Mt 21,28-32
Ti ricordi quella volta (almeno una), in cui hai detto di Sì a una richiesta, a una persona, a cui in realtà non avevi nessuna voglia di dire di sì. E, chissà, forse non eri nemmeno costretta/o dalle circostanze (ad esempio lavorative)? Ma l'hai detto. Perché? Cosa sarebbe successo se quella volta, quando dopo quel sì, hai sofferto e hai dovuto affrontare delle situazioni che ti stavano scomode, avessi invece detto di no? Cosa avresti perso? Cosa avresti guadagnato? Quale sarebbe stato il bilancio, un possibile scenario? Moltissimi di noi vengono dalle generazioni educate a dire sempre di "sì". Siamo abituati a mettere sempre le richieste e i bisogni degli altri davanti ai nostri. I guadagni sono vari, spesso quello più forte e quello che ci paralizza dentro, è il guadagno affettivo. Se dico di "sì", mi vorranno bene, mi considereranno persona buona, educata, disponibile. Ma ti sei mai domandata/o, cosa sarebbe successo se dicessi alle volte di "no" e perdessi questa considerazione? La risposta sarà certamente personalizzata... se nel rispondere sentiamo che ci manca la terra sotto i piedi, dobbiamo seriamente domandarci dov'è l'affetto che dovremmo nutrire verso noi stessi... Sì, perché i primi a farci stare in piedi dovremmo essere noi stessi, e nello specifico caso di noi, che crediamo, la consapevolezza dell'amore di Dio, sempre presente e che ci accompagna al di là dei nostri "sì" e nostri "no".
Il Vangelo di questa domenica ci ricorda proprio questo. Esistono nella nostra vita tanti "sì" costretti, non scelti. Il figlio che dice al padre che è disposto ad andare a lavorare nella vigna, fa esattamente questo: vuole guadagnare la considerazione, solo quello gli importa. Poi, siccome vive nella speranza di non essere scoperto, non ci va. Il suo parlare è "sì" e il suo fare è "no". E si rischia una vita schizofrenica: emotivamente impossibile da sostenere e generante delle relazioni che si basano sulle paure, sulle non trasparenze. Forse invece dobbiamo imparare di più a dare spazio a quel bambino ribelle dentro di noi, che dice di "no", quando sente che le cose non gli stanno a genio. Quando sente che ha bisogno di quel "no" per essere coerente con se stesso, per mostrarsi per quello che veramente è e non per quello che gli altri si aspettano da lui. Ecco perché i pubblicani e le prostitute passano davanti a noi nel Regno: il loro sì al Signore parte dalla consapevolezza della loro estrema miseria. Ed è questa consapevolezza che permette a ciascuno di noi di dirsi: non posso dire sempre di "sì" perché non sono Dio. Difficile... ma realizzabile!
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