E' una parola che ci fa paura, che ci fa venire l'ansia, che vogliamo evitare, che ci parla di instabilità, di incertezza, insomma, per la maggior parte di noi o per la maggior parte dei tempi della nostra vita, non è una parola gradita. La crisi. Peccato che raramente prendiamo in considerazione, che il termine viene dal greco κρίσις cioè scelta, decisione. Insomma, opportunità di fare quella svolta che cambierà effettivamente la nostra vita. Ed è esattamente dove ci manda il Vangelo di oggi. Dice il Signore: sono venuto a portare la spada, non la pace. Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Crisi. Ma Gesù non era quello che doveva rappacificare tutto? Non era quello che avrebbe reso più leggera la nostra croce? Evidentemente non nel senso in cui noi ce lo aspetteremmo. Gesù è soprattutto per smuovere le nostre logiche, le nostre continue voglie di inquadrare dentro queste logiche le persone, le situazioni; è per farci sperimentare che la vita non si consuma negli angoli retti dei nostri schemi, ma che è quella che si svolge nelle pieghe dei nostri programmi quotidianamente compilati. E che la vera vita sta laddove noi riusciamo a vedere e portare Dio nel quotidiano, anche senza grandi trasporti di sentimenti o misticismi. I cristiani siamo donne e uomini sempre in crisi, sempre pronti a crescere, a interrogarsi, ad andare oltre, a perdere il controllo, a lasciarsi portare dallo Spirito... e tutto perché è discepolo di un Dio che ha talmente "rovesciato" la sua divinità da diventare l'uomo e immettersi nella storia, con tutte le sue debolezze e incertezze. Un Dio così siamo chiamati a seguire, consapevoli dell'amore suo, che si riversa ogni giorno su di noi, certo anche quando non percepibile, per il bene del mondo.
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