la riempie, ma saperci mettere proprio lì in mezzo, per scorgere in ogni cosa l'armonia, che è dimora del Signore che si ferma nella nostra casa. 

giovedì 14 novembre 2019

i caldomorbidi

Le relazioni mutano. Questo ci entusiasma, ci spaventa oppure lo consideriamo naturale? Senz'altro ci può essere in ogni caso d'aiuto, questa favola che mi piace riportare qui sotto. 

C'era  una  volta  un  luogo,  molto,  molto,  molto  tempo  fa,  dove  vivevano  delle  persone  felici.  Fra queste  persone  felici  ce  n'erano  due  che  si  chiamavano  Luca  e  Vera.  Luca  e  Vera  vivevano  con i  loro  due  figli  Elisa  e  Marco.   Per  poter  comprendere  quanto  erano  felici,  dobbiamo  spiegare  come  erano  solite  andare  le cose  in  quel  tempo  e  in  quel  luogo. Vedete,  in  quei  giorni  felici,  quando  un  bimbo  nasceva  trovava  nella  sua  culla,  posto  vicino  a dove  appoggiava  il  suo  pancino,  un  piccolo,  soffice  e  caldo  sacchetto  morbido.  E,  quando  il bambino  infilava  la  sua  manina  nel  sacchetto,  poteva  sempre  estrarne  un…  "caldomorbido". I  caldomorbidi  in  quel  tempo  erano  abbondantissimi  e  molto  richiesti  perché,  in  qualunque momento  una  persona  ne  sentisse  il  bisogno,  poteva  prenderne  uno  e  subito  si  sentiva  calda  e morbida  a  lungo.   Se,  per  qualche  motivo,  la  gente  non  avesse  ricevuto  con  una  certa  regolarità  dei caldomorbidi,  avrebbe  corso  il  rischio  di  contrarre  una  strana  e  rara  malattia.  Era  una  malattia che  partiva  dalla  spina  dorsale  e  che  lentamente  portava  la  persona  ad  incurvarsi,  ad  appassire e  poi  a  morirne. In  quei  giorni  era  molto  facile  procurarsi  i  caldomorbidi:  se  qualcuno  li  chiedeva,  trovava sempre  qualcun  altro  che  li  dava  volentieri.  Quando  uno,  cercando  nel  suo  sacchetto,  tirava fuori  un  caldomorbido,  questo  aveva  la  dimensione  di  un  piccolo  pugno  di  bambina  ed  un colore  caldo  e  tenero.  E  subito,  vedendo  la  luce  del  giorno,  questo  sorrideva  e  sbocciava  in  un grande  e  vellutato  caldomorbido. E  quando  era  posto  sulla  spalla  di  una  persona,  o  sulla  testa,  o  sul  petto,  e  veniva  accarezzato, piano  piano  si  scioglieva,  entrava  nella  pelle  e  subito  la  persona  si  sentiva  bene  e  per  lungo tempo. La  gente  a  quel  tempo  si  frequentava  molto  e  si  scambiava  reciprocamente  caldomorbidi. Naturalmente  questi  erano  sempre  gratis  ed  averne  a  sufficienza  non  era  mai  un  problema. Come  dicevamo  poc'anzi,  con  tutta  questa  abbondanza  di  caldomorbidi,  in  questo  paese  tutti erano  felici  e  contenti,  caldi  e  morbidi  per  la  gran  parte  del  tempo. Ma,  un  brutto  giorno,  una  strega  cattiva  che  viveva  da  quelle  parti  si  arrabbiò,  perché,  essendo tutti  così  felici  e  contenti,  nessuno  comprava  le  sue  pozioni  e  i  suoi  unguenti. La  strega,  che  era  molto  intelligente,  studiò  un  piano  diabolico. Una  bella  mattina  di  primavera,  mentre  Vera  giocava  serena  in  un  prato  con  i  bambini, avvicinò  Luca  e  gli  sussurrò  all'orecchio: "Guarda  Luca,  guarda  Vera  come  sta  sprecando  tutti  i  caldomorbidi  che  ha,  dandoli  a  Elisa. Sai,  se  Elisa  se  li  prende  tutti,  può  darsi  che,  a  lungo  andare,  non  ne  rimangano  più  per  te". Luca  rimase  a  lungo  soprappensiero.  Poi  si  voltò  verso  la  strega  e  disse:  "Intendi  dire  che  può succedere  di  non  trovare  più  caldomorbidi  nel  nostro  sacchetto  tutte  le  volte  che  li cercheremo?". E  la  strega  rispose:  "Proprio  così.  Quando  saranno  finiti,  saranno  finiti.  E  non  ne  avrete assolutamente  più". Detto  questo  volò  via,  sghignazzando  fra  sé. 
Luca  fu  molto  colpito  da  quanto  aveva  detto  la  strega  e  da  quel  momento  cominciò  ad osservare  e  a  ricordare  tutti  i  momenti  in  cui  Vera  dava  caldomorbidi  a  qualcun  altro. Di  lì  in  poi  divenne  timoroso  e  turbato,  perché  gli  piacevano  i  caldomorbidi  di  Vera  e  non voleva  proprio  rimanere  senza.  E  pensava  pure  che  Vera  non  facesse  una  cosa  buona  a  dare tutti  quei  caldomorbidi  ai  bambini  e  alle  altre  persone. Cosi  cominciò  ad  intristirsi  tutte  le  volte  che  vedeva  Vera  elargire  un  caldomorbido  a  qualcun altro.  E  poiché  Vera  gli  voleva  molto  bene,  essa  smise  dì  offrire  così  spesso  caldomorbidi  agli altri,  riservandoli  invece  per  lui. I  bambini,  vedendo  questo,  cominciarono  naturalmente  a  pensare  che  fosse  una  cattiva  cosa dar  via  caldomorbidi  a  chiunque  e  in  qualsiasi  momento  venissero  richiesti  o  si  desiderasse farlo  e,  piano  piano,  senza  quasi  nemmeno  accorgersene,  diventarono  sempre  più  timorosi  di perdere  qualcosa. Così  anch'essi  divennero  più  esigenti.  Tennero  d'occhio  i  loro  genitori  e,  quando  vedevano  che uno  di  loro  donava  un  caldomorbido  all'altro,  anche  loro  impararono  a  intristirsi.  Anche  i  loro genitori  se  ne  scambiavano  sempre  di  meno  e  di  nascosto,  perché  così  pensavano  che  non  li avrebbero  fatti  soffrire. Sappiamo  bene  come  sono  contagiosi  i  timori.  Infatti,  ben  presto  queste  paure  si  sparsero  in tutto  il  paese  e  sempre  meno  si  scambiarono  caldomorbidi. Nonostante  ciò  le  persone  potevano  comunque  sempre  trovare  un  caldomorbido  nel  loro sacchetto  tutte  le  volte  che  lo  cercavano,  ma  essi  cominciarono  a  estrarne  sempre  meno, diventando  nel  contempo  sempre  più  avari. Presto  la  gente  cominciò  a  sentire  mancanza  di  caldomorbidi  e,  di  conseguenza,  a  sentire meno  caldo  e  meno  morbido.  Poi  qualcuno  di  loro  cominciò  ad  incurvarsi  e  ad  appassire  e talvolta  persino  a  morire.  Quella  malattia,  dovuta  alla  mancanza  dì  caldomorbidi,  che  prima della  venuta  della  strega  era  molto  rara,  ora  colpiva  sempre  più  spesso. E  sempre  di  più  la  gente  andava  ora  dalla  strega  per  comprare  pozioni  e  unguenti,  ma, nonostante  ciò,  non  aveva  l'aria  di  star  meglio. Orbene,  la  situazione  stava  diventando  di  giorno  in  giorno  più  seria.  A  pensarci  bene  la  strega cattiva  in  realtà  non  desiderava  che  la  gente  morisse  (infatti  pare  che  i  morti  non  comprino balsami  e  pozioni),  così  cominciò  a  studiare  un  nuovo  piano.  Fece  distribuire  gratuitamente  a ciascuno  un  sacchetto  in  tutto  simile  a  quello  dei  caldomorbidi,  ma  questo  era  freddo  mentre l'altro  era  caldo.  Dentro  il  sacchetto  della  strega  infatti  c'erano  i  "freddoruvidi".  Questi freddoruvidi  non  facevano  sentire  la  gente  calda  e  morbida  ma  fredda  e  scontrosa.  Comunque fosse,  i  freddoruvidi  un  effetto  ce  l'avevano:  impedivano  infatti  che  la  schiena  della  gente  si incurvasse  più  di  tanto  e,  anche  se  sgradevoli,  servivano  a  tenere  in  vita  gli  abitanti  di  quel paese  che  una  volta  era  stato  felice. Così  tutte  le  volte  che  qualcuno  diceva:  "Desidero  un  caldomorbido",  la  gente,  arrabbiata  e spaventata  per  il  loro  rarefarsi,  rispondeva:  "Non  ti  posso  dare  un  caldomorbido,  vuoi  un freddoruvido?". E,  a  volte,  capitava  persino  che  due  persone  a  passeggio  insieme  pensavano  che  avrebbero potuto  scambiarsi  dei  caldomorbidi,  ma  una  o  l'altra  delle  due,  aspettando  che  fosse  l'altra  ad offrirglielo,  finiva  poi  per  cambiare  idea,  e  si  scambiavano  dei  freddoruvidi. Stando  così  le  cose,  ormai  sempre  meno  gente  moriva  di  quella  malattia,  ma  un  sacco  di persone  erano  sempre  infelici  e  sentivano  molto  freddo  e  molto  ruvido. E'  inutile  dire  che  questo  fu  un  periodo  d'oro  per  gli  affari  della  strega. La  situazione  peggiorava  ogni  giorno.  I  caldomorbidi,  che  una  volta  erano  disponibili  come l'aria,  divennero  merce  di  grande  valore  e  questo  fece  sì  che  la  gente  fosse  disposta  ad  ogni sorta  di  cose  pur  di  averne.  In  certi  casi  i  caldomorbidi  venivano  estorti  con  l'inganno,  in  altri con  violenza  e,  quando  ciò  avveniva,  succedeva  una  cosa  strana:  questi  non  sorridevano  più, sbocciavano  poco  e  diventavano  scuri.   Prima  che  la  strega  facesse  la  sua  apparizione  la  gente  era  solita  trovarsi  in  gruppi  di  tre  o  di quattro  o  anche  di  cinque  persone  senza  minimamente  preoccuparsi  di  chi  fosse  a  dare  i caldomorbidi.  Dopo  la  venuta  della  strega  la  gente  cominciò  a  tenere  per  sé  tutti  i  propri caldomorbidi,  e  a  darli  al  massimo  ad  un'altra  persona.  Qualche  volta  succedeva  che  quelli  che davano  a  persone  esterne  dei  caldomorbidi  si  sentivano  in  colpa  perché  pensavano  che  il proprio  partner  molto  probabilmente  ne  sarebbe  stato  dispiaciuto  e  geloso.  E  quelli  che  non avevano  trovato  un  partner  sufficientemente  generoso  andavano  a  comprare  i  loro caldomorbidi  e  questo  gli  costava  molte  ore  di  lavoro  per  racimolare  il  denaro. Un  altro  fatto  sorprendente  ancora  succedeva.  Alcune  persone  prendevano  i  freddoruvidi,  che si  trovavano  facilmente  e  gratuitamente,  li  camuffavano  ad  arte  con  un'apparenza  piacevole  e morbida  e  li  spacciavano  per  caldomorbidi.  Questi  caldomorbidi  contraffatti  venivano  chiamati caldomorbidi  di  plastica  e  finirono  per  procurare  guai  ulteriori. Per  esempio,  quando  due  persone  si  volevano  scambiare  reciprocamente  dei  caldomorbidi pensavano,  è  ovvio,  che  si  sarebbero  sentiti  bene,  ma,  in  realtà,  nulla  cambiava  e continuavano  a  sentirsi  come  prima  e  forse  anche  un  pochino  peggio.  Ma,  poiché  pensavano  in buona  fede  di  essersi  scambiati  dei  caldomorbidi  genuini,  rimanevano  molto  confusi  e disorientati,  non  comprendendo  che  il  loro  freddo  e  le  loro  sensazioni  sgradevoli  erano  in  realtà il  risultato  dell'essersi  scambiati  caldomorbidi  di  plastica. Così  la  situazione  si  aggravava  di  giorno  in  giorno. I  caldomorbidi  erano  sempre  più  rari  e,  a  volte,  anche  guardati  con  sospetto,  perché  si confondevano  con  quelli  di  plastica,  contraffatti.  I  freddoruvidi  erano  abbondanti  e  sgradevoli  e tutti  pareva  volessero  regalarli  agli  altri.  C'era  molta  tristezza,  paura  e  diffidenza  e  tutto  questo era  iniziato  con  la  venuta  della  strega,  che  aveva  convinto  le  persone  che,  a  forza  di  scambiarsi caldomorbidi,  un  giorno  non  lontano  avrebbe  avuto  la  sorpresa  di  scoprire  che  erano  finiti. Passò  ancora  del  tempo  e,  un  giorno,  una  donna  florida  e  graziosa,  nata  sotto  il  segno dell'Acquario,  giunse  in  quel  paese  sfortunato,  portando  il  suo  sorriso  limpido  e  cordiale. Non  aveva  mai  sentito  parlare  della  strega  cattiva  e  non  nutriva  alcun  timore  che  i  suoi caldomorbidi  finissero.  Li  dava  liberamente,  anche  quando  non  erano  richiesti.  Molti  la disapprovavano  perché  pensavano  che  fosse  sconveniente  per  i  bambini  vedere  queste  cose  e temevano  per  la  loro  educazione Ma  essa  ai  bambini  piacque  molto,  tanto  che  la  circondavano  in  ogni  momento.  E  anche  loro cominciarono  a  provare  gusto  nel  dare  agli  altri  caldomorbidi  quando  gliene  veniva  voglia.  I benpensanti  corsero  ben  presto  ai  ripari  facendo  approvare  una  legge  per  proteggere  i  bambini da  un  uso  spregiudicato  di  caldomorbidi.  Secondo  questa  legge  era  un  crimine  punibile  dare caldomorbidi  ad  altri  che  non  alle  persone  per  cui  si  avesse  avuto  una  licenza.  E,  per  maggiore garanzia,  queste  licenze  di  darsi  caldomorbidi  si  potevano  avere  per  una  sola  persona  e  spesso duravano  tutta  la  vita. Molti  bambini  comunque  fecero  finta  di  non  conoscere  la  legge  e,  in  barba  a  questa, continuarono  a  dare  ad  altri  caldomorbidi  quando  ne  avevano  voglia  o  quando  qualcuno  glieli chiedeva.  E,  poiché  c'erano  molti,  molti  bambini  -  così  tanti  forse  quanto  i  benpensanti  - cominciò  ad  apparire  chiaro  che  la  cosa  era  molto  difficile  da  contenere. A  questo  punto  sarebbe  interessante  sapere  come  andò  a  finire.  Riuscì  la  forza  della  legge  e dell'ordine  a  fermare  i  bambini?  Oppure  furono  invece  i  benpensanti  a  scendere  a  patti?  E  Luca e  Vera,  ricordando  i  giorni  felici  dove  non  c'era  limite  di  caldomorbidi,  ricominciarono  a  donarli ancora  liberamente? La  ribellione  serpeggiava  ovunque  nel  paese  e  probabilmente  toccò  anche  il  luogo  dove  vivete. Se  voi  volete  (e  io  sono  sicuro  che  voi  lo  volete),  potete  unirvi  a  loro  a  offrire  e  a  chiedere caldomorbidi  e,  in  questo  modo,  diventare  autonomi  e  sani  senza  più  il  rischio  che  la  vostra schiena  si  ripieghi  per  la  sofferenza  e  rischi  di  raggrinzirsi. 

Claude  Steiner,  1969   







sabato 2 novembre 2019

passaggi

2 novembre cos'è? È il giorno dei morti, ovviamente. Oggi riflettevo su cosa dovesse significare questo... Stiamo ricordando coloro che fisicamente non sono più qui in mezzo a noi. E li chiamiamo "morti"... ma è un nome appropriato? Delle volte quando siamo stanchi, noi diciamo che siamo "morti", quando ci arriva una notizia inaspettata, negativa, diciamo che per un momento "siamo morti" al sentirla. Se ci guardiamo bene in giro (e forse anche dentro di noi, chissà), noi scopriamo che ci sono tante persone morte, eppure viventi. Sì, perché nel loro cuore, nella loro vita, hanno seppellito qualcosa, l'hanno messo a tacere, abbandonando la speranza. Al di là di questa triste condizione in cui versano molte persone, mi stavo domandando: ma sono davvero "morti", quelli che noi festeggiamo oggi? Non è per caso meglio chiamarli "viventi in eternità", o al limite "defunti", cioè quelli che semplicemente hanno compiuto qui la loro parte e sono passati altrove? 

Mi hanno sempre colpita molto quelle necropoli antiche, in cui quando si va a visitarle, nelle tombe si trovano gli scheletri con delle stoviglie o comunque oggetti utili per la vita quotidiana. Sebbene non cristiane, le civiltà antiche consideravano normale, che la vita di una persona non finiva qui, che quella che per noi è la fine, per loro era solo un passaggio naturale in un'altra dimensione mentre l'esistenza di una persona continuava altrove. Ecco perché avevano bisogno di questi oggetti, per potersene servire laddove andavano. Penso allora che oggi dovremmo semplicemente ricordare i defunti, quelli che sono andati altrove, che non vediamo qui accanto a noi, ma non morti... In fondo sappiamo che siamo di passaggio e il passaggio non significa solo la fine, ma anche un nuovo inizio, sempre.