Lc 10,38-42
Ho scelto per la meditazione di oggi il brano di Luca invece di quello di Giovanni. Infatti questo Vangelo lo conosciamo quasi a memoria, come pure il detto sulla parte migliore, che Maria aveva scelto rispetto a Marta, che, secondo la logica, avrebbe invece preferito la cosa meno nobile. A prescindere dal fatto che non è esattamente quello che Gesù vuole dire, mi colpisce oggi un'altra cosa, di Marta e cioè la sua paura della solitudine. Quel che ella dice al Signore, non è solo un rimprovero, ma è anche la parola disperata di una donna che si ritrova sola. E usa proprio questa espressione si essere lasciata sola. Come sempre nei nostri discorsi, la colpa è dell'altro, in questo caso di sua sorella. Marta, come la maggior parte di noi, non sa parlare dei suoi sentimenti senza incolpare qualcuno, per cui invece di dire mi sento lasciata sola, dà la responsabilità a Maria. Ma è un tentativo disperato di avvicinare qualcuno che possa capirla, che possa esserle di sostegno nel momento in cui sente di non avere nessuno accanto a sé. Sotto sotto molte delle nostre uscite di questo genere, hanno proprio l'anelito alla relazione, ad essere capiti, amati e ricercati. Ed è tutto normale, finché ne abbiamo la consapevolezza e finché vogliamo prendercene responsabilità. E' la grande verità sulla natura umana: non possiamo essere soli, perché siamo degli esseri in relazione, protesi verso l'altro. Per questo la minima percezione della solitudine corrisponde in noi alla paura della morte: infatti, staccarci dagli altri significa per l'essere umano morire. Forse in questo senso possiamo parlare della parte migliore scelta da Maria: sceglie di rimanere con Colui che è l'eterna relazione, che non abbandona mai e che in sé non ha solitudine. Forse questo il messaggio per ciascuno di noi, oggi: con Lui non siamo mai soli, anche quando la nostra percezione ci dice altro. E in Lui poi, ci sono tutte le altre relazioni, proprio perché Lui è la Relazione che tutte le altre sostiene.