2 novembre cos'è? È il giorno dei morti, ovviamente. Oggi riflettevo su cosa dovesse significare questo... Stiamo ricordando coloro che fisicamente non sono più qui in mezzo a noi. E li chiamiamo "morti"... ma è un nome appropriato? Delle volte quando siamo stanchi, noi diciamo che siamo "morti", quando ci arriva una notizia inaspettata, negativa, diciamo che per un momento "siamo morti" al sentirla. Se ci guardiamo bene in giro (e forse anche dentro di noi, chissà), noi scopriamo che ci sono tante persone morte, eppure viventi. Sì, perché nel loro cuore, nella loro vita, hanno seppellito qualcosa, l'hanno messo a tacere, abbandonando la speranza. Al di là di questa triste condizione in cui versano molte persone, mi stavo domandando: ma sono davvero "morti", quelli che noi festeggiamo oggi? Non è per caso meglio chiamarli "viventi in eternità", o al limite "defunti", cioè quelli che semplicemente hanno compiuto qui la loro parte e sono passati altrove?
Mi hanno sempre colpita molto quelle necropoli antiche, in cui quando si va a visitarle, nelle tombe si trovano gli scheletri con delle stoviglie o comunque oggetti utili per la vita quotidiana. Sebbene non cristiane, le civiltà antiche consideravano normale, che la vita di una persona non finiva qui, che quella che per noi è la fine, per loro era solo un passaggio naturale in un'altra dimensione mentre l'esistenza di una persona continuava altrove. Ecco perché avevano bisogno di questi oggetti, per potersene servire laddove andavano. Penso allora che oggi dovremmo semplicemente ricordare i defunti, quelli che sono andati altrove, che non vediamo qui accanto a noi, ma non morti... In fondo sappiamo che siamo di passaggio e il passaggio non significa solo la fine, ma anche un nuovo inizio, sempre.
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