Gv 1,45-51
Come ti senti quando qualcuno ti dice: ti ho visto ? Credo che di solito, istintivamente, cominciamo a domandarci: oddio, cosa ho fatto di sbagliato? Comunque, un momento di dubbio, di sospensione, in questi casi è più che normale. Soprattutto quando non capiamo realmente se dietro a queste parole si cela un rimprovero oppure si tratta di qualcos'altro.
Natanaele, nel Vangelo di oggi, guarda a Gesù attraverso dei pregiudizi. Si sa, da Nazareth non può venire nulla di buono. Ecco: non lo guarda per quello che Egli è realmente, tuttavia per fortuna, è capace di porre il suo dubbio in forma di domanda. E, ricercando la risposta, si imbatte nell'atteggiamento esattamente opposto al suo. Viene chiamato da una persona che anzitutto sa e pronuncia il suo nome e dopo sa e verbalizza ciò che sta nel suo cuore. E dice delle cose positive. Si accende lo stesso un sospetto: come mi conosci? E avviene un miracolo: non appena si sente preso per quel che realmente è, riesce a riconoscere l'altro per quello che Egli è. Non sappiamo se sia stato l'effetto solleticante dell'essersi sentito elogiato... Tuttavia forse possiamo trovare qui una grande verità relazionale. Solo se siamo guardati con amore e accettati per quel che siamo realmente, riusciamo a riprodurre lo stesso sguardo sugli altri. Dall'essenza all'essenza. Senza tanti raggiri o sforzi di guardare dentro per mettere insieme degli elementi (che poi non si sa da dove vengano) e "definire" una persona. Essere amati = essere guardati. Se sentiamo lo sguardo di benevolenza su di noi, ci sentiamo amati. E scompare il bisogno di definire una persona, perché basta il suo nome e il bene che c'è dentro di lei, che, pronunciati, danno la vita all'altro, e gli danno quella carica che significa: la mia vita è importante. Non c'è bisogno di essere innamorati, per vivere questo, non c'è bisogno di sguardi sdolcinati. L'esercizio quotidiano potrebbe essere quello di ri-cor-dare, ripassare dalle parti del cuore, il fatto che siamo sempre guardati con amore dal datore della vita. Allora forse pian piano cambierebbe il nostro sguardo sulle persone e sulle cose. Le nostre relazioni possono in questo modo diventare più semplici, più dirette e più edificanti. E scompare la paura che "qualcuno mi abbia visto", quando vivo sotto lo sguardo tenero e premuroso di Dio.
Natanaele, nel Vangelo di oggi, guarda a Gesù attraverso dei pregiudizi. Si sa, da Nazareth non può venire nulla di buono. Ecco: non lo guarda per quello che Egli è realmente, tuttavia per fortuna, è capace di porre il suo dubbio in forma di domanda. E, ricercando la risposta, si imbatte nell'atteggiamento esattamente opposto al suo. Viene chiamato da una persona che anzitutto sa e pronuncia il suo nome e dopo sa e verbalizza ciò che sta nel suo cuore. E dice delle cose positive. Si accende lo stesso un sospetto: come mi conosci? E avviene un miracolo: non appena si sente preso per quel che realmente è, riesce a riconoscere l'altro per quello che Egli è. Non sappiamo se sia stato l'effetto solleticante dell'essersi sentito elogiato... Tuttavia forse possiamo trovare qui una grande verità relazionale. Solo se siamo guardati con amore e accettati per quel che siamo realmente, riusciamo a riprodurre lo stesso sguardo sugli altri. Dall'essenza all'essenza. Senza tanti raggiri o sforzi di guardare dentro per mettere insieme degli elementi (che poi non si sa da dove vengano) e "definire" una persona. Essere amati = essere guardati. Se sentiamo lo sguardo di benevolenza su di noi, ci sentiamo amati. E scompare il bisogno di definire una persona, perché basta il suo nome e il bene che c'è dentro di lei, che, pronunciati, danno la vita all'altro, e gli danno quella carica che significa: la mia vita è importante. Non c'è bisogno di essere innamorati, per vivere questo, non c'è bisogno di sguardi sdolcinati. L'esercizio quotidiano potrebbe essere quello di ri-cor-dare, ripassare dalle parti del cuore, il fatto che siamo sempre guardati con amore dal datore della vita. Allora forse pian piano cambierebbe il nostro sguardo sulle persone e sulle cose. Le nostre relazioni possono in questo modo diventare più semplici, più dirette e più edificanti. E scompare la paura che "qualcuno mi abbia visto", quando vivo sotto lo sguardo tenero e premuroso di Dio.
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