Mc 2,23-28
Scommetto che ognuno di noi almeno una volta, da piccolo o/e pure da grande, ha detto oppure pensato queste parole: "ma perché io no e lui/lei sì?" Proprio quando noi avremmo desiderato una cosa, ma una "legge" più o meno esplicita ce lo nega, improvvisamente vediamo che a qualcun altro è permesso avere/fare questa stessa cosa. Mettiamo un po' a fuoco i sentimenti che portano a questo tipo di espressioni. Rabbia, senso di inferiorità, senso di ingiustizia, tristezza, sentirsi offeso, sminuito, voglia di vendetta, chiusura... e poi chi più ne ha, più ne metta. Facce come quelle dello struzzo in foto...! Spesso i sentimenti che si sviluppano tendenzialmente in queste situazioni, sono personalizzati, per questo ognuno di noi può guardarsi dentro per mettere a fuoco "i suoi". A cosa serve tutto questo? Ecco nel Vangelo di oggi quei maleducati di discepoli, visto che hanno fame, fanno una cosa che non è lecita: mangiano il grano che trovano nei campi. Non solo maleducati, anche impulsivi! Insomma, non potevano trattenersi un attimo, non sarebbero mica morti di fame se avessero aspettato un po' no? Sembra che tutto sommato lo sdegno dei farisei sia più che motivato... Ma noi stiamo parlando di una prescrizione della legge, cioè qualcosa che dovrebbe avvicinare l'uomo a Dio, elevarlo verso di Lui... siamo proprio sicuri che la gente affamata, ha tutto questo slancio spirituale? Siamo proprio sicuri che i discepoli sarebbero in grado di continuare a seguire il Signore, se non avessero rafforzato il loro corpo? Il riposo del sabato non è indulgenza dalla sequela di Cristo! Immaginiamo una bella domenica di relax... senza mangiare. Saremmo in grado di dire che è stata davvero una giornata di vero riposo, se ci privassimo del mangiare? Per noi il mangiare significa anche il cibo spirituale, l'inseguire la presenza del Signore. Così anche per i discepoli, avevano già intuito che qui c'era qualcosa di più delle leggi. O che qui c'era qualcosa che ridava alla legge la sua vera dimensione. Ma i farisei avrebbero rispettato la prescrizione della legge a tutti i costi... e vedendo i discepoli sono rimasti male, forse con tutto quel ventaglio di sentimenti che abbiamo elencato all'inizio. Forse con quella amarezza di chi in fondo sa benissimo che le leggi sono fatte per l'uomo e non al contrario, ma intanto preferisce la vuota osservanza, però non appena si presenta qualcuno che con il suo operato rende concreto e visibile il principio del primato da dare all'uomo, trova l'occasione per linciarlo, per cercare "i colpevoli" dei sentimenti negativi che abitano il suo cuore. E' la differenza tra il figlio e lo schiavo. Quando uno fa di se stesso schiavo della legge, non sopporta la presenza del figlio, che sa di essere amato e importante, più della legge. E questa differenza sta nella libertà: chi pensa sempre "perché loro sì e io no", forse ancora non è libero, forse non si dà la libertà di essere figlio, di dirsi che è più importante delle spighe di grano... Il pericolo è che chi resta schiavo, imponga poi la stessa schiavitù agli altri. Ecco perché in mezzo deve esserci il Signore. Perché solo Lui libera e ci permette di essere figli.
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