Oggi è il giorno femminile, giorno di Maria...e provo ad immedesimarmi con i suoi sentimenti, a darle voce:
Ieri camminando dietro a Lui e soffrendo mi ricordavo che doveva
essere una sola la spada ad attraversare la mia anima. Lì sembrava invece che ogni
passo verso quella Croce che lo attendeva fosse già una spada. L’ho seguito in questi
anni di nascosto, ma senza perderlo dalla vista e ieri... finalmente tra la
folla sono riuscita ad avvicinarlo. E volevo dire tutto e non riuscivo a dire nulla. Non riuscivo nemmeno a
sostenere il suo sguardo ma non potevo distogliere il mio dai suoi occhi. L’avevo perso diverse volte nella vita, ieri l'ho perso un’altra volta, sentivo che con
la sua sofferenza il mio cuore stava per scoppiare. E forse avrei preferito che
scoppiasse il mio piuttosto che il suo.
Mio Dio, oggi come ieri, non so come gridare di modo che nessun altro senta, se non Lui. Ora che la vita di questo Figlio,
frutto della mia vita in ricerca costante delle tue vie, ha compiuto ciò che io
oggi non comprendo ma accolgo, sicura di te, concedimi di essere
presente a Lui, a me stessa e al mondo... Lui è Dio,
sì. Non comprendo come possa morire Dio e in che maniera potranno compiersi le
promesse date ai Padri che l’Angelo mi ha ribadito quel giorno. O Dio che
solo conosci le vie per le quali guidi le nostre vite, la vita del mondo e dei
tuoi figli, non permettere che la sofferenza chiuda ora la porta del mio cuore.
Rendilo invece ancora più aperto e disponibile a camminare sulle tue vie, ad
essere “abbandonata” per amore.
Non so come ho avuto la forza, quando l'hanno deposto dalla croce, di tenerlo tra le braccia.
Volevo tanto farlo rientrare nel mio grembo, dove potesse stare al sicuro come in
quei nove mesi di tanti anni fa. Si, anche ieri, nel mio grembo, questo frutto
maturato e consumato. Figlio mio, cosa devo fare ora io, quando tu,
che sei tutta la mia vita, sei venuto meno? In che cosa sperare? Questa mia
vita ora sospesa, perché desiderosa di allontanarsi dal mondo insieme con te,
ma tuttavia ancora presente, non sa se non il presente. Mi
ricordo la mangiatoia di quella grotta a Betlemme... e il mio cuore si
riempie di gratitudine verso Giuseppe, che ha messo a disposizione questo
sepolcro, in modo che almeno la sepoltura non fosse umiliante. Mi sembrava ieri di
tornare a casa senza il cuore, rimasto lì, con lui. Oggi tutto tace. Ma in questo
silenzio, stranamente, il sole splende. “Ecco tuo
figlio”, mi ha detto... quasi come mi volesse dire che non lo perdo, che è
ancora lui ad orientare la mia vita. Non so spiegare a parole ciò che sento. La
sofferenza fusa con la speranza in qualche maniera genera ancora vita...
C'è una trepidazione nel mio cuore... se ci penso, è la stessa del giorno prima delle mie nozze con Giuseppe. Strano. Il mio volto è gonfio da tanto pianto, i muscoli del mio corpo contratti dalla sopportazione dell'angoscia. C'è una tensione che inizialmente ho interpretato come risultato della sofferenza. Ma il mio corpo e qualche strana intuizione dentro mi dice che non è così. Devo credere quel che la memoria del cuore mi restituisce? Devo credere che è trepidazione nuziale? Le lacrime hanno purificato il mio essere... mi hanno resa pronta un'altra volta a riaprire la mia vita, il mio cuore, il mio grembo. Sposami, o Dio dei miei padri, se è vero ciò che sento, sposami e legami per sempre al tuo progetto d'amore. Scende già la sera...Fa' che il talamo nuziale sia pronto e ne sgorghi la luce di una nuova VITA.