Gv 8,51-59
Andiamo ancora avanti con lo stesso passo del Vangelo. Sembra che ciò che sottolineavamo ieri, cioé un viaggiare su due binari paralleli, si stia solo accentuando, rendendo impossibile non solo ormai un dialogo, ma anche una serena conclusione del discorso. Così pare quando leggiamo la frase finale. Sono arrivati talmente all'estremo, che non vedono come risolvere la discussione, se non ammazzando direttamente Gesù, lapidandolo. Cioé la tensione si è trasformata nella violenza. Ma non è esattamente colpa della tensione, la violenza che ne deriva... la tensione in una corda si crea, perché ci sono le due estremità che restano attaccate a due appigli i quali improvvisamente si allontanano l'uno dall'altro, o uno per qualche motivo prende vantaggio sull'altro. E' la corda che ne risente. Così Gesù continua il suo discorso sulla continuità tra Abramo e lui, cioé tra l'Antico e il Nuovo Testamento, detto "scientificamente". Mentre chi lo accusa, resta radicato e fissato nella... morte. Nella propria convinzione e idea, che partono da una morte. Non ci toccare Abramo perché lui era nostro padre ed è morto! Quella morte che un essere umano nel suo intimo sempre rifiuta o vuole allontanare, all'improvviso diventa un'ancora! Assurdo, ma vero.
Ovviamente, il dialogo riportato da Giovanni, si svolge prima della Pasqua e nessuno può avere idea del fatto che siamo destinati all'eternità e che dopo la morte corporale c'è una vita che poi coinvolgerà anche il nostro corpo. Tuttavia qui si cela un'altra convinzione pericolosa. E cioè che andare oltre la morte, sia una cosa sbagliata. Infatti sono scandalizzati, perché Gesù gli fa notare che forse oltre la morte di Abramo c'è qualcuno che ancora ha qualcosa da dire loro. E che si potrebbe scoprire che abbia qualcosa da dire a partire dall'esempio di Abramo e per immettere nelle loro mentalità qualche proposta nuova. Dunque fa molto pensare tutto questo alla nostra vita e alle nostre idee fisse. Quante di loro sono espressione della nostra sana umanità radicata in un sano equilibrio? Quante e quali invece sono frutti della fissazione in una "morte"? Cioé: "è successo così e oltre questo non ci muoviamo" oppure "si è sempre fatto così", senza darsi possibilità di crescere, guardando indietro ad ogni "Abramo" che ci ha preceduti, ma dandoci la possibilità di crescere, di evolverci. Questo vale per ciò che possiamo permettere a noi stessi e anche agli altri. Dare il permesso a noi stessi ad andare oltre una vecchia abitudine che rende la nostra vita stantia, fa spesso bene al nostro cuore e alla nostra mente. Ma fare lo stesso con l'altro, permettendoci a lasciare i nostri giudizi ormai super radicati, sulle altre persone perché "si sa che lei/lui è così", significa liberare se stessi da un'immagine che ci costruiamo e liberare gli altri dalle prigioni che abbiamo creato a loro, forse a partire da delle esperienze oggettive, ma di certo chiudendo agli altri la strada affinché possano cambiare. Perché, si sa, le persone e le nostre relazioni cambiano, quando permettiamo a noi stessi e ad altri di cambiare. A noi questa scelta coraggiosa, di non fermarci sulla "morte", ma proseguire verso la vita nuova.
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