venerdì 17 aprile 2020

dalla parte fragile

Gv 21,1-14

La solita storia. Tu ti sforzi in tutti i modi, ci metti ore, impegno, sudore e magari anche lacrime. Non ci riesci. E poi arriva il tuttologo. "Come mai non ci riesci?" E viene la voglia di prenderlo a schiaffi o mandarlo a quel paese. Mettere il dito nella piaga, è esattamente ciò che Gesù fa a Pietro e ai suoi compagni pescatori. Arriva, si direbbe, dopo che gli altri hanno faticato, a vedere cosa gli danno da mangiare. Succede, anche nelle migliori famiglie! Tuttavia Gesù, come lo conosciamo, non è esattamente uno che cerca di riempirsi la pancia, magari umiliando pure chi non gli porta nulla da mettere in tavola. In effetti per i pescatori, se non portano nulla dopo una lunga fatica notturna, è un fallimento importante. E' in gioco la vita. Non peschi? Non mangi. Ecco, come tante famiglie oggi in cui improvvisamente non si lavora. Non lavori, non mangia la tua famiglia. Per non contare cosa succede dentro a colui cui unico mestiere, l'unica cosa che davvero sa fare, è proprio questo. E tira remi in barca (figurativamente ma anche alla lettera) dopo un'intera notte di ricerche. Cosa vuoi Gesù? Perché ancora sottolinei quello che già è una vergogna e una sconfitta? Il cibo è aggregazione, è riunione, è gioia, è condivisione, è sentirsi al sicuro. è creare famiglia (e ne sappiamo qualcosa noi che in quarantena cuciniamo e sforniamo talmente tanto da far sparire dal mercato il lievito!). Il testo greco parla addirittura di companatico. Se non c'è il pesce da mettere in mezzo al pane... resta solo il pane, senza granché di sapore... c'è da accontentarsi. Si mangia in silenzio e nella tristezza. Ecco, Gesù sottolinea che sta venendo il meno il sapore, il gusto della vita. E allora occorre prendere una decisione. Occorre essere disposti a cambiare rotta. Se non c'è, dopo tanto impegno e tanta fatica, la gioia, la serenità, si deve passare dall'altra parte, gettare le reti appunto dall'altro lato. Chissà quali benedizioni gli mandavano in cuor loro i pescatori, che si sentivano dire, da professionisti del mestiere, quali erano, questo tipo di baggianate, da uno che non solo non era pescatore, ma non ne sapeva proprio nulla, dato che il suo padre era addirittura falegname... Gettare le reti dalla parte fragile, quella che di pesci non ne porta sicuramente, quella assurda, perché non sapevano usare bene le braccia per gettare la rete da quel lato, erano abituati al contrario... ma, ancora, sulla paura di "essere finiti", falliti, prevale la fiducia nelle parole del Signore. Perché sì, evidentemente si fidano molto di lui. Ed è altrettanto ovvio, che il contrario della paura non è un coraggio astratto, come idea, ma è proprio fiducia, che poi genera il coraggio di passare dal lato fragile, di buttarsi lì, dove non avremmo mai pensato di buttarci, magari ancora di passare in quella zona da cui da tempo scappiamo. Sì, occorre farlo, perché ciò che di grande si realizza, come questa pesca miracolosa, non viene da noi, ma da Lui, senza cui "non possiamo far nulla". 

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