Lc 10,38-42
Ed eccoci in una nuova puntata in cui ci si mettere a dare addosso alla povera Marta, casalinga disperata...
No, non esattamente. Certo avremo letto e meditato questo Vangelo tantissime volte. E probabilmente ogni volta ci viene il latte alle ginocchia a sentirla ripetere che insomma è sempre lei a dover fare tutto e nessuno le dà una mano per adempiere ai doveri della casa.
Mi sembra che ci siano due cose interessanti da vedere in questo brano.
Il primo è una dinamica che ricorre spessissimo nella nostra vita. Ci sono quelle persone, molto attive, con un certo spirito del darsi da fare, che inizialmente sono sempre entusiaste e credono tanto in quel che fanno. Ma che, col passar del tempo, per qualche motivo più o meno misterioso, si ritrovano ad affrontare da sole tutte le faccende.
Queste persone le si riconosce proprio dall'atteggiamento di Marta: se non lo faccio io, non lo fa nessuno. Non si fermano a riflettere sul perché di una tale situazione. Anzi, danno la colpa agli altri, dicendo che sono gli altri che non sanno lavorare insieme, ma scaricano su di loro tutti i compiti. Mentre senza accorgersene, piano piano, attraverso l'attivismo e l'accentramento su di sé di ogni cosa, si ritrovano a lavorare da sole. E' un problema ricorrente nelle persone che esigono che si stia al loro ritmo. Della serie: o me lo fai ora o guarda, me lo posso fare pure benissimo da solo. Magari un messaggio così, non necessariamente verbalizzato così. E la risposta arriva prestissimo, anche questa non verbale. Uno si ritrova a fare tutto da solo, è stanco, scoraggiato, offeso, la colpa è di tutto il mondo e il bene non viene costruite.
Ecco, appunto, il bene... perché in questo brano si parla proprio di un bene o di "due beni" da compiere. Capita spessissimo che noi siamo convinti nel fare certe cose. Decidiamo noi un bene da farsi, ci mettiamo in moto...eventualmente informiamo Dio, anche nella preghiera, delle belle cose che abbiamo deciso di fare. Non ci viene il dubbio che forse le belle cose, dovremmo prima consultarle con il Signore, per capire con più chiarezza quale è il bene da compiere, quello vero, quello che corrisponde al momento presente, quello che, impregnato di carità, detta ciò che è da farsi non secondo le nostre belle fantasie, ma secondo le vere esigenze che ci si presentano in base a ciò che vediamo attorno a noi. Mi raccomando, attorno, non solo dentro di noi. Perché dentro di noi ci sono tanti desideri di bene, ma un bene può purtroppo essere anche egoistico. Voler fare una cosa a tutti i costi, perché si è deciso così, è come rovesciare quella parte del Padre Nostro che parla della volontà da compiere e dire: sia fatta la mia volontà...insomma, è un bene quello che desidero! Si, cara Marta, è un bene, ma è un bene attinente alla situazione in cui ti trovi, oppure è un bene minore, proprio perché non proporzionato al momento? Vedi di fare quel bene maggiore, che consiste necessariamente nel mettersi per primo ai piedi del Maestro, per sentire la sua parola, ciò che vuole Lui. Allora la forza centripeta di un bene compiuto "perché io ritengo che vada bene così", si trasforma in quella centrifuga, quella che sa, che da sola non può far nulla e che, mettendo Dio al centro, guarda a Lui e distribuisce gli incarichi, per una comunione sempre più profonda e fondata.