Vorrei contare (ma mi perdo!), tutte quelle volte che di fronte ad un qualcosa che mi dà particolarmente fastidio, anche solo nel pensiero mi scappa la fatidica frase "sicuramente non è colpa mia". Si, purtroppo funzioniamo molto così: invece di guardare la realtà dei fatti che accadono quotidianamente, anche qualora non si trattasse di un male vero e proprio, facciamo di tutto per far scomparire quello spillo che ci punge e ci parla di una nostra responsabilità, probabilmente on adempiuta. Se ognuno di noi guarda alla fine della giornata, per riassumerla in un ringraziamento e in uno sguardo di verità su se stesso, come dovrebbe accadere nell'esame di coscienza, si accorge, quante tentazioni, piccole o grandi ci sono nelle pieghe della nostra vita. Quante volte, soprattutto nelle nostre relazioni, siamo portati a trascurare il fatto che le scelte che facciamo, non sono solo scelte per noi, ma si ripercuotono necessariamente su chi ci sta intorno. Credo che questo sostanzialmente sia il messaggio che scaturisce dalla Parola di Dio che ci viene donata oggi. Il digiuno, la fame, e probabilmente qualche altro disagio che Gesù prova e di cui non ci parla il testo biblico, non diventano per Lui scuse per nascondersi dalla propria responsabilità. Anzi, si mostra capace di considerare profondamente le proposte che gli vengono fatte. Non evita il confronto con ciò che gli si presenta davanti, non rifugge dalla prova. Perché per assurdo è proprio dove ci lasciamo sfidare, creiamo spazio per considerare in profondità la risposta che la nostra debole umanità può dare. Delle volte, se riusciamo a fare questa operazione, che richiede molta attenzione alle dimensioni della nostra interiorità, ci accorgiamo che da soli non ce la facciamo di fronte alla tentazione. E allora dovremmo cercare aiuto. La sapienza, non solo quella che viene dalla fede, ma anche dalla vita umana, ci dice, che delle volte aprire il cuore a qualcuno basta per allontanare immediatamente la tentazione. Si, perché siamo fatti per la relazione. E dove il rischio di staccarsi da Dio comincia ad essere reale, ci vuole qualcuno attraverso cui Dio ci ama (quindi non uno a caso). Nel suo atteggiamento di accoglienza, ci riporta alla luce, perché, come diceva don Pino Puglisi, concretamente Dio ci ama sempre attraverso qualcuno.
Dunque, la tentazione di scaricare la colpa sull'altro, come fa Adamo con Eva e come d'altronde fa Eva con il tentatore, si frantuma quando consideriamo la nostra insufficienza. Solo la considerazione della nostra incompletezza ci riporta alla responsabilità personale. Io sono responsabile per ciò che accade, io devo dare la mia risposta, nella misura in cui posso e so farlo. Quando mi sento troppo debole, ho sempre qualcuno a cui chiedere aiuto, o meglio, ho sempre Dio a cui chiedo aiuto, che può essere anche una presenza amica. Nessuno infatti nel mondo e nella storia è il solo responsabile per il bene o per il male che accade. E nessuno si salva da solo.