Mt 16,14-25
Se guardiamo bene la nostra vita, anche quella molto quotidiana, di solito quando succede qualcosa che "non va", e lo notiamo, senza sapere chi ne è l'artefice, la domanda che scatta immediatamente è: "chi l'ha fatto?" Come se fosse così estremamente importante trovare sempre il colpevole. Come se stessimo sempre a dire: io ho notato questa cosa fatta male e ora la faccio pagare a chi l'ha fatta. Come se nella nostra natura fosse in qualche maniera scritto in profondità, che occorre punire il "peccatore", altrimenti non si espia il peccato. E' sempre la logica dell'incapacità di separare il peccato dal peccatore. In fondo è una logica che viene superata nella Pasqua.
Forte e impressionante la domanda che oggi si pongono i discepoli riuniti nel Cenacolo.
Forte soprattutto proprio perché già comincia a rovesciare questa logica. All'annuncio del tradimento, i discepoli cominciano immediatamente a rivolgere la domanda a loro stessi: "sono forse io?". Quindi non più: "chi sarà?", oppure "sarà sicuramente...", ma il rovesciamento a 180°. L'ammissione della possibilità che sia proprio io quel che tradisce. E quindi, secondo la logica della legge del taglione, sono io a dover pagare. E poi la Pasqua porta un ulteriore rovesciamento: sì, sei proprio tu colui che tradisce, ma non devi pagare, perché paga il tradito. Ed è proprio per questo che puoi ammetterlo, puoi dirlo, guardando il tuo proprio riflesso e scorgendo in esso i tratti della misericordia, grazie alla quale vivi. Puoi dirlo forte a te stesso e poi anche agli altri: sì, sono proprio io. Cerco di non tradire, ma tradisco e sono perdonato. Perché anche nella notte del mio peccato, nell'oscuro sentimento di essere nudo e disprezzato per la mia debolezza, risplende un abbraccio nuovo. E il Risorto mi avvolge nella Risurrezione.