Mt 20,1-16
Fa sorridere il brano del Vangelo di oggi, perché somiglia tanto, ma tantissimo alle scene della nostra vita quotidiana. Litigi, malcontenti, rabbie, ecc, solo perché qualcuno ha ricevuto quanto noi, mentre "non lo meritava". Ci sono tanti padri, signori e padroni che sono autorizzati a fare delle loro cose ciò che piace a loro, e distribuiscono come pare a loro. E non stiamo parlando di certo del lavoro retribuito, del denaro in senso stretto. Le relazioni umane hanno una loro moneta ed è l'affetto. Nello stabilirsi di una relazione, col tempo si stabilisce anche uno scambio, una quantità delle espressioni di affetto che dipendono da tante e tanto complesse dinamiche personali e interpersonali. Eppure spesso scatta il senso di essere trattati ingiustamente, perché qualcuno dedica a noi meno attenzione, tempo, affetto (almeno per come giudichiamo noi), che ad altri. Questo sentimento in sé non è negativo, è ovvio che la nostra vita funziona per affetti e che vogliamo essere amati e saperlo. E' ovvio che domandiamo amore e ce lo aspettiamo. O forse è proprio qui il punto su cui riflettere? Il non sentirsi visti e amati da qualcuno, specie se scatta nel paragonare le proprie relazioni con quelle instaurate dagli altri, spesso è risultato di un errore di fondo. La domanda, per correggere l'errore, è: quanto coraggio ho di dimostrarmi bisognoso di affetto e di chiedere un certo tipo di relazioni? Quanto siamo realmente capaci di dialogare sulle relazioni che instauriamo, dirci i lati deboli e i lati forti di esse? Quanto invece silenziosamente aspettiamo che ci venga dato quel che ci aspettiamo noi, senza dire nulla, per poi borbottare, perché non riceviamo quel che ci aspettiamo o perché "gli altri prendono di più anche se non lo meritano"? Ognuno di noi ha esigenze relazionali diverse, ma nessuno di noi ha il diritto di esigere che l'altro indovini i suoi bisogni. Perché la vita è fatta esattamente così: alle volte di indovina, altre volte no. In più l'eccessivo dover indovinare, la poca chiarezza, porta alle dipendenze tra persone. Ognuno di noi invece, nel dispensare l'affetto, è libero di far come crede meglio per sé e per gli altri, specie finché nessuno gli comunica dei bisogni particolari. Cercare l'affetto e averne bisogno è cosa normale, finché non è infantile o esclusivista.
Occorrono due cose: il coraggio di domandare, e la libertà interiore di accettare la risposta libera dell'altro. Queste due portano al dialogo e alla crescita di qualsiasi relazione. Oggi il Signore ci insegna che le nostre misure non solo non sono le sue, ma che non sono nemmeno quelle degli altri. Lui non risparmia mai sull'amore, ma ne dona a ciascuno individualmente, perché non ci ama come massa, ma come singole persone, vestendoci in ogni momento della sua misericordia che è generosità e chiarezza. Possiamo anche noi crescere per essere sempre più simili a Lui: amando tutti, senza discriminare nessuno. Le due facce della medaglia vanno insieme: il primo è lo sforzo di essere come Dio, per non negare l'amore a nessuno, ma trattare ogni nostro prossimo con l'attenzione che chiede e che fa bene alla relazione; il secondo è il coraggio di domandare, per la nostra relazione personale, senza fare paragoni con gli altri.
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