Gv 15,18-21
Il Vangelo di oggi è una sorta di pacca sulle spalle. Sappiamo bene qual è la differenza tra il raccontare le proprie difficoltà alla persona che non ne ha mai fatto esperienza e fare lo stesso con una persona che invece ha vissuto lo stesso nella sua vita. Sappiamo bene che tipo di comprensione si può avere. Ecco, il Signore ci dice che tutto ciò che ci fa soffrire nella vita, Lui l'ha vissuto, proprio perché ha assunto su di sé la nostra umanità. Dunque è una pacca sulle spalle non di uno che non sapendo cosa dire, ci dice: dai, coraggio, ce la farai. No, Lui ci dice che comprende, perché in questa sofferenza presente Lui è con noi. Le sue parole però non sono da confondere con un nesso casuale. Quando Gesù dice che noi veniamo perseguitati, perché Lui è stato perseguitato, non è causa - effetto. Piuttosto vuole forse farci capire, che in noi, anche se al 100% umani, c'è già quell'immagine e somiglianza di Dio, che fa sì, che l'ingiustizia di qualsiasi tipo si ripercuote sulla nostra anima, causando la sofferenza. Lui, Dio-uomo ci dice che noi siamo uomini/donne-Dio. Ci dice la somiglianza tra Lui e noi. E che non c'è nulla nella nostra vita in cui non ci sia Lui e in cui non possiamo trovarci in Lui. Ecco la cosa che ci può far alzare lo sguardo. Perché il sentirsi soli in un momento di difficoltà, ci fa ripiegare su noi stessi, non necessariamente nel senso negativo, ma anche perché una persona che si sente sola, istintivamente "si chiude" per raccogliere le sue energie per contrastare la sofferenza che vive. E questo è naturale e antropologicamente giustificato. Ma per noi, c'è una marcia in più: il suo essere con noi. Ecco perché, la sua pacca sulla spalla, ci può far alzare lo sguardo e tornare a considerare, che non soffriamo solo noi, ma che soffrono tutti gli esseri di questo mondo. E che forse c'è un passo ulteriore da fare, quando ci viene da ripiegare le energie in noi stessi: quello di donare queste energie a Lui e, insieme a Lui, cercare come vivere anche ciò che ci reca più fatica.
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