lunedì 25 marzo 2019

la libertà del SI

La Festa del SI

Una gravidanza come tante inattese di tutti i giorni in tutto il mondo. Gli stessi sentimenti di una qualsiasi donna che all’improvviso si scopre invasa. O peggio ancora: tu non conosci l’uomo. Nessuna, nemmeno una minima probabilità. È l’ora di trasformare invasione in inabitazione. In fondo ad invadere è solo la presenza del Signore presso di Lei. Nel suo racconto Luca usa tutti gli altri verbi detti dall’angelo al futuro: concepirai, darai alla luce, chiamerai, lo Spirito scenderà…Forse umanamente parlando sarebbe stato più facile se lui avesse pronunciato tutte queste cose al presente. Detto, fatto. Nulla da decidere, nulla da valutare. Forse da donna d’Israele del tempo, non era nemmeno abituata a decidere o ad avere diritto di dire qualcosa, ma piuttosto era abituata a sottomettersi. Non c’era nulla da intuire, perché le cose venivano stabilite dagli uomini o dalla Legge e andava bene ciò che emergeva da queste due fonti. Ora invece non c’è un uomo. Non lo conosce. E non c’è la Legge. Sta arrivando un bambino senza che si fossero adempiuti tutti i passaggi necessari per la creazione di una famiglia e la nascita di un figlio. 
Tempo della massima espressione della libertà dell’uomo, data dall’intuizione che viene dallo Spirito che abita l’umano. Il passaggio dall’osservanza alla libertà genera Dio nel mondo. In punta dei piedi e con la massima cautela, nell’attento ascolto di ciò che muove interiormente. È discernimento delle voci che risuonano dentro, discernimento che per sempre cambierà le sorti dell’uomo. Lasciati dunque guidare da quelle intuizioni bambine, che nessun genitore al mondo mai può trasmettere al proprio figlio. Esse appartengono al tuo essere Figlia di Dio e ad una relazione unica, irripetibile, con la misteriosa voce di Colui che ama e ti rende feconda in tenera età. Esse ti porteranno dietro alla voce dell’amore che non inganna. E tutto si giocherà nel tuo piccolo cuore, per quel piccolo piano salvifico che nella sua immanenza si nasconde in ogni piccolo frammento della vita del mondo. 
Ed eccoti ancella e portatrice dell’eternità, per sempre. Per sempre madre e serva. Un incontro stupefacente, il tuo, con il divino. Il piccolo si mescola con il grande, anzi con la grandezza. Non perdi nulla della tua piccolezza, assumendo tutta la grandezza. Fai entrare la grandezza nella piccolezza, l’infinito tra le pareti di un grembo. L’angelo se ne può andare. Ha compiuto la sua missione: affidare il suo Signore all’intuizione di una ragazza madre. 

giovedì 21 marzo 2019

tornare all'Unico importante [3]

Proseguendo la nostra riflessione quaresimale...
Per fortuna capita nella vita quel momento in cui le visioni ideali di noi stessi e degli altri, costruite con l'enorme dispendio delle nostre energie, crollano. E' il momento della conversione e del ritorno al Dio vero. Si allontana rapidamente l'immagine del Dio sui piedistalli, perché quando manca la terra sotto i piedi, all'improvviso cominciamo ad invocare la vicinanza di Dio, lo vogliamo concretamente agente nella nostra esistenza, cominciamo a fidarci. Avremo bisogno del tempo, per ritornare a sentirci bene con noi stessi, e ovviamente con Lui pure, una volta che il cuore comincerà a sentirsi bisognoso e perciò contenitore per la misericordia. 
Fino a quando cercavamo con le nostre sole forze arrivare in fondo ad ogni cosa, ricoprendoci le spalle con il mantello di supereroe, pronto per salvare il mondo, non eravamo disposti a ricevere le cure del Creatore. Avevamo un'idea per la nostra vita e una visione precisa della nostra realtà, Mentre Lui, pazientemente attendeva l'occasione per prenderci per mano e portare sulle vie da Lui preparate. Sarebbe bello imparare come l'amore di Dio è sempre sorprendente. E che non ci deluderà mai, se siamo disposti ad accogliere l'imprevisto. 
Questo potrebbe risultare talvolta difficile, soprattutto se per lunghi anni abbiamo tenuto la nostra vita ben stretta in pugno e se questo infine ci ha fatto sentire soli. Impareremo a fidarci di Dio, lasciando il controllo nelle sue mani, senza irrigidirci sui nostri schemi, Perché camminare sulle sue vie, non di rado comporta l'insicurezza e tanti punti interrogativi. Ma così in fin dei conti può finalmente morire il nostro vecchio modo di essere, e nasce l'uomo nuovo. Un parto è sempre un'esperienza difficile, per cui il percorso non è semplice. Ma grazie ad esso torneremo ad essere albero che porta frutti (cf. Mt 7, 16-20).
Quando infatti prendiamo coscienza e non abbiamo paura della nostra piccolezza, Dio ci rende capaci di costruire non più su noi stessi, ma sulla Roccia che è lui. 
La Quaresima è allora per noi quel tempo in cui, al termine potremo forse dire con più forza e consapevolezza: ripongo tutta la mia fiducia nel Signore, mi fido sempre della sua Parola. 


[continua]

mercoledì 20 marzo 2019

uomo, non Dio [2]

Ci siamo fermati nella prima riflessione dicendo che possiamo costruire le vere relazioni solo svelando il nostro vero io.
Dobbiamo ricordarci che allacciare i rapporti porta con sé un certo rischio, quello di aggrapparci poi alle persone e cercare in loro il compimento dei nostri desideri. Diventiamo dipendenti dagli altri, forse delle volte senza accorgerci che li cerchiamo per colmare le nostre lacune. Se non abbiamo un forte e costruttivo legame con Cristo, sarà senz'altro faticoso instaurare delle sane relazioni con le persone. Nessuno vive per andare incontro ai nostri bisogni. Come nessuno potrà mai dirci cosa è meglio per noi e come scoprire i nostri desideri più profondi. Ovviamente possiamo e dobbiamo ascoltare i consigli che ci vengono dati, ma sempre ricordandoci che essi provengono da un'esperienza individuale della vita di quella persona. Possono servire a noi, ma la responsabilità per la nostra vita, resta sempre personale e come tale, sta nelle nostre mani. Ognuno di noi, infatti ha una sensibilità e un vissuto differente. Di certo vale anche al contrario: non posso esigere che una persona si comporti in quel modo che per me è stato utile nella vita, perché è la persona stessa che, in fin dei conti, deve decidere cosa è bene per lei. Posso aiutarla, ma mai esigere che faccia ciò che dico, altrimenti limito la sua libertà. 
Ci dobbiamo ricordare sempre che "riempirsi di una persona", è sempre un'esperienza e, nel caso, un antidoto passeggero per le nostre tristezze e per i nostri dolori. A lungo andare questo atteggiamento porta alla profonda delusione, perché prima o poi ci accorgiamo che le persone non sono in grado di colmare certi vuoti che abbiamo dentro. Così il fatto di avere delle attese o addirittura delle pretese verso l'altro, è fonte di frustrazione soprattutto per noi stessi. Siamo capaci anche di andare avanti cercando di convincere noi stessi che va bene appoggiarsi su una persona, fino a quando non arriva la grande delusione, quando non otteniamo ciò che stiamo cercando. Capita pure, che spostiamo l'attenzione su un'altra persona, senza accorgerci dello schema che stiamo riproducendo, che ci porta di frustrazione in frustrazione. Esso ci allontana dalla vera realizzazione dei nostri desideri e, di certo anche da Dio, che, mentre dovrebbe essere al centro della nostra vita (se siamo cristiani), viene sostituito da un surrogato umano. 

[continua]

lunedì 18 marzo 2019

il carnevale è finito? [1]


La Quaresima è sempre tempo propizio per riflettere di più sulla nostra vita. Chi sono? Perché vivo?

Forse è proprio importante farlo ora, visto che di solito siamo intrappolati in mille cose... cerchiamo di fare bella figura professionale, ci aggrappiamo alle persone, dobbiamo essere efficienti in tutto...

Nella rete delle maschere

E nel frattempo ci nascondiamo dietro un'immagine che, più o meno consapevolmente, creiamo di noi stessi. Vogliamo essere visti come persone di successo, a cui le cose vanno bene, sia al lavoro, che nella vita privata. Problemi? No, ora si chiamano "sfide". Esigiamo sempre di più da noi stessi, viviamo a velocità sempre più elevata. E la nostra felicità? E' direttamente proporzionale a tutto ciò? Questo eterno correre richiede da noi moltissime energie. Tuttavia non ci fermiamo su ciò che abbiamo raggiunto, vogliamo sempre di più. Solo che (forse per fortuna per noi) arriviamo poi ad un punto in cui le energie non ci sono più. All'improvviso non ce la facciamo più, siamo fragili, abbiamo bisogno di aiuto degli altri... magari anche di Dio! Queste esperienze ci dicono che abbiamo costruito un'autostima basata sui successi, sul desiderio sfrenato di autosuperamento. Ovviamente, la sana crescita comporta anche questo, quando è equilibrata e rispetta i tempi dovuti e le energie a disposizione. E comunque occorre che ci domandiamo se nella vita facciamo quel che desideriamo o quel che "bisogna fare"? La differenza è fondamentale. Se seguo ciò che è il mio desiderio, significa che cerco di vivere in armonia con me stesso e con ciò che sono. Il dovere invece viene di solito imposto dall'esterno, oppure è frutto di voci introiettate nel corso della vita. Quando seguiamo soprattutto questi imperativi il nostro autentico "io", quello che davvero siamo, di solito viene trascurato. Tralasciamo noi stessi  e anche i nuovi successi e traguardi non ci danno gioia e non colmano il nostro cuore.


Il fatto che indossiamo delle maschere, ha come base i nostri bisogni primari: quello di essere accolti e accettati. Abbiamo bisogno di avere successo presso le persone, ma lo conquistiamo nei modi sbagliati, cioé attraverso la nostra continua spinta al fare. Non diamo il valore al nostro essere. In questa maniera abituiamo gli altri al modo in cui funzioniamo, per ricevere il tornaconto e sentire di valere qualcosa ai loro occhi. E, perché no, vogliamo far vedere anche a noi stessi, quanto siamo bravi. Nutriamo il nostro falso "io", che così cresce e diventa una seconda pelle, qualcosa che entra dentro di noi e ci fa appassire. Quando queste dinamiche vengono coltivate a lungo, allora il "distacco della maschera" diventa poi un processo lungo e doloroso, accompagnato di solito anche dalla paura di non essere in grado di accettare la verità di noi stessi, che inevitabilmente emerge, quando la maschera cade. Inoltre, dopo anni in cui andiamo avanti in questa maniera, possiamo avere anche davvero dei seri problemi nel saper definire ciò che davvero conta per noi, quali sono i nostri veri valori. E' allora che dobbiamo porci la domanda: di che cosa ho veramente bisogno? Quando ci scontriamo finalmente con questa domanda, possiamo finalmente cominciare a camminare verso l'autenticità o crescere in essa.
Del resto, lo sappiamo, la vera relazione con l'altro, possiamo costruirla solo ed esclusivamente, quando facciamo vedere la verità di noi stessi, il nostro io: fragile, imperfetto, ma tanto autentico.
E allora, rispondiamo oggi sinceramente a noi stessi: il carnevale è finito? Facciamo cadere le nostre maschere?

[continua]







venerdì 8 marzo 2019

la disgrazia e l'amore abitano in lei

Per noi, in regalo, da Alda:

Se tu sei la mia mano, 
il mio dito, la mia voce
se tu sei il vento
che mi scompiglia i capelli,
se tu sei la mia adolescenza,
io ho il diritto di servirti 
e il dovere
perché l'adolescenza non ha mai
chiesto nulla alle sue stagioni.
Tu mi hai preso, 
perché io non ero una donna
ma solo una bambina.
E le bambine si accolgono 
e si avvolgono del mistero.
Tu mi hai reso donna
e la donna è soltanto un pugno di dolore.
Ma questo pugno, io non lo batterò verso il mio petto,
lo allargherò verso di te,
come una mano che chiede misericordia.
Tu sei la mia mano Signore, tu sei la vita
e quando una donna partorisce un figlio,
la disgrazia e l'amore abitano in lei
come il dubbio della sua esistenza.
Tu mi hai redenta nella mia carne
e sarò eternamente giovane 
e sarò eternamente madre.
E poiché mi ha redenta, posi vicino a te
la pietra della tua risurrezione.
E poiché mi hai redenta
fammi carne di spirito e spirito di carne. 
E poiché mi hai redenta, dammi un figlio
atrocemente mio.