Lc 6,43-49
Nel brano di oggi mi colpisce particolarmente un'espressione, usata da Gesù. Egli dice che chi ascolta le sue parole è come se stesse scavando molto in profondità per porre le fondamenta e poi costruire la propria casa. Scavare nella profondità della roccia, è un lavoro molto molto arduo, che richiede tanta forza e tanta perseveranza, oltre che tempo. Quasi un lavoro impossibile, assurdo e irrealizzabile da soli. Precisamente come quando come ci mettiamo a scavare nel nostro cuore. Ci passa la voglia, ci perdiamo in mezzo ai nostri pensieri, desideri, emozioni, sentimenti. Non sappiamo da quale punto iniziare, ci disperiamo, magari riusciamo a scavare un pochino, dopo però ci sembra di nuovo troppo dura, ci tiriamo indietro, ci diciamo "ora basta", oppure ci facciamo a un certo punto la convinzione che "è sufficiente" così e ci accomodiamo su ciò che abbiamo "raggiunto". Fino alla prossima ondata violenta del fiume, di qualcosa che ci investe fortemente dal di fuori, che ci mette in discussione, che ci crea un'interiore "scomodità". Allora appare il bruciore interiore, qualcosa vacilla, nascono emozioni improvvise, quali rabbia, sconcerto, sorpresa. Segno che qualcosa non è stato approfondito sufficientemente. Allora forse si ricomincia a scavare un po' di più. Oppure no. Si può anche far finta di nulla, lasciar passare l'emozione e andare avanti facendo finta di nulla, fino alla prossima ondata. La casa della nostra vita, pur dando apparenza di stabilità, sarà sempre più o meno vacillante, ci piaccia o no. Ma si può rafforzare, se abbiamo la tenacia di andare in profondità, scavando. E al contrario, si può indebolire se non lo facciamo.
Ci sono tanti modi di vivere la nostra fede. Ne voglio sottolineare 4. Ci sono persone che hanno sempre Dio e il Vangelo sulla bocca, ma la vita è un'altra cosa, purtroppo. Poi ci sono quelli che parlano di Dio e la loro vita è coerente con ciò che dicono (nel limite dell'umano ovviamente). E ancora abbiamo quelli che di Dio non parlano o quasi mai. Tra di loro quelli che non ne parlano perché non lo considerano e quelli che non ne parlano, perché la loro vita ne parla sufficientemente. Qual è la modalità giusta? Non lo so, dato che poi ci sono anche tante altre modalità, sfumate. Ma mi sembra di capire che, se è come dice Gesù oggi, che ognuno dal tesoro del proprio cuore trae ciò che è coerente con la sua vita, allora molte parole in realtà non servono, perché vengono comunque risciacquate dalle onde del fiume in piena. Mentre se con l'ascolto della parola del Signore, stiamo scavando abbastanza, allora prevale proprio quello, l'ascolto, e quello dà frutti visibili.
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