Oggi mi viene da fare una riflessione "girata di 180°" rispetto a ciò che dicevamo qualche giorno fa. Osservavamo Gesù che non pretendeva che si credesse solo nella sua testimonianza, ma diceva di avere altri testimoni. Oggi punta invece sulle parole che Egli stessi dice di sé, e sul Padre, che purtroppo coloro che lo ascoltano, non vedono e non riescono a percepire. Bene, vediamo quante volte nella nostra vita, specie parlano di noi stessi, diciamo "ti giuro che..." e "puoi chiedere a...". Insomma a tutti i costi cerchiamo di convincere le persone che sono attorno a noi che una cosa, un evento, una nostra caratteristica, davvero sono come noi le presentiamo. Certamente nella vita serve delle volte farlo. E di solito lo facciamo nei confronti delle persone a cui ci teniamo. E fin qui comunque è tutto normale. Il problema comincia, quando a noi crolla il mondo solo perché le persone non ci credono. Quando d'istinto cominciamo a fare di tutto e a cercare di convincere, magari spendendo forze, tempo, energie, rincorrendo le persone a cui dobbiamo provare qualcosa... solo per avere l'approvazione. E Gesù dice: "anche se io do testimonianza a me stesso, la mia testimonianza è vera". E basta. Le frasi che pronuncia dopo, non sono per nulla volte a convincere i farisei della sua veridicità, anzi, sembra che la distanza tra lui e chi ascolta si stia anche allungando.
Eh sì. Bisogna imparare da lui a reggersi da soli. Certo, siamo esseri in relazione, abbiamo bisogno di curarle ecc. Tuttavia siamo anche soli davanti a Dio, che ci vede per quel che siamo e solo Lui ci vede nella nostra verità. Perché rincorriamo le persone e cerchiamo a tutti i costi la loro approvazione? Forse perché spesso non sappiamo reggerci in piedi da soli e cerchiamo un bastone, cioé una persona che ci regga la vita, che ci dia il ritorno del suo valore. E non ci ricordiamo più che valiamo solo perché esistiamo... Quando ci viene da giurare e da voler convincere qualcuno di qualche cosa, invece di corrergli dietro, forse potremmo fermarci, prendere un bel respiro profondo e dirci: "ma cosa mi cambia, se non mi crede?" Forse scopriremmo che in fondo non ci cambia nulla, che il nostro valore resta lo stesso perché siamo sempre amati, anche quando il rifiuto di qualcuno momentaneamente ci ferisce. Forse anche questo è un passettino verso la libertà interiore: sapere che i legami sono necessari, ma che devono essere sani e che in ogni amore ci vuole anche la giusta distanza, quel respiro appunto, che ci permetta di assaporare lo sguardo d'amore sempre rivolto su di noi al di là del fatto che riceviamo le approvazioni o meno. Questo significa in fin dei conti amare, relazionarsi, ma non essere dipendenti. Questo ci apre alle relazioni libere e all'amore di Dio.
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