Se uno non nasce dall'alto non può vedere il Regno. Si, è dall'alto che
si vede la trama, uscendo dal particolare per innalzarsi e scrutare l'insieme.
Il diavolo sta nei dettagli si dice, ma non solo. Se fosse sempre e solo così,
rinascendo dall'alto noi vedremmo una trama "diabolica" e il nostro
guardare dall'alto sarebbe un semplice e meschino prendere le distanze dal
mondo, timorosi di esserne contagiati. Invece anche la risurrezione sta nel
dettaglio, l'immanenza di Dio si nasconde nelle piccole cose della nostra vita.
E allora, rinascendo dall'alto noi diventiamo capaci di contemplare il Regno,
si, quello che è in mezzo a noi. Quel Regno che Cristo ha portato tra noi e che
è qui, aspettando il proprio compimento. Si, questo significa pure saper
guardare oggettivamente ogni sorta di sofferenza che c'è nella nostra vita o
meglio, saperlo inserire tra la trama amorosa del Regno e darle un senso a
partire da essa. Forse potremmo richiamare il termine resilienza in questo
contesto, quella capacità di vedere ciò che ostacola la nostra esistenza, come
una molla di rilancio per camminare con ancora più coraggio, memori di ciò che
impariamo dagli sbagli. Il punto è che chi rinasce dall'alto è come lo Spirito. Non dà falsa
sicurezza, non promette appoggi umani, perché comprende fino in fondo quanto la
vita nello Spirito non sia misurabile, né circoscrivibile. Si segue la voce, e
questo richiede un'attenzione continua per saper leggere i segni, le orme di
Dio nella quotidianità. Guardando appunto dall'alto con l'occhio di Dio capace
di contemplare l'opera sua così come Egli la vede e insieme stando coi piedi
per terra per saper vivere bene quei particolari che capitano tutti i giorni e
saper quanto peso e quanta serietà dare alle cose, per vivere nella leggerezza
e semplicità che non sono superficialità. Forse lo conclude in modo migliore
Alda Merini: la semplicità è la raffinatezza della profondità.
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