Gv 11,1-45
Non ci ho fatto proprio caso a Lazzaro oggi... anche se è lui la causa di tutta questa confusione Più che le solite considerazioni sull'uscire dal buio alla luce, abbandonare i propri sepolcri, sull'anticipazione della risurrezione di Cristo, vorrei guardare ancora alle due sorelle del risuscitato. Mai come oggi mi pare che siano una stessa persona nelle sue due espressioni. Marta, inquieta come sempre, non appena sente che Gesù sta venendo da loro, gli va incontro senza manco fargli entrare nel paese... Me la immagino che corre incontro a Lui per rimproverarlo che in un momento di massima debolezza del fratello, non è stato lì con loro. E poi... provoca, si, Marta è provocatrice, non le basta sapere che il fratello sarebbe risorto nell'ultimo giorno, vuole sapere di più, vuole sapere l'utilità per la quale Gesù è arrivato lì con Lazzaro già morto e sepolto. Attende parole che le parlino dei fatti. E, donna di animo grande e fiducioso, CREDE, crede prima che il miracolo avvenga: la sua è una confessione di fede non minore di ciò che diciamo noi nel credo. Ma non finisce qui. Torna a casa e dice a Maria che il Maestro l'aspetta. Gesù non ha detto nulla di simile. Ma il fatto è che Dio quando ti parla e quando tu lo interpelli, ti vuole nella tua interezza. Per questo Marta è come se andasse a recuperare la sua "seconda metà". Maria, che finora è stata seduta in casa, si muove finalmente. Questa persona che sono loro due, tira fuori "il resto di sé", lo fa uscire, esce allo scoperto con tutto ciò che ha dentro e che forse ha spesso tenuto dentro. E avviene che questa donna si getta ai piedi del Signore e piange. Finalmente cade la corazza della "forte" Marta, che sebbene faccia bene a "rimproverare" il Signore, deve mostrarsi anche nella sua debolezza. E' come quando noi (non si sa perché) pensiamo di dover essere forti di fronte al dolore e non riusciamo a lasciarci andare. E invece Dio, per fare miracoli nella nostra vita, ha bisogno della nostra autenticità, cioè che noi non ci vergogniamo né davanti a Lui né davanti agli uomini, della nostra fragilità. Ed ecco che il cuore di Dio si commuove e avviene il miracolo. Ciò che era causa del dolore profondissimo, riporta la vita in questa famiglia. Così Marta e Maria rappresentano una persona nella sua interezza e verità. Si, perché se la malattia di Lazzaro è per la gloria di Dio, noi sappiamo che la gloria di Dio è l'uomo vivente, quello intero, risorto, ricompostosi nella sua umanità. Risorge dunque il fratello, ma risorge anche LA sorella, si ricompone appunto. Siamo un po' tutti noi così: litighiamo (giustamente) con Dio, ma dobbiamo arrivare nei nostri dolori, a lasciarci andare, lasciare che il nostro cuore sia quello che è, forse che si spezzi, per far penetrare la luce nuova, la Luce della nuova vita.
Tanto attuale per il nostro oggi... gridare al Signore, coscienti della nostra debolezza, del nostro bisogno in questa situazione che denuda la vulnerabilità di tutti... ma gridare da CREDENTI, coloro che sanno di essere sempre ascoltati.
Non ci ho fatto proprio caso a Lazzaro oggi... anche se è lui la causa di tutta questa confusione Più che le solite considerazioni sull'uscire dal buio alla luce, abbandonare i propri sepolcri, sull'anticipazione della risurrezione di Cristo, vorrei guardare ancora alle due sorelle del risuscitato. Mai come oggi mi pare che siano una stessa persona nelle sue due espressioni. Marta, inquieta come sempre, non appena sente che Gesù sta venendo da loro, gli va incontro senza manco fargli entrare nel paese... Me la immagino che corre incontro a Lui per rimproverarlo che in un momento di massima debolezza del fratello, non è stato lì con loro. E poi... provoca, si, Marta è provocatrice, non le basta sapere che il fratello sarebbe risorto nell'ultimo giorno, vuole sapere di più, vuole sapere l'utilità per la quale Gesù è arrivato lì con Lazzaro già morto e sepolto. Attende parole che le parlino dei fatti. E, donna di animo grande e fiducioso, CREDE, crede prima che il miracolo avvenga: la sua è una confessione di fede non minore di ciò che diciamo noi nel credo. Ma non finisce qui. Torna a casa e dice a Maria che il Maestro l'aspetta. Gesù non ha detto nulla di simile. Ma il fatto è che Dio quando ti parla e quando tu lo interpelli, ti vuole nella tua interezza. Per questo Marta è come se andasse a recuperare la sua "seconda metà". Maria, che finora è stata seduta in casa, si muove finalmente. Questa persona che sono loro due, tira fuori "il resto di sé", lo fa uscire, esce allo scoperto con tutto ciò che ha dentro e che forse ha spesso tenuto dentro. E avviene che questa donna si getta ai piedi del Signore e piange. Finalmente cade la corazza della "forte" Marta, che sebbene faccia bene a "rimproverare" il Signore, deve mostrarsi anche nella sua debolezza. E' come quando noi (non si sa perché) pensiamo di dover essere forti di fronte al dolore e non riusciamo a lasciarci andare. E invece Dio, per fare miracoli nella nostra vita, ha bisogno della nostra autenticità, cioè che noi non ci vergogniamo né davanti a Lui né davanti agli uomini, della nostra fragilità. Ed ecco che il cuore di Dio si commuove e avviene il miracolo. Ciò che era causa del dolore profondissimo, riporta la vita in questa famiglia. Così Marta e Maria rappresentano una persona nella sua interezza e verità. Si, perché se la malattia di Lazzaro è per la gloria di Dio, noi sappiamo che la gloria di Dio è l'uomo vivente, quello intero, risorto, ricompostosi nella sua umanità. Risorge dunque il fratello, ma risorge anche LA sorella, si ricompone appunto. Siamo un po' tutti noi così: litighiamo (giustamente) con Dio, ma dobbiamo arrivare nei nostri dolori, a lasciarci andare, lasciare che il nostro cuore sia quello che è, forse che si spezzi, per far penetrare la luce nuova, la Luce della nuova vita.
Tanto attuale per il nostro oggi... gridare al Signore, coscienti della nostra debolezza, del nostro bisogno in questa situazione che denuda la vulnerabilità di tutti... ma gridare da CREDENTI, coloro che sanno di essere sempre ascoltati.
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