Mt 11,20-24
Oggi è decisamente quel giorno in cui la Parola di ci invita a guardarci attentamente dentro. Gesù richiama alla memoria quei luoghi in cui ha compiuto più miracoli. E sì, si mette a rimproverarli. Cioè mette davanti a loro tutto il bene che hanno ricevuto e fa loro capire come potrebbe essere la loro vita, se avessero approfittato di tutta la grazia ricevuta. Via tutti i buonismi falsi e il piangersi addosso!
Forse ogni tanto bisogna che anche noi rivediamo la nostra vita per comprendere le proporzioni in cui viviamo e di cui occupiamo la nostra mente e il nostro cuore. Perché se crediamo che ogni uomo è una meraviglia... dobbiamo ricordare che Dio non era obbligato a fare tanti miracoli o a compiere tante meraviglie nella nostra vita, eppure pare che ne abbia fatto. Il vero problema non è dunque quello che noi denunciamo come problema, quella cosa che monopolizza la nostra attenzione, su cui piangiamo così tanto (che tante volte significa piangerci addosso). Anche la nostra imperfezione gioca qui un ruolo significativo. Spesso ci lamentiamo che la nostra vita non va bene perché "non siamo capaci" e questo diventa una scusa. E cosa sarebbe se, invece di seguire i pensieri sulla nostra imperfezione, provassimo a contare le benedizioni? Proviamo ad immaginare come cambia la qualità della nostra vita, quando abbandoniamo il negativo attorno al quale si concentrano i nostri pensieri e cominciamo a voler vedere il bene? Il vero problema è qui: non riusciamo a vedere tutte le ricchezze che abbiamo sia dentro che fuori di noi, non riusciamo ad essere felici, perché non siamo grati. Non siamo grati perché siamo concentrati altrove, su quell'altrove che però intristisce la nostra vita costantemente. Gesù ci dice: guai... ma i guai, proprio in questa maniera, ce li cerchiamo noi... Alziamo il capo, dunque, la nostra redenzione è già all'opera, le meraviglie stanno accadendo. E solo se riusciremo a vederle, sottolinearle e contarle, saremo veri seminatori di pace e di bellezza. Perché il realismo non significa negatività, ma il vero realista sa chiamare per nome sia cose poco buone, che quelle buone e quelle meravigliose. Si tratta di vivere nel reale e decidere ancora oggi di abbracciare quella parte del reale, che spesso ci sfugge, perché ci scomoda nella forma di quella grazia, che una volta donata, diventa dono ma anche sfida.
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