Gv 8,21-30
Lo confesso. Quando leggo questi testi in cui Gesù parla in una maniera un po' enigmatica... non mi piace. Mi piace il parlare chiaro. Il Signore pone delle distanze nel suo discorso di oggi, sottolinea le differenze tra lui e i suoi ascoltatori. Magari passerebbe la voglia di ascoltarlo, quando dice tutto questo e soprattutto quando sembra che non si spiega. Ma in realtà anche oggi lui ci riporta a una verità tutta da sperimentare, soprattutto di questi tempi. Io sono, l'unica cosa importante: Dio è. Una presenza, una compagnia certa, in cui credere. Gesù si fa testimone di questa presenza, soprattutto se ne farà testimone il giorno del venerdì santo, quando sarà abbandonato da tutti gli uomini e gli sembrerà di essere abbandonato persino dal Padre. Quando sarà innalzato, ci farà conoscere ancora quel Dio che sin dall'Antico Testamento si presenta come Colui che è, facendolo ritornare alla vita, nel giorno della risurrezione. Badiamo bene, qui non si tratta di Dio che c'è in una data situazione, che c'è quando lo invochiamo, c'è quando soffriamo, quando torniamo a Lui perché improvvisamente ne abbiamo bisogno. Qui si parla di uno che è, di una presenza, di una costante, e costante eterna. Forse nel tempo di disagio che stiamo vivendo, non sarà molto di consolazione a livello emotivo, ma di certo sarà una verifica della permanenza di questa Presenza nello "sfondo" della nostra vita. Uno sfondo che diventa rivestimento in cui riposare in ogni situazione, anche la più difficile e assurda. Per sperimentare ancora che non potremmo reggerci da soli, se, ininterrottamente e sa sempre e per sempre non ci fosse Lui, che è. Poche compagnie, durante la quarantena. Viene dunque a galla quest'unica e la più importante compagnia. La scopriamo restando nella casa del nostro cuore, mentre dobbiamo restare nelle nostre case. Vogliamo stare in essa?