
Gv 12, 20-33
In questi giorni ho letto un testo in cui qualcuno faceva notare, come per far venire fuori qualcosa di bello, di prezioso, di importante, precede sempre un po' di sofferenza, di travaglio, come ad esempio nel parto. E fin qui ci siamo. Questo significa morire un po', per rinascere, per donare la vita. E questo morire, ci fa paura ecco perché spesso scappiamo dalle scelte significative, dalle decisioni che comportano appunto di saper selezionare una cosa e scartarne un'altra. Non vorremmo mai sentire questo piccolo pungiglione al cuore, che ci parla di una perdita. Che ci parla di un sacrificio di noi stessi. Eppure, se cambiassimo la prospettiva, vedremmo questa piccola perdita come una rinuncia PER, per qualcosa di più grande e bello. Infatti, spesse volte il non scegliere, non decidere, porta invece a qualcosa di molto più doloroso: allo sfiorire interiore, a una sorta di morte spirituale, che non ci permette di risplendere. Questo è il senso del chicco di grano che cade in terra. Rimane solo e va verso la disintegrazione, se la sua sostanza non comincia a "morire" per trasformarsi e dare frutto, il bene più grande, quello che rimane. Dunque, la domanda conclusiva oggi è proprio quella proverbiale: "di che morte vuoi morire?"
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