Gv 19,25-27Vi propongo oggi questa meditazione, lettura spirituale del brano di Maria ai piedi della Croce.
Qualche anno prima, si
erano ritrovati davanti a lei in quella sala nuziale, tremando, dicendo che
stava finendo il vino. E forse lei non sapeva nel primo momento se era un
bisogno o un desiderio. L’essenza del momento più bello della vita di una
persona, conditio sine qua non, la
bellezza stessa. La bellezza… è un
desiderio di cui abbiamo bisogno ed è un bisogno che desideriamo. Un cuore
leggermente spento, se conserva la nostalgica nota attraverso la quale desidera
il desiderio, è sulla strada verso la bellezza. Madre del desiderio sei allora,
Maria, colei che precede il vuoto che si sta creando. Stabat Mater: il tuo posto fisso è lì, ai piedi della Croce. È
proprio lì che tu guadagni per noi questo desiderio che tante, troppe volte è
lucignolo fumigante, nelle nostre vite distratte dai vuoti che non colmano il
cuore. Il bisogno più grande, tu lo intuisci così: non fuggi dalla croce. La
bellezza ora ha sembianze di ecce homo,
uomo morente e senza confini. Ritorna attraverso la tua maternità, la dignità
di ogni persona umana, ritorna l’inequivocabile verità sulla bellezza che
risiede in ciascuno di noi. Alzare il capo per vedere
tuo figlio che muore per ridare la bellezza a tutto il mondo, alla storia. Far
violenza al nucleo della propria maternità. Sentire la spada trafiggere il
cuore. Scopri che la tua missione non era affatto compiuta con il dare al mondo
il suo Redentore. E non termina nemmeno con il suo: Donna, ecco il tuo figlio. La missione è compiuta quando tu e Lui,
due vite distrutte, rovesciate più o meno consapevolmente la logica della
morte. Due corpi martoriati, di cui uno morente, immagini di bellezza che rinasce
oltre ogni aspetto estetico. Lì, sul colle del Golgota, tu hai alzato lo
sguardo per contemplare tra le lacrime, il volto sfigurato di Lui, precedi il
vuoto che si sta creando. Precedi, con il tuo atteggiamento, ciò che non è
stato intuito subito dopo la sua crocifissione e non viene intuito nemmeno
oggi, tante volte. Ti accorgi che ciò di cui abbiamo più bisogno, quel
desiderio dei desideri, si nasconde nel brutto. Si sta facendo buio su tutta la
terra, per far risplendere la Luce con ancora più forza. Non desidereremmo la vita, se non avessimo
dentro la nozione della nostra mortalità. Non potremmo mai vedere e apprezzare
la bellezza, se non conoscessimo, per contrasto, la bruttezza. Sono contrasti a
cui non badiamo, quando il vuoto si affaccia ai nostri cuori. Eppure è
possibile non vedere nulla per eccesso di luce. Non sentire più nulla per
eccesso di dolore. E proprio laddove ci sentiamo incapaci di provare alcun
sentimento, quando i sensi si mettono a tacere, la bellezza e la vita esplodono:
anche in mezzo all'orrore e alla morte. Probabilmente
qualche esperto della vita spirituale lo chiamerebbe purificazione, oppure
notte dei sensi. Ma quando quel dolore generativo diventa esperienza dello
spirito e persino della carne, si comprende quanto è limitante vestire di
parole un’esperienza. Le nostre lingue, soprattutto quelle moderne, quelle che
con sfrenata corsa scappano dalle espressioni che chiamano per nome la sofferenza,
fingendo che da essa si possa fuggire nella vita, arrivano solo fino a un certo
punto. Dopo resta solo lo spazio di silenziosa condivisione di quello che
succede nell’animo umano. Linguaggio oltre ogni linguaggio.