Lc 4,24-30
Nessun profeta è ben accetto nella sua patria... Ogni tanto ci penso e mi domando la ragione di questa cosa tanto vera. Credo che in fondo noi siamo ancora come l'antico popolo d'Israele e in fondo pensiamo e ci aspettiamo che Dio debba agire con potenza, tanto di spettacolo e dentro una presunta perfezione. Nella propria casa noi conosciamo la "difettosità" della vita e delle persone. E non crediamo che attraverso questa debolezza Dio può parlarci, può compiere opere che Egli vuole, che si può rivelare a noi. Non crediamo che nell'ordinaria "noia" degli eventi, delle interazioni con gli altri, lui parla. E andiamo a cercare altrove, fuori dalla nostra patria, inconsapevoli che la novità sta esattamente laddove Dio ci pone e che dobbiamo solo trovarla. I profeti non possono stare nella propria patria perché noi, che siamo della loro stessa patria, pensiamo di conoscere già sufficientemente le persone, anche con le loro debolezze e non ci immaginiamo che Dio possa parlare attraverso di esse e soprattutto come possa farlo.
Ma ci scandalizziamo e ci meravigliamo poi, quando quelli che noi non riconosciamo profeti, e che vivono accanto a noi, sono strumenti di Dio, nel compiere le opere che per gli altri risultano importanti, altrove, quando diventano profeti in fuga. E diciamo, sentendone parlare bene: ma non è quella persona che io conosco..., quella ha tutti i difetti di questo mondo: sarà schizofrenica? Sarà disonesta? E lasciamo che la diffidenza abiti le nostre case proprio laddove potrebbe abitare la salvezza se fossimo capaci di scorgere in chi ci sta accanto il raggio di luce di verità e di sapienza, attraverso le quali Dio ci salva.
Nessun profeta è ben accetto nella sua patria... Ogni tanto ci penso e mi domando la ragione di questa cosa tanto vera. Credo che in fondo noi siamo ancora come l'antico popolo d'Israele e in fondo pensiamo e ci aspettiamo che Dio debba agire con potenza, tanto di spettacolo e dentro una presunta perfezione. Nella propria casa noi conosciamo la "difettosità" della vita e delle persone. E non crediamo che attraverso questa debolezza Dio può parlarci, può compiere opere che Egli vuole, che si può rivelare a noi. Non crediamo che nell'ordinaria "noia" degli eventi, delle interazioni con gli altri, lui parla. E andiamo a cercare altrove, fuori dalla nostra patria, inconsapevoli che la novità sta esattamente laddove Dio ci pone e che dobbiamo solo trovarla. I profeti non possono stare nella propria patria perché noi, che siamo della loro stessa patria, pensiamo di conoscere già sufficientemente le persone, anche con le loro debolezze e non ci immaginiamo che Dio possa parlare attraverso di esse e soprattutto come possa farlo.
Ma ci scandalizziamo e ci meravigliamo poi, quando quelli che noi non riconosciamo profeti, e che vivono accanto a noi, sono strumenti di Dio, nel compiere le opere che per gli altri risultano importanti, altrove, quando diventano profeti in fuga. E diciamo, sentendone parlare bene: ma non è quella persona che io conosco..., quella ha tutti i difetti di questo mondo: sarà schizofrenica? Sarà disonesta? E lasciamo che la diffidenza abiti le nostre case proprio laddove potrebbe abitare la salvezza se fossimo capaci di scorgere in chi ci sta accanto il raggio di luce di verità e di sapienza, attraverso le quali Dio ci salva.
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