Gv 17,1-11
Hai presente quando sai che c'è una cosa importante da compiere e sai che il tuo compito in essa non è indifferente? Il sentimento del voler fare le cose al meglio ti porta a quella sorta di premura che ti farebbe fare di tutto per far andare tutto al meglio. Eppure c'è una divisione dei compiti, che fa sì, che tu debba riconoscere che a un certo punto il tuo compito termina, per dare spazio e possibilità di contribuire ad altri e, infine, a chi deve terminare l'opera, che fa quel passo che completa il tutto. Questo è esattamente ciò che sta facendo Gesù, nel Vangelo di oggi. Sta consegnando il tutto nelle mani del Padre che è l'unico artefice e così riconosciuto anche l'unico che può portare al termine tutta l'opera. Gesù, pur essendo lui stesso Dio, sta facendo un atto di abbandono al Padre. Riconosce che l'eternità non è concludere questo pellegrinaggio terreno e andarsene all'altro mondo, ma l'eternità è farsi da parte e far conoscere il Padre, perché solo il Padre poi dà, attraverso lo Spirito, la possibilità di conoscere chi sia realmente il Figlio. Distaccarsi da ciò che si è, da ciò che si ha... riconoscersi parte di un insieme più grande. Sono grandi compiti anche per tutti noi. Come si vede dagli esempi degli ultimi mesi, si può fare qualcosa di buono e di grande, se ci riconosciamo in un'esistenza "a catena", dove ogni anello è importante, ma è più importane la catena tutta, che crea un insieme forte e irresistibile, spazio di sostegno reciproco. Questo è ciò che anche oggi sta ricostruendo il nostro mondo: dare ciascuno il proprio, consapevole di costruire un importante insieme per il bene di tutti.
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