La nostra fragilità. L'argomento che puntualmente sfuggiamo o, se lo affrontiamo, è quasi sempre con quella scomodità nel cuore, per doverci ammettere imperfetti. Questa condizione della nostra vita ci parla di un deficit, di un vuoto da colmare. Basta guardare già le prime battute dell’odierno brano di Giovanni.
La folla va dietro a Gesù: qualcosa che le manca. Ma improvvisamente, il nostro sguardo si sposta ad una donna, sola, ferita nel centro più profondo dell’essere umano. È un’adultera, colei che svende il suo corpo, permettendo che venga ferito nella sua capacità di amare. Ed ora questa piaga viene messa lì, al centro, davanti a tutti, senza scrupoli per essere usata per mettere alla prova Dio stesso. Gli scribi e i farisei volendo cogliere in fallo Gesù, non si accorgono però che gli danno in questa maniera l’occasione per mostrarsi esattamente per quello che Egli è, Misericordia. Il tutto, coperto accuratamente dalle prescrizioni della legge, quasi fosse una copertina dorata, che copre però sotto dei complicati meccanismi che nel loro intento, dovrebbero nascondere il loro peccato, palesando quello della donna.
Gesù non dà retta alla loro domanda “a trabocchetto”. Gli esegeti ci direbbero che il suo dito che scrive per terra, è quello della mano di Dio che crea e che ora ri-crea la vita ferita dell’adultera. Ma, cercando di guardare la scena dal punto di vista umano, sembra che Gesù fa questo gesto, per sminuire l’imbarazzo della donna, già tanto umiliata. Lui, Dio, l’unico senza peccato, resta con lo sguardo fisso per terra: anche lui si sente umiliato e prova vergogna. Alza gli occhi solo a loro e risponde con un interrogativo, destinato a restare senza risposta esplicita.
Il Signore accende così un riflettore che illumina tutti gli angoli dell’umanità dei protagonisti. Qualcuno ne resta illuminato, anche se fa male, come ad esempio la donna. Qualcuno invece scappa, sfugge la luce.
Il gesto di condannare l’altro resta sempre sintomo della mancanza della misericordia che non vale solo per il prossimo, ma in fondo vale anche per se stessi. I farisei e gli scribi condannano l’adultera e in seguito condannano se stessi, scappando dalla luce che gli ha appena rivelato la verità sulla loro fragilità. E non regge nessuna Legge.
E infine: colei che non scappa, non viene giudicata da Dio, ma diviene oggetto della sua misericordia. Si svela l’incapacità del male, davanti alla grandezza della misericordia divina. “Nessuno ti ha condannata”: perché in primis non sei condannata da Dio. Chi vuole evitare la luce, si condanna da solo. E non può più sentire le parole di incoraggiamento che liberano definitivamente dalla pretesa di perfezione: “non peccare più”, cioè non autocondannarti più, perché c’è un Amore più grande, che fa sì che la tua debolezza non scompaia, ma sia per sempre amata e per questo redenta.
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