lunedì 25 gennaio 2021

diversamente vedente

"C'è una crepa in ogni cosa. E' da lì che entra la luce" (L. Cohen). C'è un limite di sopportazione della luce in ogni occhio. Dopo diventi cieco. O diventi diversamente vedente. Quando penso alla conversione di Paolo, lo chiamo "Paolo, il diversamente vedente". Sì, perché è esattamente come lui stesso racconta di sé. C'è un po' di luce nell'osservanza, c'è un'armonia o almeno una tendenza verso di essa. C'è una luce che guida colui che sta ritto sul cavallo senza guardare né a destra né a sinistra, avendo davanti agli occhi solo il suo fisso obiettivo. Ma andare verso un obiettivo che non è fatto di Luce vera, significa confondere i mezzi con i fini. Paolo perseguitava i cristiani in nome di una legge, sacrosanta. Ma questa legge non era LA LUCE, ma solo una sua piccola espressione. Ha preso per fine un mezzo. Poi il momento della caduta. La luce l'ha avvicinato in una maniera tale che finalmente ha capito... sì è aperta la crepa, l'imperfezione che ha fatto sì che restasse sbalordito. Così come succede a noi, quando una caduta ci apre una strada nuova. 
Grazie, Paolo, aiutaci a vedere diversamente... a cogliere nelle nostre cadute, la prova di Dio, di farci ricentrare sull'essenziale. Possa la Luce aprire le nostre crepe e riempirci di sé.

domenica 24 gennaio 2021

quando il gioco si fa duro...

Mc 1,14-20
C'è qualcuno che va controcorrente.  E che esige che si vada controcorrente. Alcuni lo chiamano "fissato", altri "testardo", altri ancora "asociale". Ma lui va convinto. Tutto perché distrugge gli schemi su cui va la maggioranza. Tutto perché non si conforma. Tu sai dentro di te, che dovresti fare come lui, uscire dalla folla di quelli che cavalcano l'onda. Ma l'educazione, la paura di essere giudicato presuntuoso o superbo e... i risultati che vedi, cioè che chi va controcorrente, non è considerato, anzi forse anche viene perseguitato e condannato, ti fanno venire fuori tutte le paure nascoste nelle pieghe più profonde della tua umanità. Non così Gesù. Rinchiudono Giovanni, lui invece di tirarsi indietro, raccoglie la sua testimonianza di anticonformista e va, verso le periferie più impensabili. E lo dice a voce alta con parole, ma ancora di più con la sua vita: convertitevi. E c'è qualcuno che fa proprio la "conversione" e gli viene dietro. Perché quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E' duro, sì, dare la testimonianza del bene, fare un'inversione, cambiare rotta, perché questo significa la conversione. Tutto questo mette alla prova la nostra umanità, è un grosso rischio. E solo Dio sa come andrà a finire. Si, solo Lui. E questo basta, e avanza.

sabato 23 gennaio 2021

Il nuovo è fuori

Mc 3,20-21
Hai presente cosa succede quando ti metti le scarpe nuove? Ricorda quel piccolo timore, quando ti rendi conto che usandole, man mano si sporcheranno, si consumeranno, eppure profumano ora di nuovo! Ci piacerebbe alle volte tenere le cose "dentro" e conservarle scrupolosamente, in modo che restino al sicuro, eternamente nuove. E anche se sappiamo che questo è impossibile, ci proviamo lo stesso oppure almeno proviamo quello strano sentimento di resistenza quando ci rendiamo conto che le cose nuove presto (e di questi tempi sempre più presto, data la qualità, tante volte scarsa dei prodotti) si saranno consumate. Eppure il nuovo serve "per fuori". O meglio ancora, solo ciò che resta fuori, può essere considerato novità. Gesù gironzolava, si trascinava dietro un sacco di gente. Dunque, "i suoi" sono andati a prenderlo, a "ritirarlo", perché come dicevano, era fuori di sé. Ebbene, si, lo era sicuramente. Perché non gli piaceva il vecchio, perché non era venuto a conservare le consuetudini, ma per scuotere la vecchia realtà e farne una nuova. E per questo aveva bisogno di essere fuori. Anche il nuovo può essere consumato, ma non per questo diventa necessariamente vecchio. La novità sta infatti nei due movimenti che si completano: centrifugo, che ti porta fuori e centripeto che ti porta dentro. Perché noi siamo sempre chiamati a stare dentro di noi, presenti al nostro cuore, per poter dalla pienezza di questo cuore, portare la novità nel mondo. Ed essa non si logora.  
Per i nostri fratelli usciti dal Covid, inizia una nuova vita...in particolare per chi è giovane e ancora attende. Che vita sarà? Il vissuto ci segna sempre, specialmente quello traumatico. Tuttavia questa vita che rinasce, contro ogni speranza, resta per noi un segno forte, introduce nel mondo un raggio di Bontà, che stimola e illumina a noi lo spazio per una carità che non avrà mai fine, quella che si mostra creativa, quando decidiamo di stare fuori, insieme.






venerdì 15 gennaio 2021

un deposito comune

Mc 2,1-12


Ci deve essere sicuramente un deposito comune di fede nell'uomo, nella nostra natura umana. Sarà metafisica, sarà mistica, sarà istinto di autoconservazione della specie...non importa perché qualunque cosa sia, a livello fenomenologico, sicuramente è dono gratuito di Dio. Il fatto è che dall'impossibilità umana di dire: "ti sono perdonati i peccati" o "àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua", parte un filo sottile e robusto, che connette questa impossibilità alla necessità divina dell'amore che non può negare la sua natura e perciò salva. Forse sarà una specie di cordone ombelicale che ci collega tra noi e in cui fluisce la fede, in modo che chi è più paralizzato, ne riceva dai fratelli. E Dio fornisce la linfa della nuova vita.

mercoledì 13 gennaio 2021

fuggire restando

Probabilmente non fatichiamo a ricordare quei momenti della nostra vita in cui molto spesso abbiamo sentito quanto siamo utili alle persone e alle situazioni della vita. Sono stati segnati dal passaggio del bene, tanto di quel bene che passa attraverso di noi. Alle volte tutto ciò sfocia in un'esclamazione: "tutti ti cercano, dove sei?". Quando la sentiamo troppo spesso, dovrebbe diventare uno stimolo per una riflessione più approfondita. Perché tutti mi cercano? Cosa ne ricavo io? Che sentimenti provoca in me il fatto di essere ricercato e quasi indispensabile? Se non ci poniamo queste domande, rischiamo di farci sfuggire la libertà. La libertà infatti significa far del bene, stringere dei legami nel bene, esserne responsabili, e saper consegnare agli altri la responsabilità che spetta a loro. La libertà di una relazione basata sul bene ricevuto e dato, significa necessariamente presenze e assenze, significa i SI e i NO, al momento e tempo opportuno. Alle volte significa anche saper fuggire, come fa Gesù (Mc 1,29-39) Fuggire restando, perché il bene che ci lega, resta sempre. Ma ciò che deve restare davvero è il Bene (con la B maiuscola) nel nome del quale noi facciamo il bene agli altri. Allora i legami più belli sono ancora più intensi, perché non costretti emotivamente da nessun dovere di indispensabilità. Allora l'amicizia è più intensa e più vera, perché costruita su un bene reciproco e cresciuta nella consapevolezza dei limiti creaturali. E il prendersi cura degli altri è tanto importante quanto prendersi cura di se stessi. 

domenica 10 gennaio 2021

fare o essere?

Mc 7,1-11

E' verissimo, quando diciamo che non sono le parole che qualificano la vita della persona, ma le sue opere. Non so se vi è mai capitato (a me sì), di seguire gli scritti di una persona che non necessariamente stimate come persona (cioè per quel che fa). E' un'arte. Da un lato quella di saper attingere del buono anche quando la persona parla bene, ma razzola male, dalle sue parole, che possono oggi essere preziose per noi. D'altra parte ci fa esercitare la pazienza e l'istintiva voglia di buttare il "bambino con l'acqua sporca"... Oscilliamo dunque tra la voglia di attingere alle cose che possono aiutare la nostra vita e l'altrettanta voglia di mandare tutto all'aria, quando vediamo le opere di chi sa parlare bene. 
E poi ci sono i farisei... che parlano bene, che soprattutto comandano bene, fanno delle pressioni efficaci... ma poi loro stessi non fanno ciò che dicono. Il problema di molti leader, qui aggravato dal fatto che le loro parole sono comandi. Questa incoerenza, così spesso messa in luce dalle generazioni più giovani, nei confronti della chiesa e chi la rappresenta oggi, ha le sue radici nella noncuranza del nostro essere. Occupiamo posti, ci prendiamo responsabilità, ci viene data fiducia e ci permettiamo di tirare fuori la nostra autorità. Ma tutto precocemente, perché prima non abbiamo curato il nostro essere, non ci siamo guardati abbastanza dentro, per vedere se siamo disposti, ma soprattutto se siamo in grado di affrontare ciò che ci tocca insieme alla responsabilità, quanto alla coerenza della vita. Perché il leader vero è quello che si sporca per primo le mani, perché sa di essere "uno tra tanti" e di essere posti lì a servire. E se, a livello dell'essere, non è disposto a servire, non deve parlare e tantomeno ricoprire degli incarichi. Questo non sempre è legato alla cattiveria o malavoglia. Spesso abbiamo semplicemente a che fare con un'incapacità a livello dell'essere. E qui si apre il famoso discorso del non prenderci il peso che va oltre la nostra persona, come pure quello sul non chiedere alle persone ciò che non possono essere. Tanto difficile, a quanto pare, conoscere se stessi e il proprio limite... Ma tanto necessario. Salvo il normale margine di debolezza che ognuno porta in sé, ogni "fare", in effetti, "fatto bene" e coerentemente, si basa su un robusto "essere". Ed è quello, per primo, da curare, ogni giorno. 

martedì 5 gennaio 2021

sentirsi visti

Gv 1,43-51

Sono stata colpita e affondata ancora da questo brano del Vangelo... Non riesco a liberarmi da questo sguardo: prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi. Natanaele è stato chiamato da Filippo? Nooooo. Cos'è una chiamata da parte di una persona umana...? Mah forse acquista un senso più profondo, quando tu capisci, che Dio si serve di una persona per chiamarti, perché prima di questo Lui TI HA VISTO. Non posso far finta di non sapere i verbi greci di questo brano, due verbi strepitosi!!! Il primo, usato nella domanda di Natanaele: ghinoskein, verbo biblico della conoscenza!  E' un verbo che esprime la pienezza della conoscenza: all'elemento intellettivo e razionale si aggiunge la volontà che sceglie di penetrare una realtà, contemplando anche una dimensione affettiva ed "effettiva", cioè un andare fino in fondo nella conoscenza. Non di rado è verbo usato per l'atto sessuale, come compimento di un itinerario di conoscenza precedente... Natanaele si è sentito conosciuto fin nella sua intimità più profonda e domanda come possa essere possibile...
Gesù risponde con il verbo della visione, quello più profondo tra tutti, se pensiamo che Giovanni nel suo Vangelo ne usa tre e ognuno di questi verbi indica un gradino più profondo di "capacità di vedere". Ed ecco eidòn, che indica il vedere non solo con gli occhi, ma anche con l'intelletto e con il cuore, e vedendo comprendere penetrando fin in profondità dei significati dell'"oggetto della visione"... Commovente! E tutto per non dimenticare che per primo e in ultimo è sempre il Signore che ci guarda, il suo sguardo d'amore, collocato proprio laddove siamo collocati noi, sotto qualsiasi albero di fichi, è già con noi. Alle volte sono gli altri che ci chiamano, perché Lui si serve di loro. Altre volte le persone ci vogliono dare un nome, un'identità, secondo il loro parere... cose talvolta anche molto belle, ma che non possono nella vita essere un riferimento ultimo. Anche a me e a te il Signore dice oggi: ricordati, che in mezzo a tutte le chiamate, prima che chiunque ti abbia conosciuto e amato, io ti ho visto già. Il mio sguardo ti ha dato la vita e l'identità. Ti vedo anche oggi, in qualsiasi tuo luogo, anche quello più insignificante. E lì, al di là di tutto e di tutti, TI AMO!