martedì 7 aprile 2020

amico nemico

Gv 13,21-38 

Sicuramente a ciascuno di noi è capitato nella vita di dover stare accanto, alla stessa tavola, a lavorare, nella stessa casa, con una persona di cui sapevamo che non era sincera nei nostri confronti. Poteva essere una persona che sparlava di noi dietro le nostre spalle, poteva essere qualcuno che inavvertitamente faceva delle cose che ci facevano male. Ma l'importante è che tu stavi lì accanto, senza poter andare via, dovendo anche fare finta di non sapere nulla o di non essere condizionato/a da questa presenza. Fa male, crea disagio, fa gustare fino in fondo l'amarezza, ci occupa i pensieri e i sentimenti, tanto, che delle volte diventiamo inefficienti in quel che facciamo, perché appunto i nostri "dispositivi interiori" sono occupati in altro. Nulla di strano e nulla di peccaminoso. Siamo fatti così. E... è capitato anche al Figlio di Dio. Il racconto di Giovanni di oggi, sebbene metta una certa enfasi sulla presenza del primo traditore, colui che avrebbe venduto Gesù per pochi soldi, ci fa vedere anche il secondo traditore, quello stesso che era uno dei più grandi amici del Signore. Qual è la delusione più grande? Essere traditi da Giuda o da Pietro? Il fatto sta che l'ultima cena, quella più importante, quella ce si fa con gli amici per dire addio, Gesù l'ha condiviso con due traditori...e senza poter allungare le distanze. Si, perché l'uomo è fatto così. Quando entra in conflitto o in tensione con l'altro, ha bisogno di allargare lo spazio. E' per questo che dopo aver litigato noi ci allontaniamo l'uno dall'altro, sempre, anche se dovesse essere solo per pochi minuti. Abbiamo bisogno di incontrare noi stessi, prima di riavvicinarci all'altro. Qui non c'è tempo né spazio per questo. Due traditori da cui non si scappa, come Gesù non scappa dalla sua passione. 
Anche noi in questo tempo viviamo distanze molto accorciate. Forse tante tensioni sulle quali non abbiamo modo di respirare e che diventano fonte di stress per la nostra vita in quarantena. Forse è tempo di rinnovato perdono, di definire le nostre relazioni con più cura. Sappiamo bene, quanto è veloce il passaggio da amico a nemico... esattamente la cosa che è capitata a Gesù. Perdonare chi sta accanto a te e mangia con te, sapendo che ti ha tradito. Non spegnere il lucignolo fumigante nemmeno in chi non si rende conto che sta per tradire, come Pietro, che dichiara che avrebbe dato la vita per Lui. Gesù non gli dice: figurati che fesserie stai dicendo. No, lui sa che l'uomo perdonato può essere ancora amico, sa che Pietro davvero darà la sua vita per lui, perché toccherà con la mano il perdono. Ed è spesso qui che sta la differenza tra amico e nemico. Nemico può essere uno che mi sembrava amico fino a ieri, basta una cosa che ci divide. Ma amico, amico vero, non superficiale, è sempre quello che sa il sapore del perdono, il sapore dell'umanità che mentre ha bisogno di essere accolta, ha consapevolezza di essere sempre imperfetta e sempre, potenzialmente capace di non essere all'altezza delle attese dell'altro. Allora il perdono e la misericordia nascono proprio da qui: dalla continua consapevolezza che le persone con cui abbiamo a che fare sono imperfette come noi. E che, come noi vanno amate proprio così come sono. 





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