domenica 10 novembre 2024

un "tutto" limitato

Mc 12,38-44 

Ed eccoci di nuovo nel Tempio con Gesù, di fronte al tesoro, ad osservare la gente. I ricchi, allora come oggi, sfilano per far vedere quanto denaro danno per il Tempio. Tuttavia danno poco, perché non danno quel che realmente potrebbero. La vedova viene e getta tutto quello che ha per vivere. E ci insegna una cosa importantissima. Lei dona tutto, proprio perché è consapevole di quel che ha e di quel che non ha. Non puoi dare tutto se non sei consapevole di ciò che possiedi e di ciò che non è tuo. La capacità di donare tutto/donarci tutti interi, si basa sulla presa di coscienza di ciò che abbiamo e di dove sia invece il limite e "la nostra miseria". Perché donando tutto, rendendoci conto che invece non siamo tutto, apriamo uno spazio di necessità di aiuto, di una mano, della reciprocità, della complementarietà... spazio in cui subentra l'altro, necessario al completamento del tutto, che io da solo non posso colmare. Ma posso certamente disporre del mio e dare tutto, quando mi rendo conto di quanto ho. E ovviamente non stiamo parlando del denaro, ma della nostra vita, delle nostre energie, dei nostri talenti. Nessuno di noi è chiamato a fare tutto, colmare ogni bisogno, altrimenti saremmo Dio (l'unico che tutto può). Allo stesso modo nessuno può esimersi dal dovere di donare se stesso e il massimo di sé, fin dove può. La storia e la storia della salvezza si compiono proprio così: nel quotidiano adempimento della "nostra parte", di quel "tutto" individuale limitato, che è necessario alla costruzione del mondo.

domenica 23 giugno 2024

Lasciarsi portare

Mc 4,35-41 
Quel momento in cui vuoi con tutte le tue forze fare qualcosa, proprio compiendo l'ultimo sforzo...ma le energie ti hanno abbandonato e sai che non ce la farai. Non si parla necessariamente di una cosa che riguardi la tua dimensione fisica. Alle volte non ce la fa più la nostra mente, il nostro spirito... è qualcosa di normale, essere fragili. E qui, proprio nella scoperta di non essere per nulla forti, che si cela la grande possibilità. Il tuo limite, la tua finitezza scoperchiano uno spazio in cui l'altro può prendersi cura di te e dei tuoi desideri. Non c'è nulla di più liberante del lasciarsi portare, sfornando dal profondo del nostro essere la fiducia. Per assurdo questo non significa per nulla la passività. Delle volte infatti, questo tipo di docilità, si trasforma in salvezza, per tutti. Per te che ti mostri debole e per gli altri, che, senza rendersene conto, hanno bisogno della tua gracilità. Da una parte sperimentano infatti l'universale necessità dell'essere umano di prendersi cura dell'altro. D'altra parte possono accorgersi, che nel momento in cui meno se lo aspettano, la tua fragilità calma le tempeste della loro vita. Così Gesù oggi. Vuole passare all'altra riva, ma non c'è altro modo che lasciarsi prendere così come era nella barca. E nel bel mezzo della traversata...ecco la tempesta. Il bisogno di Lui. Il bisogno di questo uomo spossato, che dorme così fortemente che non si sveglia nemmeno con tuoni, lampi e vento. La paura che non gli importi nulla del fatto che stanno morendo. Si, senza l'altro, anche vulnerabile e apparentemente incapace di dare nessun contributo, la paura della morte ci opprime. Abbiamo bisogno dell'altro e dell'alterità. Proprio di quell'Altro che dorme, che ci sembra lontano, passivo, sconosciuto. Quell'Altro che ha appena avuto bisogno di essere portato in braccio. Quell'alterità che sconfigge anche le nostre più potenti paure, nell'abbraccio delle due umanità che con Dio acquistano un'inaspettata forza. 




domenica 17 dicembre 2023

Amare quello che non siamo

Gv 1,6-8.19-28

Viene sempre un dubbio quando ci attribuiscono cose che in fondo sappiamo che non ci appartengono. Ci sentiamo confusi. All'istante incomincia la lotta tra quello che siamo e quello che non siamo. Spesso quando sentiamo delle cose buone sul nostro conto, anche se non vere, c'è quell'attimo in cui dobbiamo fare un respiro profondo per dire: no, io non sono questo (senza cadere poi nella falsa umiltà, ovviamente). Esattamente così fa Giovanni Battista, quando dice chiaramente che non è il Cristo. Nel profondo del nostro essere vorremmo che il bene che alle volte si dice di noi, ci appartenesse. Qualcuno può chiamarlo superbia e forse alle volte lo è. Ma forse è anche il "sintomo" del nostro tendere sempre verso l'alto, verso Dio. Credo che se il nostro desiderio è essere più virtuosi, ammirati ecc., è solo perché ancora non conosciamo il bene che in noi è stato deposto e di conseguenza non amiamo ciò che siamo e... ciò che non siamo. Saper essere "voce" che annuncia la Parola e sapere che questa voce ha dei limiti. E che se la voce è fragile, è invece infinitamente forte la Parola, che l'amico dello sposo è presente, ascolta, ma esulta quando risuona la voce dello Sposo. Ed ecco la responsabilità per la nostra felicità. Non corriamo dietro a delle false identità, proposte da chi ci vuole diversi, "migliori", anche da chi, per gratificarci, ci dice delle dolci parole. Perdiamo invece un po' più di tempo per conoscerci ed amarci. Forse in questo nuovo anno, per amarci un po' di più.

mercoledì 22 novembre 2023

ho molto e avrò di più

 


Lc 19,11-28

Non sembra giusta questa storia. Noi gridiamo che ai poveri bisogna donare quello che a loro appartiene, quello che a loro manca, quello che non hanno. Cioè a chi non  ha bisogna dare, e così finalmente avrà, non, come dice il brano di oggi a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quindi, come la mettiamo? Si ripresenta sempre la questione della gestione. C'è chi ha poco ed è felice, e chi ha molto e non lo è. C'è chi è in grado di moltiplicare il suo poco e moltiplicare il benessere, attraverso una vita semplice e onesta, invece c'è chi riduce il suo tanto, sperperandolo. Chi è allora realmente colui che ha molto? E' colui che per questo molto ha molto lavorato. E non è questione di quantificazione. Il mio molto non è lo stesso tuo, eppure nessuno può mettere in discussione che sia molto. Siamo una piccolezza e un poco che è chiamato ad essere molto, secondo la propria misura, quella molto personale. Questa è precisamente la ragione per cui a chi ha, sarà dato di più. Attenzione non dice: a chi ha molto, ma semplicemente a chi ha. Per non cadere nella contabilità. Ma se tu "hai", ne sei consapevole e te ne prendi cura, di quel che hai, avrai in abbondanza, perché lo vivrai in profondità, godendone appieno, e non devono essere per forza i beni materiali, ma anche i tuoi doni naturali. Se invece non hai , cioè non prendi consapevolezza di ciò che è tuo e di ciò che fa sì che tu sei tu, sarai sempre più povero, ti sentirai sempre più vuoto. Tutto sta nel guardarci dentro e vedere cosa abbiamo, per avere di più. 






sabato 22 luglio 2023

vedere e correre

Gv 20,1-18



Cara Maria Maddalena, grazie. La tua compagnia oggi mi ha ricordato quanto segue: ogni volta che io dico "ho visto il Signore" dovrei sentire quel calcio nel sedere che mi catapulta nel mondo per due motivi. Uno: per testimoniare, perché averlo visto davvero non ti permette di stare fermo, ma ti spinge verso gli altri. Avere gli occhi pieni di Lui, fa sì che uno è spinto interiormente a condividere questa luce, che emana dagli occhi, quando tu l'hai visto. Due: per imparare finalmente che il vedere il Signore non è un'esperienza singola, ma è quel momento a partire dal quale noi possiamo essere ogni giorno più capaci di vederlo all'opera nel mondo, di trovarlo dovunque andiamo, se solo lo vogliamo. Sì, l'incontro ci apre gli occhi, perché nell'incontro c'è lo Spirito, che Agostino chiama amore tra il Padre e il Figlio, lo stesso amore che fluisce nel vero incontro dell'uomo con Dio.

domenica 9 luglio 2023

abbandonarsi


Mt 11,25-30 

Infanzia e anzianità. Due fasi della vita in cui siamo o diventiamo dipendenti da qualcuno. Due fasi particolari della vita, importantissime. Qualcuno dirà: bella l'infanzia, brutta la vecchiaia. E qui ci sarebbe da riflettere tanto. Ci sono i pro e i contro in ogni fase della vita, dipende da come guardiamo la vita stessa. Di certo c'è una cosa felice che accomuna le due fasi e cioé la capacità di prendere l'esistenza con semplicità, proprio esattamente come quando ci si deve abbandonare a qualcuno, perché si è coscienti (più o meno) che da soli non ce la si fa. Ecco che risuonano intanto le parole di Gesù: senza di me non potete far nulla. Ma ecco che salta fuori anche il Vangelo di oggi, da comprendere bene. Gesù non sta esaltando il Padre perché egli effettivamente e attivamente ha rivelato qualcosa ad alcuni e ha nascosto queste cose ad altri. Lui sta lodando il Padre, perché vede che ci sono persone che hanno deciso di vivere una vita semplice, trasparente e per questo hanno spazio dentro di sé per accogliere Dio e le sue logiche, molto di più di chi si vuole scervellare per "capire Dio". La benevolenza di Dio decide per noi la possibilità di vivere fino in fondo le sue logiche, così poco logiche per noi, se noi ci lasciamo guidare, nella semplicità e togliendoci man mano le sovrastrutture che negli anni della vita ci costruiamo. E allora, semplici come bambini o come anziani, ci lasciamo guidare, fino a conoscere sempre meglio Dio stesso. 

domenica 4 giugno 2023

il segreto della felicità

Gv 3,16-18


Mi fa tanto bene al cuore, immaginare questa scena di Gesù e Nicodemo in un colloquio notturno e pensare come risuonano le parole che dice. E' come se stesse affidando a Nicodemo il segreto della felicità, in questo momento di intimità. E' come se stesse svelando appunto a lui, il segreto della Trinità che festeggiamo oggi. E, a quanto pare tutto questo, è molto più semplice di quanto ce lo potessimo immaginare. Perché, suggerisce Gesù, la felicità non dipende da ciò che facciamo nella vita... ma prima delle opere viene una relazione o forse più relazioni. Il Figlio infatti è stato donato a noi, non perché noi ci sentissimo inferiori davanti a lui e quindi frustrati, perché imperfetti, ma per scorgere la luce che viene da Lui e... accoglierla, sceglierla ogni giorno di nuovo (non una volta per tutte, eh!). Una relazione con Lui, con loro Tre... una relazione luminosa, che poi rende tutte le relazioni più luminose, dopo influisce anche sul nostro fare: appunto, perché chi è nella luce, le sue opere sono luminose. Non hanno bisogno di essere perfette, come la persona non ha bisogno di essere "all'altezza", perché sperimenta la felicità nell'essere il massimo di quello che è, con semplicità e schiettezza. E qui si realizza la salvezza operata dal Figlio: nel nostro essere felici, perché la gloria di Dio è l'uomo vivente. Non so se Nicodemo ha capito... non so se ho capito nemmeno io! Del resto la felicità è un cammino che mai finisce in questa vita. Buon cammino a noi, allora, verso la felicità eterna!